L’inverno per il ciclista rappresenta una sorta di spartiacque. Esso divide gli stessi praticanti amatori in due categorie: gli “assidui” e gli “stagionali”. Questa divisione non è necessariamente un giudizio di merito: tra i praticanti stagionali che sospendono l’attività in esterno per 4-5 mesi vi sono forti atleti che per motivi lavorativi e logistici non possono in alcun modo uscire a pedalare sulle strade. Inoltre l’inverno divide la stagione agonistica su strada sia per i professionisti che per gli amatori. In una normale stagione (il 2020 e il 2021 fanno eccezione a causa della pandemia), le ultime gare si disputano a fine ottobre e le prime della stagione successiva, a metà febbraio. Un vecchio motto ciclistico dice che le gare estive si vincono d’inverno. In effetti, la preparazione invernale è in grado di fare la differenza e per questo motivo da molti anni le squadre professionistiche fanno frequenti ritiri in luoghi caldi (sud della Spagna, Canarie). L’amatore, che solo in rari casi può permettersi una “vacanza ciclistica”, in inverno deve invece fronteggiare gli impedimenti climatici (freddo, nebbia, pioggia e neve) e logistici (le poche ore di luce).
I rischi del ciclismo invernale
In un’ottica salutistica occorre aver ben chiari i pericoli.
Ipotermia – Oltre alla temperatura dell’aria ferma, a dispetto della corsa, la bicicletta permette a tutti di viaggiare a velocità sostenuta e questo implica una notevole convezione anche in assenza di vento, ovvero la dispersione del calore corporeo dovuta all’azione dell’aria in movimento.
Il vento più o meno freddo aumenta l’effetto del windchill portando la temperatura percepita molto in basso.
Nei casi peggiori vi si sommano l’umidità e la pioggia/neve.
Se i casi di ipotermia generale sono rari, abbastanza frequente è il problema dell’ipotermia locale a mani e piedi o nelle zone scoperte come guance e naso che non sempre è possibile proteggere in modo adeguato.
Condizioni delle strade – Foglie morte, fango, acqua, chiazze di muschio o ghiaccio sui tratti di carreggiata che per alcuni mesi non vedono mai la luce del sole rappresentano una sorta di roulette russa per la stabilità della bici. Anche la semplice umidità della notte che si prolunga fino a metà giornata, in concomitanza con piccole macchie di olio, può provocare una caduta anche bassa velocità.
Visibilità – Pedalare all’alba, magari con la nebbia, oppure il pomeriggio tardi, dopo il lavoro, su una provinciale trafficata rappresenta una condizione frequente e molto rischiosa per chi vuole praticare il ciclismo invernale. Purtroppo le piste ciclabili italiane sono poco funzionali agli allenamenti e la cultura automobilistica tende a ignorare la presenza di ciclisti sulla carreggiata. Anche la pratica della mountain bike è penalizzata negli orari estremi del giorno data la poca visibilità nei luoghi naturali (sentieri, collina, montagna).
Come affrontare l’inverno in bicicletta: soluzioni pratiche per l’amatore
Per chi “non molla mai” e vuole spingere sui pedali anche in pieno inverno ci sono soluzioni pratiche per ottimizzare la pratica e ridurre i rischi.
Abbigliamento
Investire su buoni materiali tecnici invernali è quasi d’obbligo.
Occorre valutare giorno per giorno in base alle condizioni di temperatura, umidità e vento i capi da indossare, con il principio degli strati sovrapposti e la possibilità di togliere e rimettere gli strati esterni.
Per il primo strato, a pelle, è consigliabile una canotta traforata in microfibra che possa drenare il sudore e intrappolare aria e calore nei fori.
Il secondo strato può essere una maglia aderente con protezione antivento anteriore.
Il terzo strato è rappresentato dalla maglia invernale da ciclismo, con interno termico a maniche lunghe con tasche posteriori.
Se il terzo strato è di tessuto tecnico antivento/antiacqua (per esempio tessuto windstopper o Goretex® con una leggera imbottitura, si può evitare il secondo strato in modo da non aver ristagni di sudore a pelle e meno tessuto addosso.
In caso di freddo intenso si utilizzano anche o in sostituzione speciali giacchette imbottite e foderate con strato esterno antivento/antiacqua che presentano anche aperture sotto le ascelle con cerniera per regolare la traspirazione.
Ulteriori strati possono essere indossati e rimossi durante l’allenamento a seconda della situazione per modulare la temperatura percepita: un gilet antivento e/o un impermeabile leggero antiacqua, allungato posteriormente in modo da proteggere dagli schizzi della ruota anche il fondo schiena.
Per le gambe, la salopette con peloncino interno è la scelta più comune in inverno e aumenta la protezione sull’addome lasciando le spalle più libere di traspirare.
Un’alternativa possono essere i gambali che coprano dalla coscia alla caviglia, da indossare con la salopette da mezza stagione, di materiale più pesante. I pantaloncini estivi risultano essere spesso troppo permeabili all’aria.
Di grande importanza è la scelta della protezione della testa che da una parte ha necessità di traspirare una certa dose di calore e dall’altra è soggetta al vento su fronte ed orecchie. La protezione si indossa sotto il casco che deve essere regolato di conseguenza.
In ordine, partendo dalle condizioni meno fredde, si può optare per il classico cappellino da ciclista, con visiera o senza, in cotone o microfibra, fasce frontali di microfibra di spessore diverso, cuffie con o senza paraorecchie in Windtex o polipropilene. Sconsigliata, per la scomodità di ingombro e l’eccessiva pesantezza che non permette la traspirazione, la classica cuffia di lana tipo sci.
