Il nuoto può essere un’ottima attività aerobica alternativa alla corsa. Chi ha scelto, o verrebbe scegliere, quest’attività (per preferenza personale o per l’impossibilità di praticare la corsa) spesso però si scontra con le difficoltà tecniche di questo sport che possono impedire di sfruttarlo al meglio. Vediamo come l’uso del boccaglio* (snorkel, d’ora in poi) lo renda alla portata di molte più persone e veramente efficace da un punto di vista allenante. L’idea, che deriva dallo snorkeling che si fa al mare (con la maschera e lo snorkel, appunto, ed eventualmente le pinne), è di adottare l’uso dello snorkel nell’allenamento in piscina. Potrebbe apparire un’idea un po’ ridicola, ma in realtà non c’è nulla di nuovo, tanto che tempo fa comparve in commercio una maschera con lo snorkel fissato frontalmente (in modo da passare davanti alla faccia in mezzo agli occhi) per essere più idrodinamica e per affaticare meno la mandibola. Analizzando il nuoto si scopre che il punto cruciale è:
affinché il nuoto sia allenante è necessario mantenere una velocità piuttosto elevata.
Per soddisfare tale condizione però:
1) è necessario essere allenati al nuoto;
2) è necessario avere un’ottima tecnica.
È facile notare come la 1) e la 2) siano in pratica una condizione dell’altra. Questo per un principiante porta al paradosso che se non è allenato fa fatica a nuotare quanto occorre per migliorare la tecnica, ma se non ha tecnica si stanca subito e non riesce ad allenarsi.
La tecnica invece è un vincolo per chi è già genericamente abbastanza allenato (cioè che ha fiato), ma non riesce comunque a percorrere distanze importanti per ottenere un allenamento efficace. Sembra che più di tanto molti non riescano a migliorare la tecnica e spesso usano frasi del tipo: “non ho una buona acquaticità”, “me la cavo, ma non sono portato per questo sport” ecc.
La respirazione
Il principale vincolo nel nuoto è la respirazione, cioè la possibilità di riossigenarsi adeguatamente in base allo sforzo che si vuole sostenere. Analizziamo la tecnica migliore per allenarsi sulle lunghe distanze: il crawl (stile libero). Notiamo che la respirazione è vincolata al gesto atletico, in particolare la frequenza e la profondità delle inspirazioni.
La frequenza è legata alle bracciate: ogni bracciata (di solito estremamente inefficiente) ogni 2, 3, 4, o altra combinazione. La profondità invece è legata alla velocità delle bracciate e alla propria tecnica. È facile osservare quindi che non è possibile respirare esattamente quando e quanto necessario, ma è fondamentale trovare un compromesso con dei ritmi obbligati, compromesso che magari non consente di dare il massimo.
Facciamo un esempio: respirare ogni 2 bracciate magari è troppo spesso (e il gesto rallenta l’andatura), ogni 4 è troppo poco, ogni 3 potrebbe essere accettabile, ma magari difficile da padroneggiare (bisogna alternare la respirazione a destra con quella a sinistra). La velocità adottata nel nuoto di fondo dunque è data dal miglior compromesso fra lo sforzo compiuto e la capacità di riossigenarsi. Possiamo definirla velocità di crociera. È classica però la sensazione di chi, nuotando, sente che i suoi muscoli potrebbero dare molto di più, ma è limitato dal “fiato” e non riesce ad accelerare il ritmo.
Facendo un paragone con sport “aerei”, la corsa per esempio, è banale osservare che la respirazione è molto meno vincolante ed è possibile scegliere il ritmo che si desidera. Si può aumentare la velocità fino ai propri limiti, non ci sono limiti “tecnici”. A velocità maggiori si riuscirà semplicemente a percorrere meno chilometri. Nel nuoto la differenza è più marcata: una velocità superiore a quella di crociera, anche di poco, è difficile da sostenere per più di qualche decina di metri, il muro arriva presto. È anche più difficile, rispetto alla corsa, riprendere immediatamente a un ritmo più lento senza doversi fermare. Paradossalmente, anche andare molto più lentamente può essere più faticoso perché diventa importante lo sforzo per il sostentamento.
