Il karate è un’arte marziale sviluppata nella prima metà del ‘900 in Giappone e basata sull’esecuzione di un ampio ventaglio di tecniche a mani nude quali pugni, calci, ma anche di colpi effettuati con ginocchia, gomiti, palmi delle mani e dita. Alcuni stili prendono anche in considerazione lo studio di proiezioni, leve articolari e di difesa in caso di attacco da parte di un avversario armato. In ogni caso, a prescindere dallo stile considerato e dalle inevitabili differenze fra i diversi corsi, una prerogativa del karate attuale è lo studio di tecniche in cui si combatte usando come arma unicamente il proprio corpo. Questo aspetto è chiaramente indicato proprio dal nome dell’arte marziale stessa che, tradotto dal giapponese, significa letteralmente “mano vuota” (da intendersi nel senso di disarmata). Il karate è una delle arti marziali più famose in assoluto, probabilmente anche grazie al mondo del cinema, che fra gli anni ’60 e ’80 del secolo scorso ha contribuito significativamente alla visibilità di questa disciplina (celebre è il film “The Karate Kid“). Il karate nella sua forma sportiva è recentemente stato inserito fra le discipline olimpiche e farà il suo debutto per la prima volta ai Giochi olimpici di Tokyo 2021.
Karate – Tecniche
Il karate prevede un ventaglio decisamente articolato di tecniche, fra cui:
- Pugni (chiamati tsuki). Per esempio, sono pugni di base il gyako tsuki, ovvero un pugno frontale portato con il braccio dal lato del corpo in cui si trova in quel momento la gamba posteriore, oppure il kizami tsuki, ovvero il pugno portato con il braccio del lato del corpo dove si trova la gamba più avanzata. Sono però presenti anche pugni laterali, a martello, multipli o colpi in cui si usano contemporaneamente entrambi i pugni (un pugno colpisce il volto e uno l’addome).
- Calci (geri). Per esempio, il calcio frontale è il mae geri, il calcio circolare è il mawashi geri, il calcio laterale col taglio del piede è lo yoko geri. Esistono poi anche calci più sofisticati quali calci all’indietro, rovesciati (si colpisce col tallone chiudendo lateralmente la gamba a uncino) o da eseguire mentre si salta.
- Parate (uke). Per esempio, una delle prime parate che generalmente si insegna è gedan barai, ovvero una parata circolare in cui si respinge un colpo laterale (per esempio un calcio) distendendo l’avambraccio con un movimento circolare, dall’interno verso l’esterno, con il pugno chiuso per contrarre i muscoli dell’avambraccio.
- Spazzate (barai). Con il termine spazzate ci si riferisce alle tecniche volte a far sbilanciare o cadere l’avversario, generalmente effettuando un movimento con le gambe, una sorta di basso calcio circolare, che serve a sbalzare improvvisamente il piede di appoggio dell’avversario. Anche in questo caso esistono numerose varianti.
Oltre a queste tecniche, che sono quelle principali impiegate anche nelle fasi di combattimento, ne esistono altre che sono tendenzialmente meno praticate o prese in considerazione solo come studio, per esempio durante l’analisi di un kata. Fra queste tecniche, meno usuali, si possono citare gomitate, ginocchiate, testate, colpi con la mano di taglio o con le dita, proiezioni e cadute, tecniche di lotta, leve articolari e strangolamenti. Queste tecniche, a eccezione delle proiezioni, sono assolutamente vietate nel combattimento e nelle competizioni di karate, ma sono connesse al fatto che il karate nasce come stile di combattimento completo.

Caclio yoko geri
Posizioni e stili
Tutte queste tecniche sono portate partendo da specifiche posizioni di guardia che offrono vantaggi tecnici nel portare certi colpi o nel rendere più difficoltoso per l’avversario riuscire a colpire. Tali posizioni possono differire a seconda dello stile di karate. Il karate, infatti, è nato da diverse correnti, distinte fra loro in relazione all’esperienza del maestro di riferimento. Tuttora è possibile ricontrare una certa eterogeneità fra i vari corsi di karate. Per esempio, nel karate shotokan, uno degli stili di karate più tradizionali (codificato dal noto maestro Gichin Funakoshi nella prima metà del ‘900) le posizioni tendono a essere molto più allungate e basse che non in altri stili di karate tradizionali (come il wadō-ryū) o di orientamento più sportivo.
