Il dimensionamento del carico in un esercizio con i pesi, ovvero la scelta del numero di kg da sollevare o spostare durante l’esercizio (siano essi pesi liberi o vincolati alle macchine), è un aspetto dell’allenamento in palestra critico e molto dibattuto. In un’ottica salutistica del lavoro in palestra, sbagliare il carico rischia di essere decisamente controproducente in quanto può predisporre a infortuni (se si sceglie un carico troppo elevato per le capacità individuali) o comunque non essere utile alla finalità dell’allenamento che nel nostro caso non è quello tipico del body builder. Si ricorda infatti che, come discusso nell’articolo relativo alla scelta di numero di serie e di ripetizioni, occorre avere chiaro quale tipo di forza si vuole allenare (resistente, massimale o veloce). Questo infatti determina il numero di serie e di ripetizioni e, conseguentemente, il carico applicato. Ovviamente non è possibile stabilire un carico ottimale se non in funzione dell’atleta, ma in generale si può dire che:
- volendo allenare la forza massimale, i carichi devono essere intorno al 90% del massimo carico sopportabile. Definiremo questi valori di carico come carico elevato.
- Volendo allenare la forza veloce, i carichi devono essere intorno al 50-70% del massimo carico sopportabile. Definiremo questi valori di carico come carico medio.
- Volendo allenare la forza resistente, i carichi devono tenuti sotto al 50% del massimo carico sopportabile. Definiremo questi valori di carico come carico basso.
Messo in questo modo, il discorso sembrerebbe molto semplice. In pratica è più complesso perché le difficoltà principali sono due:
- la stima del massimo carico sopportabile per un determinato esercizio. Questo si definisce anche carico massimale ovvero, in teoria, il massimo numero di kg sollevabili/spostabili in un esercizio con una sola prova. Esistono anche dei protocolli per stimare questo numero che, ovviamente, varia da esercizio a esercizio e da persona a persona. Non sempre però questi protocolli sono adatti a tutti i principianti. Inoltre, anche se stimato correttamente, non è detto che il carico massimale rimanga costante per una persona, ma può abbassarsi in conseguenza della fatica accumulata a causa del mancato recupero dal precedente allenamento con i pesi (cosa molto comune quando si inizia a frequentare la palestra) o da un allenamento particolarmente impegnativo di un altro sport (se la palestra è fatta in parallelo a un’altra attività fisica fatta ad alta intensità). Per tutte queste ragioni, spesso si rinuncia a stimare il carico massimale, ma si usa un criterio molto empirico, suggerendo un carico ritenuto ragionevole per la maggior parte della popolazione sportiva. Per evitare infortuni, conviene stimare il carico massimale per difetto rimanendo cioè molto conservativi. Infatti, i carichi suggeriti dagli istruttori in palestra sono appunto dedotti dalla loro esperienza, ma non è detto che si adattino a una determinata situazione personale. Un carico massimale troppo sottostimato ha infatti come conseguenza un tempo più lungo per raggiungere i risultati sperati proprio perché i primi allenamenti risultano troppo facili. In un’ottica salutistica tuttavia, impiegare due o tre mesi in più per raggiungere il top dà la sicurezza di non strafare nei primi allenamenti rischiando un sovraccarico o, peggio, un infortunio.
- Non tutti i muscoli reagiscono allo stesso modo a carichi leggeri o pesanti. Si ricorda infatti che i muscoli sono costituiti da differenti tipi di fibre e che ognuna di esse viene maggiormente attivata in corrispondenza di carichi bassi, medi ed elevati. In particolare, le fibre di tipo I (dette anche fibre lente) si attivano maggiormente per carichi bassi mentre le fibre di tipo IIa e IIx vengono attivate in misura maggiore al crescere del carico e via via più crescente all’approssimarsi di valori elevati del carico. Poiché la percentuale di fibre (I, IIa o IIx) nei vari muscoli è diversa, ne consegue che muscoli dotati di un numero maggiore di fibre lente (tipo I) dovrebbero essere allenati solo con carichi bassi e quindi per la forza resistente (o al massimo quella veloce). Esempi di questi tipi di muscoli sono quelli dei polpacci e gli addominali per i quali ha più senso fare un numero alto di ripetizioni con bassi carichi (o, per gli addominali a corpo libero, un numero elevato di ripetizioni fatte molto lentamente). Inoltre la percentuale di fibre dipende anche dalla storia sportiva della persona, se sedentario, atleta di velocità, mezzofondo o di fondo (per limitarci al caso della corsa).
Si ricorda infine che nell’allenamento con i pesi non sono coinvolti solo i muscoli, ma lo sforzo viene ripartito anche su tendini e articolazioni e inoltre si vanno a influenzare certi aspetti fisiologici come la capillarizzazione e l’aumento del volume di mitocondri, lo stoccaggio del glicogeno e l’aumento del volume dei muscoli.
È importante quindi scegliere un carico iniziale ragionevole e incrementarlo secondo il principio dell’adattamento ovvero aumentarlo solo quando l’adattamento del corpo indotto dall’allenamento risulta completo, non solo per quanto riguarda lo sforzo muscolare, ma soprattutto per ciò che concerne il coinvolgimento di tendini e articolazioni, anch’essi potenzialmente esposti a rischio infortuni.