Iponatriemia (anche iponatremia o, ma più raramente, iposodiemia) è un termine medico che indica che la sodiemia (o natriemia, dal termine latino natrium, sodio), ovvero il livello di concentrazione del sodio nel sangue, è inferiore a 135 mmol/L; ricordiamo che i valori normali di sodiemia vanno da 135 a 144 mmol/L; si tratta quindi di un tipico disturbo elettrolitico. In base alla gravità si distinguono tre forme di iponatriemia: 1) lieve (sodiemia compresa tra 131 e 134 mmol/L); 2) moderata (sodiemia compresa tra 126 e 134 mmol/L); 3) grave (sodiemia <126 mmol/L). Di fatto, l’iponatriemia riflette una condizione di eccessiva quantità di acqua rispetto al quantitativo totale di sodio contenuto nell’organismo. Tale problematica può verificarsi in condizioni nelle quali il quantitativo di sodio nei liquidi extracellulari è normale, aumentato o diminuito. Facendo riferimento alla volemia, ovvero al volume totale di sangue nell’organismo, si possono distinguere tre tipi di iponatriemia: ipovolemica, isovolemica (o euvolemica) e ipervolemica.
Si ha iponatriemia ipovolemica quando la perdita di sodio è relativamente maggiore rispetto alla perdita di acqua corporea totale (TBW, Total Body Water); si ha iponatriemia isovolemica quanto si verifica un aumento di TBW a fronte di un quantitativo di sodio pressoché normale, mentre si parla di iponatriemia ipervolemica quando si registra un aumento di TBW relativamente maggiore rispetto a quello del sodio.
In base alla rapidità di insorgenza si distingue poi fra iponatriemia acuta e iponatriemia cronica; la prima insorge in un arco temporale ≤48 ore, mentre quella cronica in un tempo >48 ore.
L’eventuale instaurarsi di meccanismo di compenso consente poi di distinguere fra una forma di iponatriemia senza segni clinici (spesso le forme lievi sono asintomatiche) e una forma di iponatriemia con segni clinici.
Iponatriemia – Cause
Le cause che portano a una condizione di iposodiemia sono numerose.
Iponatriemia ipovolemica – Può essere dovuta a perdite extrarenali oppure a perdite renali; tra le prime si possono ricordare le perdite di tipo gastrointestinale (vomito e diarrea) e le perdite del terzo compartimento (ostruzione del tenue, pancreatite, peritonite, rabdomiolisi e ustioni); le seconde possono essere dovute all’assunzione di farmaci a effetto diuretico, nefropatie con perdite di elettroliti, diuresi osmotica (diuresi provocata dalla presenza nel sangue di una sostanza che non può essere riassorbita dai tubuli renali e che per osmosi ostacola il riassorbimento dell’acqua), morbo di Addison ecc. La forma da perdite extrarenali è caratterizzata da valori di sodiuria (sodio nelle urine) <20 mmol/L mentre in quella da perdite renali si registrano valori di sodiuria >20 mmol/L.
Iponatriemia isovolemica – Le cause dell’iponatriemia isovolemica possono essere le terapie a base di farmaci diuretici, l’ipotiroidismo, deficit di glucocorticoidi, aumento del rilascio di vasopressina (ADH o ormone antidiuretico), la SIADH (sindrome da inappropriata secrezione di vasopressina) e polidipsia primitiva (sete intensa che induce il soggetto a ingerire notevoli quantità di liquidi); quest’ultima condizione provoca iponatriemia isovolemica nel caso in cui la quantità di liquidi assunti sia superiore a quella che viene persa tramite l’escrezione urinaria.