Fra le posizioni più caratteristiche del karate vi sono sicuramente la posizione zenkutsu dachi, la tipica guardia frontale con la gamba anteriore piegata in avanti e quella posteriore tesa (che per esempio nello stile shotokan è spesso molto allungata e con il baricentro molto basso, mentre risulta molto più alta nel karate wadō-ryū); la posizione kiba dachi nota anche come posizione del cavaliere, in quanto il praticante assume una posizione stabile con i piedi paralleli e ben divaricati, con le ginocchia leggermente piegate, come se fosse in sella; la posizione neko ashi dachi, nota anche come posizione del gatto, in cui il peso è sulla gamba posteriore, che risulta leggermente piegata, mentre quella anteriore, piegata anch’essa, tocca appena per terra con le dita del piede, ma di fatto non è in appoggio.

Calcio mawashi geri
Karate – Allenamento
Come molte altre arti marziali giapponesi un allenamento di karate si articola classicamente in diversi momenti aventi diversa finalità. Il principiante dedica molto del suo tempo al kihon, ovvero allo studio delle tecniche di base della disciplina (vedasi il prossimo paragrafo). Occorre tuttavia specificare che sebbene il kihon rappresenti all’inizio del proprio percorso la pressoché unica componente dell’allenamento in molti corsi di karate, esso non è comunque mai abbandonato e lo studio costante delle tecniche di base risulta fondamentale anche per il praticante evoluto che voglia comunque consolidare e migliorare la propria tecnica. Il kihon può essere eseguito in moltissime modalità: spesso è praticato in gruppo, eseguendo su comando dell’istruttore (che prende il nome di sensei) le tecniche oggetto di studio, magari davanti a uno specchio per prendere consapevolezza critica dei propri movimenti. I fondamentali possono anche essere studiati a coppie provando, in maniera controllata, l’esecuzione delle tecniche.
Una parte decisamente più ricercata, specie da parte dei praticanti più giovani è invece il combattimento, chiamato kumite. Anche il kumite può avvenire in modalità diverse, più o meno libere. Una modalità, per esempio, prevede una forma di combattimento ravvicinato nel quale possono essere eseguite, in modo alternato fra i due praticanti, tecniche a corto raggio. Altre forme di kumite prevedono invece una distanza libera fra i due praticanti, che però devono dichiarare anticipatamente l’area del corpo su cui intendono portare una tecnica, in modo che il compagno di allenamento possa esercitarsi a eseguire una parata e un eventuale contrattacco. La forma ovviamente più avanzata di kumite è rappresentata dal combattimento libero.
Infine, la terza componente chiave della pratica del karate è rappresentata dai kata, ovvero delle sequenze di mosse, anche piuttosto lunghe e articolate, codificate per rappresentare un combattimento ideale. Lo studio dei kata può risultare noioso per il principiante, che spesso li trova molto astratti o si perde nelle lunghe sequenze di tecniche, che sono interpretate come una semplice concatenazione di mosse, mentre, come anticipato, è importante che il praticante sia indirizzato fin da subito dal proprio istruttore a inquadrarle come un combattimento virtuale. Tuttavia, i kata rappresentano spesso la principale forma di miglioramento e studio per il praticante più esperto che, invece, alla luce della maggiore esperienza, riesce a coglierne l’importanza. Di fatto un kata praticato da un esperto diviene un vero e proprio combattimento, nel quale esprimere tutte gli elementi tecnici propri della disciplina. A tal fine, molto utile risultano le cosiddette applicazioni dei kata, ovvero l’esecuzione delle tecniche previste dalla sequenza con avversari reali che simulano la situazione prevista dal kata in questione. Tale pratica risulta molto interessante e permette di comprendere meglio la logica del kata, rendendolo meno astratto o coreografico. Al contempo, l’applicazione dei kata non è di facile esecuzione, richiedendo grande sinergia fra i vari praticanti (spesso un kata simula uno scontro in cui si combatte con più avversari).
Abbigliamento
Il karate non prevede un equipaggiamento particolarmente complesso. Si pratica con la tipica tenuta bianca costituita da una casacca a maniche lunghe, che prende il nome di karate gi (in cui il termine gi si pronuncia con una g dura, come in ghi), tenuta stretta in vita da una cintura colorata (chiamata obi); e da un paio di pantaloni (zubon).
Nelle forme di karate sportivo sono inoltre necessarie le protezioni per il combattimento (che devono essere omologate), ovvero guanti da karate, parastinchi, corpetto protettivo, caschetto protettivo, conchiglia e paradenti.
Il karate è tipicamente praticato su un pavimento coperto con uno spesso tappeto, abbastanza elastico e morbido, il tatami. Il luogo di pratica, la palestra, prende specificamente il nome di dojo.
