La strumentazione sportiva diventa sempre più sofisticata ed è pertanto logico aspettarsi che anche nel fitness il suo impatto aumenti sempre più. Nelle palestre è normale cercare di catturare il cliente con una serie di gadget tecnologici che integrano la normale attrezzatura “non intelligente”; oggi però anche lo sport praticato a livello amatoriale con il solo scopo di aiutare la propria salute può avvalersi di moltissime proposte basate su novità elettroniche e informatiche alcune delle quali dieci anni fa potevano sembrare fantascientifiche. La diffusione dei cellulari ha moltiplicato a dismisura il numero di app; nelle prime versioni di questo articolo descrivevamo le proposte migliori, ma oggi praticamente servirebbe un’intera sezione per essere esaustivi. Questo articolo vuole quindi essere una guida generale soprattutto per mostrare i limiti di un approccio troppo tecnologico. La strumentazione per il fitness può essere classificata secondo lo scopo che si prefigge:
- ludica – Consente di aumentare il gradimento del soggetto verso la pratica sportiva;
- allenante – Consente di definire meglio il proprio allenamento;
- scientifica – Fornisce un insieme di dati sull’attività che si sta svolgendo, sia relativi al soggetto sia all’ambiente circostante.
Spesso gli scopi 2 e 3 sono difficilmente scindibili perché il dato fornito serve o potrebbe servire per l’allenamento e un dato che serve all’allenamento che non sia scientifico è poco significativo, se non dannoso.
Mentre la strumentazione ludica (per esempio quella che varia lo scenario mostrato a chi fa indoor cycling) è in genere sempre positiva, quella allenante e/o scientifica il più delle volte serve solo ad attrarre quella parte (non trascurabile) della clientela che è sensibile al fascino tecnologico.
Il dato serve?
Purtroppo chi è sensibile all’ultima novità tecnologica spesso lo è troppo e non si pone mai la domanda che titola questo paragrafo.
Per capirci, “troppo sensibile” vuol dire che cade vittima di un mare di informazioni che sono talmente approssimate da essere inservibili. Il produttore però gioca sui paroloni, su concetti come elettronico, computer, automatico ecc. per sembrare il massimo della credibilità e dell’avanguardia scientifica.
Il dato non serve
- quando è approssimato;
- quando ci impedisce di conoscerci.
L’approssimazione si ha in tutti quei casi in cui
- si usano formule che hanno una grande dispersione (deviazione standard) intorno al valore medio della popolazione;
- la tecnologia non ha ancora risolto totalmente il problema;
- si simula male una situazione reale.

Il progetto GPS è nato nel 1973 per superare i limiti dei precedenti sistemi di navigazione (come il Transit); creato e realizzato dal Dipartimento della Difesa statunitense è diventato pienamente operativo nel 1994
Il punto 1) è per esempio mostrato dal calcolo della massa grassa o delle calorie bruciate a partire da peso, sesso, altezza e un circuito impedenziometrico a basso costo, dal calcolo del VO2max dai dati cardiaci, delle calorie bruciate, della frequenza cardiaca massima ecc. Molto spesso sarebbero sufficienti una calcolatrice e una formula desunta da un buon libro di fisiologia dello sport per avere i dati con la stessa approssimazione. Il danno prodotto dalla strumentazione è quello di far credere al soggetto di avere fra le mani un dato preciso. Molti piani di dimagrimento falliscono perché le cyclette o i tapis roulant usati forniscono un calcolo delle calorie decisamente sovrastimato.
Il punto 2) lo si riscontra per esempio ancora nelle unità GPS più scadenti.
Il punto 3) è tipico di una simulazione al chiuso di un’attività esterna. Esempio classico sono i dati su chilometraggio e velocità forniti da tapis roulant e bike poco realistici. Al produttore interessa solo marginalmente verificare che ci sia rispondenza con dati reali, anzi spesso un piccolo aiuto può gratificare il soggetto. Così ci sono donne sedentarie non allenate che vanno a 30 km/h sulla cyclette o panzoni che corrono a 15 km/h sul tappeto con facilità disarmante. Per contro ci sono anche atleti di un certo spessore che rilevano una difficoltà mostruosa a ottenere sulla strumentazione da palestra gli stessi risultati che ottengono in strada.