Quindi, in relazione alla velocità,
la respirazione nel nuoto è un fattore limitante.
La respirazione con lo snorkel
La respirazione con lo snorkel consente di svincolare totalmente il ritmo respiratorio e la profondità delle inspirazioni dal ritmo natatorio e quindi di superare ampiamente i limiti che tali vincoli impongono. Basti osservare nelle zone turistiche di mare i praticanti lo snorkeling (che spesso sono addirittura persone sedentarie o poco allenate): sono in grado di coprire distanze ben più lunghe che con il semplice nuoto e di sostenere per più tempo l’attività in acqua.
In ottica allenante, l’uso dello snorkel permette di spingere al massimo perché è possibile respirare a piacimento. Per i principianti questo significa anche potersi dedicare con più attenzione al miglioramento della tecnica delle bracciate o delle falcate.

Underwater photo of young woman snorkeling and swimming with Hawksbill sea turtle
La respirazione con lo snorkel però, affinché sia veramente efficace, necessita di una certa attenzione: è necessario effettuare respiri lunghi e profondi più del normale.
Questa abitudine all’inizio va un po’ forzata, soprattutto nello snorkeling al mare dove si è rapiti dall’osservazione del fondale e non si presta troppa attenzione alla respirazione. Il motivo è che nell’apparato respiratorio esiste una zona morta, è il tratto che va dalla bocca e il naso fino ai polmoni. L’aria in esso contenuta non è utile allo scambio gassoso (che avviene nei polmoni), non viene cioè utilizzata dall’organismo, ma si somma alla quantità di aria che va ricambiata per ricambiare l’aria nei polmoni. Quindi, se le inspirazioni e le espirazioni sono troppo brevi e frequenti, non si riesce a ricambiare efficacemente l’aria nei polmoni. Lo snorkel, allungando la zona morta, accentua il problema. Questo è il motivo per cui al mare facendo snorkeling e respirando normalmente è facile affaticarsi subito: non si riesce a riossigenarsi adeguatamente. Per il nuoto da allenamento quindi, soprattutto se effettuato in piscina dove non ci sono le onde, il consiglio è di scegliere uno snorkel il più corto possibile. Eventualmente, ma solo in piscina per ragioni di sicurezza, è possibile rimuovere la parte rossa finale. Anche il diametro del tubo è importante, se troppo stretto o troppo largo rende la respirazione più difficoltosa, ma comunque gli snorkel in commercio sono abbastanza standardizzati.
Allenamento in mare e sicurezza
Generalmente sarebbe da sconsigliare l’allenamento in mare (ma anche al lago, o genericamente in un ambiente non sicuro, al contrario della piscina che oltretutto è sorvegliata dai bagnini). Da notare la differenza: lo snorkeling al mare è prevalentemente un’attività ricreativa. In un allenamento ad alta intensità invece si tira al massimo, con la conseguenza di uscire dall’acqua stanchi morti. Ma questa condizione è proprio ciò che assolutamente va evitato al mare per non incorrere nel rischio di annegamento! Come diceva un vecchio pescatore: il mare va amato e temuto allo stesso tempo. Basta un’onda che faccia entrare acqua nello snorkel e un nuotatore mediocre e stanco è in pericolo. Il rischio del crampo è sempre dietro l’angolo, soprattutto usando le pinne. Effettuando lunghi percorsi poi si pone il problema del ritorno, occorre pianificare il percorso valutando attentamente le proprie capacità e cercando di non allontanarsi mai troppo dalla costa.
