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Nevrosi da sport

La nevrosi da sport è una condizione patologica che, nel tempo, può portare a un vero e proprio rifiuto della pratica sportiva. Di fatto, è la dimostrazione che, se non viene gestito in modo equilibrato, lo sport può far male. La nevrosi da sport può colpire sia gli amatori che i professionisti; ne sono esempi illustri atleti di fama mondiale quali il nuotatore Ian Thorpe, il tennista Andre Agassi e il marciatore Alex Schwazer i quali, in modi e situazioni diverse, hanno confessato di essere arrivati a odiare quello sport grazie al quale erano riusciti a diventare ricchi e famosi. Molti, erroneamente, scambiano la nevrosi da sport con il sovrallenamento e sono numerose le mail che riceviamo da atleti che temono di essere vittime di quest’ultima condizione. Molti di essi, a onor del vero, mostrano diversi sintomi tipici di questa particolare sindrome, ma poi, analizzando con cura la loro situazione personale, si comprende che il carico sportivo a cui si stanno sottoponendo non può essere tale da generare un problema del genere e che, in realtà, sono affetti da un’altra patologia, la nevrosi da sport.

La nevrosi da sport (o stress da attività sportiva), infatti, è causata solo in minima parte dal carico allenante; più spesso vi si giunge a seguito di una vera e propria dipendenza da sport, ma il principale responsabile è comunque l’aspettativa che ci deriva dalla pratica sportiva. In altri termini, il non riuscire a raggiungere il risultato (o il fare troppa fatica per raggiungerlo a causa di lavoro, impegni familiari ecc.) genera un’ansia che si manifesta con i sintomi tipici della nevrosi. Alla fine si giunge al rifiuto totale di qualunque forma di attività fisica: lo sport ci ha esistenzialmente delusi e, per questo motivo, lo si rifiuta, lo allontaniamo dalla nostra vita. Quindi, se non vogliamo ritrovarci in questa situazione è opportuno non sottovalutare determinati campanelli di allarme.

Da quanto fin ora esposto si comprende che

la distinzione fra sovrallenamento e nevrosi da sport non è data dai sintomi, ma dalle cause.

Nella sindrome da sovrallenamento è possibile riscontrare un carico di lavoro oggettivamente pesante, mentre nella nevrosi da sport il carico di lavoro è oggettivamente normale. È infatti stupefacente riscontrare come chi teme di essere affetto da sovrallenamento si alleni tutto sommato abbastanza poco: 4, massimo 5 allenamenti alla settimana con prevalenza della qualità sulla quantità, molte gare e un’aspettativa dopo l’altra oppure obiettivo concentrato su una sola gara preparata da mesi con un carico allenante normale, ma tarato per un valore dell’atleta decisamente non realistico.

In sostanza, quello che succede nella nevrosi da sport, e che porta agli stessi sintomi del sovrallenamento, è che il soggetto amplifica, a causa delle sue aspettative, lo stress psicologico oggettivo delle sedute e questa amplificazione rende il carico soggettivamente esagerato.

In genere chi è affetto da nevrosi da sport ha un rapporto patologico con l’attività sportiva perché la vede come mezzo di affermazione della propria personalità. Si esalta oltre misura per un successo e si deprime inconsolabilmente per un insuccesso.

nevrosi da sport

La nevrosi da sport è una condizione patologica che, nel tempo, può portare a un vero e proprio rifiuto della pratica sportiva

Come si esce da una nevrosi da sport?

La risposta è semplicissima: ovviamente riconsiderando il rapporto con lo sport. La parola magica è divertimento. Se fare sport è peggio che un duro lavoro dal quale si aspetta una lauta ricompensa, prima o poi si crollerà perché la ricompensa, per un non professionista, sarà sempre piccola.

Un aneddoto personale – Nelle gare amatoriali spesso al via tutti schizzano come fulmini, controllano il proprio avversario, cliccano l’orologio. Ritengo significativo un episodio accadutomi anni fa durante lo svolgimento di una gara in circuito che prevedeva 4 passaggi davanti al traguardo. Al primo passaggio ero abbastanza indietro, ma sono riuscito ad apprezzare il mio cane che vedendomi passare scodinzolava e ho salutato mia moglie con un bacio. Mi importava relativamente chi avessi davanti. Poi gli altri sono scoppiati… Mentre li superavo mi accorgevo della loro immensa fatica, mentre tutto sommato anch’io faticavo, ma mi stavo divertendo. Qual è la lezione? Presto detto: impariamo a fare fatica divertendoci, non per un tempo, una posizione, un premio. Se manca il divertimento, il corpo, prima o poi, si ribella.

Un metodo molto semplice per distinguere fra sovrallenamento (sono una persona equilibrata che ha abusato un po’ troppo del suo corpo) e nevrosi da sport è quello di chiedere al soggetto: ma mentre ti allenavi duramente, ti divertivi?

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