Negativa è anche la situazione in cui la strumentazione dà dati precisi che in qualche modo però aiutano la pigrizia del soggetto a evitare la fatica di capirsi. Esempio classico è il cardiofrequenzimetro. Se il dato rilevato è esatto spesso l’uso che se ne fa è sbagliato:
- viene usato per “evitare di esagerare”; tipico caso in cui il personal trainer non vuole indagare l’effettiva condizione di salute del soggetto (un cuore sano può essere comunque spinto al massimo);
- viene usato per diffondere concetti errati (per dimagrire occorre non superare certe frequenze cardiache) che però consentono al soggetto (in genere un sedentario soft con una bassa soglia di sofferenza alla fatica) di ritenere che uno sport dolce sia il massimo.
È abbastanza evidente che il dato di frequenza cardiaca rilevato dal cardiofrequenzimetro può essere banalmente sostituito dalla respirazione del soggetto; si consideri per esempio questa classificazione:
- facile: il soggetto parla facilmente e con continuità;
- normale (sportivamente parlando): il soggetto pala abbastanza facilmente, ma la continuità costa un minimo di concentrazione;
- impegnata: il soggetto può parlare, ma a tratti;
- affannata: il soggetto non riesce a parlare se non diminuendo l’intensità dello sforzo.
Realisticamente, per un soggetto che ha come frequenza cardiaca massima 180, ognuna di queste classificazioni equivale a un range di circa 15 pulsazioni (per esempio, facile 130, normale 145 ecc.). Il soggetto, conoscendosi, riuscirà sempre più a capire per esempio dove si colloca quando è fra facile e normale, sbagliando per esempio di 5 pulsazioni circa rispetto al dato reale. Dopo questa analisi credete che un cardio sia veramente fondamentale? Chi risponderà di sì, probabilmente sarà anche convinto che basta il solo dato della frequenza cardiaca per tarare l’allenamento (errore grave: nessun professionista userebbe solo questo dato) oppure cercherà di integrarlo anche con un sistema che misura la ventilazione polmonare, un altro che rileva la concentrazione di lattato (una piccola sonda fissata in un lobo auricolare che legge il valore dal sangue) e un ultimo (tranquilli, non esiste ancora) che esegue una lettura del glicogeno muscolare (cioè di quanta benzina è rimasta all’atleta). Dipendenza tecnologica totale.
Non è più stimolante imparare a conoscersi?
Strumentazione per il fitness ed errori
La strumentazione sofisticata, ma imprecisa può servire? La risposta è: molto poco. Il motivo è la propagazione degli errori.
Se una grandezza è calcolata a partire da N grandezze indipendenti e se ognuna di queste è approssimata, l’errore globale è “amplificato” dai singoli contributi, cioè dagli errori parziali su ognuna delle grandezze.
Consideriamo uno strumento che voglia calcolare il fabbisogno calorico dell’attività sportiva. Supponiamo che le calorie si calcolino (come nella corsa, trascurando il coefficiente personale che può andare da 0,8 a 1,2) moltiplicando i chilometri percorsi per il peso. Se il peso ha un’incertezza del 2% (il mio peso standard di qualche mese fa era 70 kg, ma oggi non so se peso 68,6 o 71,4) e il chilometraggio del 5% (dovrei aver fatto circa 10 km, ma non so se sono 9,5 o ottimisticamente 10,5), il consumo va da 651,7 kcal a 749,7 contro una media di 700. L’errore è diventato del 7% a partire da errori singoli del 2 e del 5%; l’errore medio totale è la somma degli errori parziali.