Vale la pena di spendere due parole sulla SIADH, una sindrome che fu descritta per la prima volta nel 1957 da Schwartz; essa rappresenta infatti la causa di circa il 40% di tutte le iponatriemie e, insieme al trattamento con farmaci diuretici tiazidici è una delle cause più comuni di iponatriemia nel soggetto adulto. Va innanzitutto premesso che la sede in cui l’ormone antidiuretico può essere neuroipofisaria o ectopica; in quest’ultimo caso la SIADH è solitamente dovuta a malattie neoplastiche (timomi, carcinomi del pancreas, carcinomi della vescica, carcinomi della prostata, linfomi ecc.); le cause che possono causare un’inappropriata secrezione di ormone antidiuretico da parte della neuroipofisi sono molte fra cui vari tipi di tumore o patologie infiammatorie. Sono molti anche i farmaci che possono dar luogo a SIADH, o perché aumentano il rilascio di ADH (carbamazepina, aloperidolo, antidepressivi triciclici, inibitori del re-uptake della serotonina ecc. ) oppure perché incrementano la sensibilità recettoriale all’ormone (ciclofosfamide, clorpropamide, FANS ecc.). Va anche ricordato che l’età avanzata può, in sé, determinare SIADH; nelle persone anziane infatti può verificarsi molto spesso una disregolazione dei meccanismi di secrezione dell’ADH. Le manifestazioni cliniche del soggetto con SIADH, al di là dei fattori eziologici che l’hanno determinata, sono legate sia alla gravità dell’iponatriemia sia alla velocità con la quale si instaura il deficit di sodio.
Iponatriemia ipervolemica – In questo caso si assiste sia a un aumento del TBW sia a un incremento del sodio, ma l’aumento di TBW è relativamente maggiore di quello del sodio. Le cause di questo tipo di iponatriemia possono essere patologie quali la cirrosi epatica, lo scompenso cardiaco congestizio, la sindrome nefrosica (eventualità invero piuttosto rara ancorché possibile), l’insufficienza renale (sia acuta che cronica).
Segni e i sintomi di iponatriemia
La sintomatologia dell’iponatriemia è alquanto variegata; generalmente i sintomi si manifestano quando generalmente quando l’osmolalità plasmatica scende sotto i valori di 240 mOsm/kg (i valori normali variano fra 275 e 295), ma nel caso in cui i livelli di osmolalità subiscano un rapido decremento i sintomi possono essere avvertiti anche in presenza di valori più elevati.
In caso di sodiemia <120 mEq/L si possono avere convulsioni, emiparesi, coma e addirittura morte; in letteratura sono presenti anche sintomi quali edema cerebrale, lesioni demielinizzanti, erniazione delle tonsille cerebrali, anoressia, vomito, stanchezza, crampi muscolari, cefalea, difficoltà nella concentrazione, ottundimento, allucinazioni, incontinenza fecale e urinaria, insufficienza respiratoria ecc.
I problemi di tipo neurologico si presentano più frequentemente in caso di iponatriemia acuta rispetto al caso di iponatriemia cronica.
Terapia dell’iponatriemia
La terapia varia, ovviamente, in base alla causa scatenante.
In caso di una forma lieve (che può essere asintomatica) provocata da farmaci ad azione diuretica è generalmente sufficiente una riduzione o una sospensione della terapia. Se il problema è legato a un’eccessiva somministrazione di liquidi ipotonici per via parenterale è generalmente sufficiente una sospensione del trattamento.
Se l’iponatriemia è associata a ipotensione arteriosa e iperpotassiemia è opportuna una valutazione della funzionalità surrenalica e, nel caso in cui si sia di fronte a un quadro di insufficienza surrenalica, si può intervenire somministrando glucocorticoidi per via endovenosa.
In caso di iponatriemia ipovolemica associata a ipotensione si può intervenire somministrando una soluzione fisiologica con cloruro di sodio allo 0,9%.
In caso di iponatriemia grave si devono ridurre gli introiti di liquidi in modo considerevole.
Se l’iposodiemia è causata da scompenso cardiaco congestizio si interviene somministrando un ACE-inibitore e un diuretico dell’ansa (i diuretici dell’ansa sono una sottocategoria di farmaci diuretici utilizzati per il trattamento dell’ipertensione arteriosa (pressione alta) e dell’edema spesso causati dall’insufficienza cardiaca e dall’insufficienza renale), mentre in caso di SIADH si interviene riducendo l’apporto di liquidi.