Karate – Gradi
Il karate, notoriamente, prevede un percorso di miglioramento a livelli, che sono superati con specifici esami. Si parte dal grado di sesto kyu, la cintura bianca, e si arriva gradualmente al primo kyu, la cintura marrone. I gradi intermedi sono la cintura gialla, arancione, verde e blu. Il grado successivo alla cintura marrone è la cintura nera che è erroneamente ritenuta da molti il grado massimo. In realtà, la cintura nera equivale al grado di primo dan. I dan nel karate sono dieci, ma solo i primi cinque prevedono un esame tecnico come avviene per il conferimento dei kyu. Dal sesto dan in poi il grado è conferito per meriti e se si è in possesso della qualifica di Maestro o Arbitro Internazionale. Dal sesto dan è possibile sostituire la cintura nera (che quindi è da concepirsi secondo molti istruttori come l’inizio del vero percorso di approfondimento del karate) con una cintura a bande orizzontali bianca e rossa. Gli esami per il passaggio di grado possono vertere sull’esecuzione di singole tecniche, kata e/o combattimento. Vi è un certo livello di eterogeneità fra le varie federazioni/stili di karate. In alcuni casi è previsto anche lo svolgimento di un test scritto.
Competizioni
Le competizioni di karate possono riguardare l’esecuzione di kata oppure il combattimento. Sinteticamente, nel caso del combattimento, secondo le regole della World Karate Federation (la federazione mondiale del karate), si assegna la vittoria al praticante che guadagna più punti mediante le sue tecniche. Si possono colpire testa, viso, collo, addome, petto, schiena e fianchi. Pugni validi in questi punti permettono di ottenere un punto, i calci a media altezza due punti, mentre i calci alti e ogni tecnica effettuata dopo essere riusciti a far cadere l’avversario (anche se esso è inizialmente caduto da solo) permettono di guadagnare tre punti. I colpi vengono dichiarati validi se sussistono condizioni quali giusto tempismo, corretta distanza, pulizia del movimento, energia ecc. I colpi devono al massimo toccare l’avversario, ma non devono mai essere affondati. Se però si colpisce in modo scorretto, per esempio colpendo senza controllo, o si esce dall’area di gara, si ottiene una penalità. Se si ottengono troppe penalità si è automaticamente squalificati. In alcuni casi si può essere direttamente squalificati con una sola penalità molto grave, per esempio se si simula un danno fisico grave provocato dall’avversario.
Le competizioni nel karate sono divise pe categorie di peso, di età e per sesso.
Benefici del karate
Il karate, come molte arti marziali, può essere, se praticato con costanza e intensità, una valida forma di movimento che contribuisce al miglioramento e al mantenimento della propria forma fisica, anche se molto dipende dal livello di pratica e dalle attività collaterali a essa (oltre che dallo stile di vita generale del praticante).
Sicuramente è richiesta molta coordinazione e propriocezione, che possono essere sviluppate con lo studio di questa disciplina. I kata, alternando movimenti esplosivi a momenti di controllo possono rappresentare per il praticante una forma di ginnastica interessante che coinvolge tutto il corpo e può contribuire a mantenere e sollecitare fluidità dei movimenti ed elasticità. La parte più atletica è invece maggiormente in relazione alla propensione del singolo corso di karate alla componente di combattimento (kumite).
Da un punto di vista meno atletico, è giusto sottolineare come molte arti marziali, fra cui sicuramente il karate, esaltano molto valori etici come il rispetto reciproco. Un chiaro esempio è legato al saluto: all’inizio e alla fine dell’allenamento istruttore e allievi si scambiano un gesto di rispetto (un inchino reciproco e simultaneo). La stessa forma di saluto è ripetuta ogni volta che si esegue un combattimento. Altri valori importanti promossi da arti marziali come il karate sono legati al concetto di miglioramento continuo: ogni torneo, allenamento o ripetizione di un kata rappresenta un potenziale stimolo per capire meglio i segreti della disciplina. Il karate inoltre aiuta sicuramente a sviluppare la sicurezza in sé stessi, avviando progressivamente il praticante al combattimento, ma in una forma codificata e inserita nel contesto di un regolamento, senza mai enfatizzare gli aspetti violenti dello scontro. Significativo da questo punto di vista è il fatto che sulla tomba di Funakoshi, una figura centrale nello sviluppo del karate, pare sia semplicemente riportata la frase “Il karate non conosce il primo attacco”.
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