Come curare un infortunio? Abbiamo una diagnosi (fatta da un terapeuta scelto con cura, vedasi La scelta del fisioterapista e La scelta del medico sportivo), abbiamo capito le cause: è ora di scegliere le cure più appropriate. Dando un grande dispiacere a molti infortunati che ci leggono, occorre subito dire che non esistono cure miracolose, anzi, la maggior parte delle cure ortopediche ha un indice di efficienza bassissimo. In un infortunio rientrante, l’efficacia delle terapie antinfortunistiche si misura (o si dovrebbe misurare) con una formula molto semplice (E è l’indice di efficienza): E=1-TG/TR dove TG è il tempo reale di guarigione, mentre TR è il tempo necessario per guarire col solo riposo. Per esempio, una semplice peritendinite al tendine d’Achille richiede circa 15 gg. con il solo riposo assoluto; se si decide di curarla con la terapia x e il tendine guarisce in 10 gg., si può affermare che il rendimento della terapia è del 33% (0,33).
Poiché gran parte degli infortuni più comuni hanno ormai un tempo standard di guarigione (per esempio una contrattura da 3 a 7 gg. a seconda della gravità, un’elongazione da 7 a 20 gg. ecc.), è possibile realmente capire quali terapie sono efficaci e quali no.
I risultati – Purtroppo si deve rilevare che gran parte delle terapie ha un’efficienza molto bassa: idromassaggi, ultrasuoni, laser a infrarossi, ionoforesi ecc. sembrano essere semplicemente un insieme di palliativi con cui si fa scorrere il tempo sperando che sia proprio il riposo (tempo) a effettuare la guarigione. La stessa cosa è rilevabile anche per strumentazione più sofisticata e costosa, ma, se si analizzano i dati delle guarigioni, si scopre che per una percentuale di casi l’efficienza è altissima, cioè ci vuole pochissimo tempo per risolvere il problema. Senza entrare nel merito delle patologie si può concludere che:
- una terapia è veramente efficace se ha un’efficienza molto alta;
- una terapia con efficienza bassa può essere sostituita dal solo riposo.
L’ultima affermazione non vale ovviamente per i campioni per i quali anche un giorno recuperato può essere importante; per gli amatori il costo delle cure quasi mai vale il reale tempo guadagnato (che a volte è nullo).
Le terapie si possono raggruppare in insiemi creati in base alla loro efficacia.
Le terapie self sono quelle che l’atleta può applicare da sé, soprattutto per valutare la gravità dell’infortunio. Se un dolorino passa completamente con un paio di giorni di antinfiammatori non era grave, ma se permane, allora è opportuno sospendere gli antinfiammatori e rivolgersi al terapeuta.
Le terapie soft sono tutte quelle terapie a efficienza bassissima che è bene evitare e contraddistinguono in negativo il terapeuta che le propone entusiasticamente.
Le terapie hard sono quelle con indice di efficienza decente (ma anch’esse, generalmente, non fanno miracoli) e che in genere sono prescritte da terapeuti di alto livello.
Le terapie out sono quelle che NON sono terapie, anche se alcuni terapeuti vorrebbero farle passare per tali.
A causa della bassa efficienza di molte terapie, della difficoltà di trovare terapeuti validi, del costo eccessivo di cure spesso inutili ecc. si scopre che la terapia migliore è il riposo.
Il riposo sportivo è d’obbligo ogni qualvolta ci sia un infortunio di media gravità.
È possibile correlare ogni patologia con un periodo di Stop.
Il periodo di Stop deve considerarsi propedeutico a ogni cura hard, quindi è immediatamente successivo alla diagnosi. Per ogni patologia può essere definito un periodo di Stop opportuno; per esempio nel caso di fascite plantare il periodo di Stop è di 20 gg.; in tale periodo l’atleta si astiene da ogni “prova sul campo”, il riposo è totale. I casi più leggeri di fascite guariscono, quelli più gravi dopo 20 giorni no.
Il terapeuta capirà la gravità della situazione proprio dal fatto che 20 gg. di riposo non hanno sortito effetto e agirà di conseguenza.
Da non fare!
Interrompere il periodo di Stop con prove più o meno effimere. Ogni prova riazzera il contatore della guarigione, spesso riportando l’atleta nelle condizioni iniziali.
Con prove ripetute un infortunio potrebbe non guarire mai.
Iniziare il periodo di stop sportivo e ottenere una diagnosi precisa, fatta da personale qualificato, possibilmente supportata da esami opportuni.
Parallelamente alla diagnosi, si devono indagare le quattro cause principali per evitare le recidive.
Con la diagnosi il terapeuta deve fornire al runner una prognosi e le terapie. Queste vanno distinte in terapie per la guarigione che tendono a riportare il soggetto al pari di un sedentario senza problemi e terapie anti-recidive che tendono a evitare recidive una volta ritornati in attività, come la fibrolisi in caso di distrazione muscolare, il potenziamento, l’uso di plantari.
Con queste informazioni, il runner può decidere di utilizzare il solo riposo sportivo, di abbinare terapie con un buon indice di efficienza, di adottare le misure atte a evitare le recidive (terapie o variazioni nella sua attività sportiva).
Ripresa cauta (GO) – La ripresa deve essere cauta, secondo un protocollo standard. Ogni presunzione può essere punita con una recidiva della patologia.