Quindi se ho uno strumento che sbaglia nel calcolare la distanza del 10%, che mi attribuisce un coefficiente standard di consumo di 1, mentre il mio è di 0,8 (errore 20%) e se ho impostato un peso con un errore del 2% (se ogni volta imposto il peso corretto, tanto vale che usi la calcolatrice per calcolare il dispendio teorico), ecco che l’errore totale è del 32%.
Nel caso di un cardiofrequenzimetro che per esempio deve misurare il consumo di un ciclista, le approssimazioni sono veramente tante e la situazione peggiora. Infatti le singole grandezze coinvolte possono essere solo grossolanamente stimate.
Intensità dell’allenamento: di solito si deve scegliere fra 3 o 4 possibilità, approssimando un discorso che è continuo. Se si opera in percento, si capisce che scegliere 4 valori significa scegliere solo i valori 25, 50, 75 e 100%. E gli altri? Se uso un’intensità del 35% e scelgo media (50%) sbaglio del 42,8% (errore di 15 su 35 che è il valore corretto)!
Frequenza cardiaca massima: anche in questo caso il valore è approssimato, è illusorio sperare che sia esatto al 100%, perché la frequenza cardiaca massima varia con l’età e il grado di allenamento e non è comunque facile da misurare con precisione. Supponendo un errore di soli 2-3 battiti, significa un errore fra l’1 e il 2%.
VO2max: pochi atleti conoscono il valore corretto e di solito si riferiscono a tabelle molto approssimative. L’errore può essere tranquillamente del 20% (indico un valore di 50 mentre quello reale è 40 o 60).
Morale: l’errore globale può essere tranquillamente del 50%!!
Per usare comunque lo strumento ipertecnologico, l’errore più comune che il soggetto commette è di cambiare le variabili in gioco in modo da “far tornare” i conti secondo la sua esperienza. Se in un’ora so che consumo 600 kcal, aggiusto le cose in modo che il cardio mi dia 600. Questa taratura sembra geniale, ma non funziona sempre. Infatti, in base al ragionamento precedente, l’errore globale dipende dagli errori parziali. Quindi cambia se cambiano questi ultimi. Posso aggiustare un valore globale errato, ma il mio aggiustamento vale solo per quel tipo di errori parziali.
La taratura è cioè scorretta perché vale solo per un certo tipo di sforzo. Per esempio posso decidere di moltiplicare per 0,6 le calorie che mi fornisce lo strumento per uno sforzo medio, ma con uno sforzo elevato? E con uno sforzo moderato? Dovrei avere per ogni tipo di sforzo un coefficiente d’aggiustamento derivato dall’esperienza. In altri termini, la taratura vale solo per una certa intensità di sforzo, esattamente quella.
Morale: per calcoli comunque approssimati, vale molto più la propria conoscenza che la sudditanza da uno strumento. Quindi: investiamo in conoscenze piuttosto che in strumenti falsamente sofisticati.
La migliore strumentazione per il fitness
Occorre dire che negli ultimi anni le cose sono nettamente migliorate e sul mercato esistono anche prodotti molto buoni che sono piuttosto precisi nei dati che offrono, ma anche questi servono a poco. Il problema è che comunque si raffrontano a dati medi sulla popolazione.
Consideriamo un cronometro che dia il tempo di recupero dopo un allenamento. Il soggetto è molto allenato per cui ha una frequenza cardiaca massima superiore a quella della media della popolazione e recupera più in fretta di un semplice jogger. Si allena facendo un medio di 8 km; il cronometro “leggerà” la sua frequenza cardiaca e, rapportandola con la media della popolazione, stimerà che il soggetto abbia fatto una gara e quindi sia arrivato molto più stanco di quanto lo sia in realtà. Analogamente, grazie al suo allenamento, il soggetto recupera nella metà del tempo rispetto a un jogger “medio”. Combinando i due valori, per recuperare il medio il cronometro proporrà 3 gg. mentre in realtà basta la metà del tempo proposto.