Esistono poi degli speciali involucri antipioggia e riflettenti per coprire il caschetto in caso di pioggia.
Il collo e la bocca sono tra le zone più esposte all’aria e per proteggerle si utilizzano dei “tubi” di microfibra, polipropilene o Windtex che permettono anche, respirandovi all’interno, di riscaldare l’aria che talvolta può arrivare a essere così fredda da irritare le vie aeree.
Le estremità rappresentano il punto critico anche in condizioni non estreme.
Per le mani bastano un po’ di vento o una leggera pioggia autunnale per renderle fredde e insensibili, incapaci di tenere saldo il manubrio e azionare i freni. I guanti pertanto devono essere di buona qualità, imbottiti, antivento e possibilmente antiacqua, con una pellicola impermeabile e traspirante tipo Goretex o simili ed eventuali piccole prese d’aria regolabili con cerniera lampo. I colori fluo, molto usati, aumentano inoltre la visibilità. Un sottoguanto sottile in microfibra può aumentare ulteriormente il comfort.
Per i piedi esistono speciali scarpette invernali, imbottite e impermeabili con ghetta incorporata. Per chi invece intende utilizzare la scarpa estiva è consigliabile indossare comunque un buon calzino in microfibra e ricoprire la scarpa con uno speciale puntale in neoprene che copre solo la metà anteriore se la temperatura è accettabile e non c’è pioggia. In casi peggiori si aggiunge un calzare intero in neoprene con peloncino interno, talvolta rivestito con uno strato impermeabile, che arriva ben sopra la caviglia, con un foro per permettere l’uso dell’attacco sotto la suola.
Spesso anche questa combinazione può non essere sufficiente e vi sono piccoli “trucchi” per aumentare la protezione del piede che una volta raffreddato tende a intorpidirsi e può arrivare fino a principi di congelamento. Ricordiamo, tra questi, l’uso di uno strato di alluminio o un sacchetto di plastica sopra il calzino.
Visibilità
Il problema della visibilità e quindi della sicurezza è duplice. Da una parte è necessario vedere bene la strada quando le condizioni di luce non sono ottimali, e non solo a causa del buio, e dall’altra è ancora più importante farsi vedere bene dagli altri utenti della strada, in particolar modo da automobilisti e conduttori di mezzi pesanti.
Farsi vedere
Premessa la necessaria conoscenza del Codice della Strada, ricordiamo brevemente le dotazioni obbligatorie per la bicicletta:
- campanello o segnalatore acustico
- luci bianche o gialle anteriori
- luci rosse e catadiottri rossi posteriori
- catadiottri gialli sui pedali
- catadiottri gialli laterali (per esempio sul telaio)
Inoltre a partire da 30′ dopo il tramonto fino 30′ prima dell’alba è obbligatorio indossare un giubbetto o bretelle catarifrangenti.
Accessori non obbligatori, ma utilissimi sono:
- bande catarifrangenti da applicare alle caviglie
- guanti color giallo-fosforescente
- inserti catarifrangenti sull’abbigliamento
- piccoli tubetti autobloccanti e catarifrangenti da applicare sui raggi delle ruote.
- la luce posteriore intelligente che, come accade per le auto, aumenta d’intensità luminosa all’atto della frenata.
Per diminuire i rischi legati alla presenza di altri veicoli sulla strada è consigliabile evitare zone legate allo scorrimento veloce del traffico industriale/commerciale e le strade con molti incroci. Meglio zone più isolate, ma che presentino una buona illuminazione da lampione. Possono essere utilizzabili, solo a titolo di suggerimento: viali a mare, solitamente deserti fuori stagione, zone artigianali, periferie residenziali.
Ovviamente anche le strade troppo isolate, per esempio in campagna, sono da evitare a meno di non muoversi in un buon gruppo organizzato, con esperienza e con buona illuminazione. Collina e montagna sono molto rischiose per il fondo spesso viscido e l’impossibilità di vedere con buon anticipo gli ostacoli non illuminati.
È bene ricordare che ove siano presenti piste ciclabili, il ciclista ha l’obbligo di avvalersene, salvo che siano a uso promiscuo (ciclopedonali). Dal punto di vista assicurativo, qualora si fosse coinvolti in un sinistro, il rischio in caso di mancato utilizzo della pista è il concorso di colpa con riduzione o azzeramento dell’eventuale indennizzo.
Vedere bene per aumentare la sicurezza
Per vedere bene in condizioni di scarsa visibilità diurna dovuta a umidità, nebbia e nuvole l’espediente migliore è l’uso di lenti gialle/arancioni possibilmente polarizzate. Queste definiscono meglio i contorni, aumentano la percezione della luce e migliorano la nitidezza con cielo nuvoloso, nebbia o pioggia. Devono essere sostituite appena esce il sole perché lasciano passare una quantità eccessiva di luce che risulta fastidiosa e alla lunga dannosa per l’occhio.
Per chi intende allenarsi prima dell’alba o dopo il tramonto è necessaria una buona luce a led da almeno 400 lumen da installare sul manubrio con un cono ampio e profondo che illumini bene il selciato entro i 3 metri e lateralmente i bordi della strada.
GIOVANNI, CARLO LAZZARI
CHINESIOLOGO PROFESSIONISTA – PREPARATORE ATLETICO
ISTRUTTORE FITRI – FIDAL