Potrebbe comunque essere necessario uscire anticipatamente dall’acqua, si pensi a correnti che ci hanno fatto stancare più del previsto o a improvvisi cambiamenti climatici o alla puntura di una medusa. La morfologia della costa potrebbe essere tale da impedircelo. Insomma, dovrebbe essere chiaro che gli imprevisti sono molti, e come sa bene chi naviga in mare, per quanto si pianifichi, esistono troppi elementi fuori dal nostro controllo.
Se si sceglie comunque di allenarsi al mare (magari per comodità) è necessaria una buona esperienza, si consiglia di usare tutto il proprio buon senso, ma soprattutto di non andare mai da soli, si deve essere almeno in due. Si prenda spunto dai gruppi nello snorkeling, sono quasi sempre guidati da un istruttore, con una barca al seguito per le emergenze e spesso i partecipanti sono dotati di giubbetti galleggianti.
Un altro elemento importante è la temperatura. È vero che nei mari tropicali la temperatura può essere superiore a quella che mediamente troviamo in piscina, ma generalmente è vero il contrario, la temperatura del mare è decisamente più bassa. A prima vista potrebbe sembrare un vantaggio: il freddo ci fa bruciare più calorie. Invece è vero il contrario, prima di tutto non dovremmo essere interessati semplicemente a bruciare più calorie, ma a effettuare un allenamento che fornisca un’utilità cardiovascolare. Quindi nuotare nell’acqua fredda ci farebbe stancare prima accorciando la durata dell’allenamento. Inoltre il freddo aumenta la probabilità di esaurimento improvviso, con il rischio che arrivi l’affanno o di perdere la concentrazione necessaria a gestire il nuoto in mare. Si consideri che il corpo umano immerso nell’acqua perde calore 20 volte più velocemente.
Quindi il consiglio è di adottare una muta protettiva, proprio con lo scopo di allungare la durata dell’allenamento. Anche un cappuccio è molto importante, si pensi che la testa da sola è responsabile di almeno il 50% della dispersione di calore totale.
Accessori
Per fornire un supporto sufficientemente stabile allo snorkel i normali occhialini da piscina potrebbero non essere adatti. Quelli più avvolgenti con elastici più robusti potrebbero comunque richiedere di essere stretti troppo. Un’alternativa potrebbe essere una maschera dal volume interno ridotto, tipo quelle da apnea.
Per rendere il gesto atletico più allenante si possono usare le mini-pinne per i piedi e per le mani, anche in funzione della parte del corpo che più si vuole allenare. Al mare è possibile usare le normali pinne, ma bisogna far attenzione perché il nuoto di superficie con le pinne non consente un allenamento equilibrato delle gambe, in quanto solo mezza falcata avviene in maniera efficace dentro l’acqua. Esistono delle pinne da snorkeling che hanno la pala sfalsata rispetto alla scarpetta che ovviano parzialmente al problema, ma solo se si nuota a faccia in giù. Oppure è possibile usare dei pesetti alle caviglie (che devono essere facilmente sganciabili, max 500 g l’uno) che aiutano a tenere più affondate le gambe e a contrastare l’effetto galleggiante di alcune pinne, ciò permette di effettuare il movimento quasi totalmente dentro l’acqua.
Infine un consiglio pratico. L’acqua nello snorkel è una situazione abbastanza frequente, la tecnica per espellerla è quella di soffiarla via attraverso il tubo: si effettua una profonda e lenta inspirazione, si posiziona la lingua quasi a tappare il boccaglio, in modo che l’acqua gorgogli invece di essere inspirata, e poi, a pieni polmoni, si effettua una forte e decisa espirazione. Alcuni modelli di snorkel hanno una valvolina vicino al boccaglio che aiuta proprio in questo compito.
*Boccaglio: il termine è comunemente usato in maniera impropria, la terminologia corretta è “tubo aeratore” (anche semplicemente “tubo”) o, sempre più diffusamente, “snorkel” (dall’inglese). Il boccaglio è solo la parte in silicone anallergico che si mette in bocca. Nell’articolo viene usato il termine snorkel.
Claudio Belloni
Guida subacquea (Divemaster PADI)
Firenze