Il JKD, acronimo di Jeet Kune Do è un’arte marziale nata relativamente di recente, è stata infatti creata negli anni ’60 del secolo scorso da Bruce Lee, il celebre attore di film di arti marziali di origine cinese. Il nome di questa disciplina può essere tradotto come “la via del colpo che intercetta”. Questa traduzione non è da intendersi in modo letterale. Il Jeet Kune Do, infatti, non è una disciplina basata su speciali tecniche legate al termine “intercettare” nel significato di parare i colpi, al contrario intende sintetizzare un principio del combattimento ritenuto come fondamentale dallo stesso Bruce Lee, questi praticò arti marziali per tutta la vita, dimostrandosi sempre molto attivo nello studiare le dinamiche di combattimento. Egli arrivò a ritenere che ogni stile di combattimento avesse dei limiti, specie nel contesto di uno scontro reale, e pertanto dedicò molto tempo alla definizione di un sistema che, nella sua volontà, potesse superarli.
Durante questo percorso, Bruce Lee studiò e trasse ispirazione da elementi di diverse arti marziali, fra cui principalmente Wing Chun (una tipologia di Kung Fu, basata principalmente sull’esecuzione di pugni concatenati e ravvicinati), boxe e scherma, ma anche Taekwondo e lotta. Verso la fine degli anni ’60, Bruce Lee definì quindi il Jeet Kune Do come un sistema di combattimento basato sul liberarsi da schemi troppo rigidi, in favore di un approccio basato su alcuni principi cardine ritenuti autoevidenti e universali. Tali principi sono legati all’economia di movimento e alla semplicità. Il Jeet Kune Do contempla poche tecniche, molto efficaci e da eseguire rapidamente, nell’ottica di ottenere il massimo risultato con il minor dispendio energetico. Per esempio, dal momento che quando un avversario attacca è inevitabilmente costretto a scoprirsi: il praticante di JKD dovrebbe coltivare l’attitudine a percepire quando l’avversario sta per attaccare e “intercettare” la sua intenzione, anticipando il suo attacco e cogliendo questa opportunità per colpirlo per primo. In questa logica, probabilmente desunta dalla scherma, difesa e attacco coincidono.
Il simbolo del JKD consiste in un taijitu, il simbolo circolare che indica l’aspetto di dualità dello yin e yang, circondato da due frasi scritte in cinese, ovvero “avere nessuna via per via” e “avere come limite nessun limite”. Sempre in riferimento alla filosofia del fondatore di questa disciplina, il Jeet Kune Do può essere inteso come uno “stile senza stile”.
Jeet Kune Do – Tecniche
Le tecniche previste dal JKD includono principalmente pugni, calci, immobilizzazioni e combattimento a terra. Particolare enfasi è data ai colpi da portare a distanza ravvicinata, specialmente impiegando calci bassi su tibie, ginocchia e interno coscia. Sono altresì studiate tecniche da portarsi partendo da maggiore distanza. La pratica del Jeet Kune Do identifica cinque “vie di attacco”, situazioni base che descrivono le possibilità principali del combattimento. Esse includono: colpi diretti da portare possibilmente all’improvviso e in bersagli inaspettati, tecniche multiple aventi lo scopo di sopraffare e mettere in difficoltà l’avversario, l’esecuzione di finte volte a far destabilizzare l’avversario per poi colpirlo in un altro punto, immobilizzazioni e, infine, l’adescare l’avversario inducendolo ad attaccare, pronti a sfruttare a proprio favore il momento in cui si scoprirà per farlo.

Il Jeet Kune Do è un’arte marziale creata negli anni ’60 del secolo scorso.
Jeet Kune Do – Abbigliamento
Non esiste un abbigliamento formale ufficiale, generalmente il praticante indossa un generico abbigliamento sportivo comodo, per esempio una maglietta e un paio di pantaloni sportivi lunghi neri e recanti il simbolo del JKD o il logo della palestra di riferimento. Il Jeet Kune Do non deve necessariamente essere praticato a piedi nudi. Spesso è praticato indossando comuni scarpe da ginnastica.
Cinture
Il JKD spesso prevede dei gradi, assegnati dagli istruttori della disciplina in relazione al proprio grado di padronanza, ma non si usano cinture colorate per indicare il grado conseguito.
Competizioni
In funzione della volontà del creatore di questa disciplina di sviluppare un metodo di combattimento applicabile nella realtà e avulso dai limiti derivanti dalla pedissequa adesione a schemi di combattimento troppo rigidi, il Jeet Kune Do non prevede competizioni. A tal proposito si attribuisce a Bruce Lee il modo di dire per cui le competizioni di arti marziali somigliano al “nuotare sulla terra ferma”, nel senso che egli riteneva che tali eventi promuovessero un modo di combattere irrealistico.