Il calciatore guarito da un infortunio deve prestare notevole attenzione al rientro agli allenamenti, in particolar modo se non è stato seguito da una struttura riabilitativa adeguata. Solitamente, nelle categorie amatoriali e dilettantistiche, dopo la riabilitazione o il trattamento conservativo ci si limita a far seguire poche sedute (più o meno impegnative) di corsa lineare e reintegrare il giocatore in squadra “quando si sente pronto”; un metodo del tutto sbagliato perché, così facendo, si favorisce l’incidenza delle recidive che possono prolungare il periodo di stop del giocatore. La causa di molte recidive, quindi, non è tanto la riabilitazione errata, ma uno scorretto rientro alla pratica agonistica. In altre parole, viene a mancare l’anello di congiunzione tra la fine della riabilitazione (o del periodo del trattamento conservativo) e il rientro alla pratica agonistica. Prima di rientrare in campo infatti, non solo è necessario recuperare le qualità aerobiche e il tono muscolare (come viene fatto nella maggior parte dei casi), ma anche la propriocettività (in particolar modo se c’è stata una lesione articolare), l’elasticità e la coordinazione muscolare alle sollecitazioni intense (cambi di direzione, arresti, salti ecc.).
Inoltre, la recidiva non è da vedere solamente come un ulteriore periodo di stop, ma come un’aggravante sul futuro stato di salute del giocatore; alcune considerazioni:
- i calciatori che, nella propria carriera, hanno ricevuto un numero di trattamenti maggiori (compresi quelli a seguito di recidive) hanno una maggiore incidenza di artrosi durante il seguito della vita [1].
- Le recidive agli ischio-crurali possono essere associate a piccole calcificazioni [3].
- Se una distorsione alla caviglia non viene trattata correttamente e il giocatore ritorna all’attività muscolare intensa precocemente, si può verificare un’instabilità funzionale che predispone a diverse recidive e condizioni di instabilità che condizionano la performance e il futuro stato di salute dell’articolazione colpita.
- Le recidive causano periodi di assenza che sono, per durata, maggiori di quelli del corrispondente infortunio iniziale [2].
Il recupero psicologico – È un fattore spesso trascurato che può rendere insicuro il giocatore per lungo tempo; l’esempio classico è quello del giocatore che subisce una o più recidive in poco tempo e a ogni successiva sensazione di fastidio teme di ricadere in un infortunio. Ciò, oltre ad allontanare (per diversi periodi) dalla pratica sportiva, rende il giocatore estremamente insicuro non permettendogli di allenarsi con la giusta intensità.
Tutto questo accade perché
molte volte l’atleta non è consapevole del problema avuto, delle cause che l’hanno indotto e dei metodi migliori per tornare gradualmente alla pratica agonistica e di prevenire eventuali recidive.
La consapevolezza di questi fattori (cause dell’infortunio, cure, prevenzione ecc.) da parte del giocatore facilita, non solo il recupero psicologico, ma anche il futuro stato di salute! È l’infortunato quindi, in prima persona, a doversi interessare di questi argomenti tramite fonti attendibili; ciò non significa che deve sostituirsi al terapeuta.
Il ritorno in campo deve avvenire solamente quando il giocatore ha completato il percorso di rientro alla pratica agonistica; un rientro affrettato (per motivi di carenza di organico) o parziale (solo pochi minuti di partita) quando non si è ancora pronti, può causare recidive. Ecco un possibile percorso di rientro alla pratica agonistica una volta terminata la riabilitazione.
Primo step – Attività aerobica di intensità medio-bassa, esercizi per la propriocettività e stretching. Le esercitazioni per la propriocettività inizialmente devono essere semplici e composte comunque di posizioni molto varie; per attività aerobica si intende la corsa (ricordiamo che la riabilitazione è terminata, quindi il giocatore, in linea teorica, può correre) a meno di parere contrario da parte di chi ha effettuato la riabilitazione. Lo stretching in questa fase è particolarmente importante, per cui il giocatore deve apprendere in maniera corretta le varie posizioni e le modalità di esecuzione.
Secondo step – Attività aerobica di varia intensità, esercizi per la propriocettività, stretching e potenziamento muscolare specifico. La corsa (attività aerobica) deve comprendere velocità diverse che rientrano comunque in ambito aerobico (cioè il respiro non deve mai essere troppo affannato). Si incrementano le difficoltà degli esercizi propriocettivi e si introducono le esercitazioni per lo sviluppo della muscolatura specifica; in alcuni protocolli riabilitativi (cioè nella fase precedente al primo step) vengono già introdotti mezzi per la muscolazione (compreso l’elettrostimolatore), ma solitamente hanno lo scopo principale di far riacquistare il tono muscolare e stabilizzare le articolazioni. In questo step invece, lo scopo principale del potenziamento è quello di prevenire l’insorgenza di recidive (in altre parole sui lavora sulla resistenza muscolare locale); anche senza la possibilità di aver dei pesi a disposizione si può effettuare un percorso di potenziamento sufficientemente corretto.
Un esempio: affondi sagittali, estensioni sulle punte (meglio gli Esercizi eccentrici se si rientra da una tendinopatia all’achilleo), esercizi per gli ischio-crurali, addominali ed eventualmente esercitazioni per gli adduttori se si rientra da una pubalgia; il giocatore dovrà inoltre riprendere a calciare il pallone a distanze progressivamente maggiori.
Terzo step – Corsa ad intensità aerobica/anaerobica alternata (allenamenti intermittenti, intervallati, allunghi, ecc.), potenziamento muscolare specifico (vedi sopra) ed esercitazioni per la rapidità. In questa fase, in alcune situazioni, potrà svolgere l’allenamento con i compagni evitando comunque le partite (anche quelle in allenamento) e le esercitazioni più intense.

La causa di molte recidive d’infortunio non è la riabilitazione errata, ma uno scorretto rientro alla pratica agonistica
Considerazioni importanti
Il protocollo esposto ha valenza principalmente generale; alcuni tipi di infortuni possono richiedere varianti e/o assistenza in alcune fasi; è opportuno chiedere sempre prima a chi ha effettuato la riabilitazione. In altre parole, più lungo è il periodo di stop, maggiore deve essere il tempo dedicato ai primi 2 step.
In qualsiasi fase di questo percorso andrebbero evitate situazioni in cui si prova dolore e/o fastidio all’apparato locomotore (cioè muscoli, articolazioni e legamenti), salvo diverso parere da parte di chi ha effettuato la riabilitazione.
Negli esercizi di potenziamento sono inizialmente da preferire basse velocità di esecuzione e numero di ripetizioni elevate per serie.
Primo step | Attività AE medio-bassa |
Propriocettività | |
Stretching | |
Secondo step | Attività AE variata |
Propriocettività | |
Stretching | |
Potenziamento muscolare | |
Terzo step | Corsa aerobica/anaerobica alternata |
Potenziamento muscolare | |
Rapidità |
Bibliografia
[1] Turner AP, Barlow JH, Heathcote-Elliott C. Long term health impact of playing professional football in the United Kingdom. Br J Sports Med. 2000 Oct;34(5):332-6.
[2] Walden M, Hagglund M, Ekstrand J. Injuries in Swedish elite football-a prospective study on injury definitions, risk for injury and injury pattern during 2001. Scand J Med Sci Sports. 2005 Apr;15(2):118-25.
[3] Woods C, Hawkins RD, Maltby S, Hulse M, Thomas A, Hodson A. The Football Association Medical Research Programme: an audit of injuries in professional football–analysis of hamstring injuries. Br J Sports Med. 2004 Feb;38(1):36-41.