Nei casi in cui non sia possibile effettuare una riduzione dell’apporto di liquidi e la causa sottostante non sia trattabile, la terapia consiste nella somministrazione di demeclociclina (un antibiotico batteriostatico appartenente alla famiglia delle tetracicline).
Quando l’iponatriemia è legata a una severa intossicazione da acqua oppure nel caso in cui i valori della sodiemia siano <115 mEq/L (iponatriemia grave) la scelta della tipologia di trattamento è oggetto di discussione fra i vari autori; non tutti concordano infatti sulle modalità (velocità di incremento della sodiemia, livello di restrizione idrica, impiego di soluzioni ipertoniche ecc.); determinati interventi infatti non sono scevri da effetti collaterali anche pesanti e ciò è alla base delle varie controversie.
Prognosi
La mortalità è decisamente più elevata nell’iponatriemia acuta che in quella cronica a causa degli effetti sul sistema nervoso centrale. Anche la presenza di patologie debilitanti sembra influenzare la sopravvivenza in caso di iposodiemia. Conseguentemente, la mortalità risulta aumentata quando l’iponatriemia è associata ad alcolismo, cirrosi epatica, scompenso cardiaco o tumori maligni
Iposodiemia e attività sportiva
L’iponatriemia è ritenuta una delle più gravi cause dei collassi legati alla pratica di attività sportiva. Solitamente l’iponatriemia conseguente ad attività sportiva è legata all’assunzione di liquidi – ipotonici e a scarso o nullo contenuto di sodio – effettuata per fronteggiare le perdite di sudore, normalmente ipertonico.
Molti casi di iponatriemia da attività sportiva sono relativi a gare (o allenamenti) di lunga durata (come per esempio maratone o le ultramaratone o i lunghissimi effettuati per la preparazione a tali competizioni); le donne sono maggiormente suscettibili al problema.
All’esame medico, l’atleta presenta solitamente una pressione arteriosa e una frequenza cardiaca nella norma; la temperatura rettale è inferiore ai 39 °C. Il livello di coscienza del soggetto si riduce quanto più il grado di iponatriemia passa da moderato a grave.
Nell’iponatriemia provocata da un’eccessiva ingestione di liquidi, il soggetto avverte una forte sensazione di gonfiore (le scarpe, il cronometro e gli anelli sembrano più stretti che all’inizio dell’attività); si registra inoltre un netto rialzo ponderale. Si possono però anche avere soggetti colpiti sia da iponatriemia che da disidratazione o da ipovolemia.
Nel caso in cui il soggetto sia iponatriemico è assolutamente necessario evitare di somministrare liquidi per endovenosa; si correrebbe infatti il rischio di un grave danneggiamento cardiaco e si potrebbe addirittura arrivare al decesso del soggetto.
Nel caso in cui l’atleta colpito da iponatriemia appaia disidratato e si ritenga che sia ipovolemico si può intervenire somministrando una soluzione salina per via endovenosa.
Per quanto riguarda le situazioni particolarmente gravi alcuni autori suggeriscono la somministrazione di soluzioni saline ipertoniche (3-5%) da iniettare in modo particolarmente lento (50 ml di liquido ogni ora) e tenendo l’atleta costantemente sotto controllo; come detto però nel paragrafo precedente, le modalità di intervento nei casi di iponatriemia grave sono oggetto di controversie.
Nel caso non si abbiano complicazioni, il quadro generale del soggetto migliora vistosamente nel giro di due o tre ore dagli interventi.
Come prevenire l’iponatriemia? – In linea generale si possono fornire alcuni consigli per evitare di generare una condizione di iponatriemia:
- evitare attività fisiche particolarmente intense quando la temperatura è eccessivamente elevata;
- evitare di coprirsi in modo eccessivo durante l’attività fisica;
- evitare di bere eccessive quantità di acqua prima o durante la gara o l’allenamento;
- bere soluzioni con un discreto contenuto di sodio.
Insomma, bere sì, ma… cum grano salis.
Per approfondimenti di carattere generale si consiglia la lettura dei nostri articoli: La ritenzione idrica nello sportivo, Gli integratori salini, Bere in maratona: la formula.