Alcuni lettori ci hanno chiesto esplicitamente un articolo che affrontasse l’argomento favismo* e corsa; questo sia perché sull’argomento non si trova poi molto in Rete sia perché sulla questione sembra esserci una certa confusione. Le domande che i runner fabici (ma, più estensivamente, potremmo parlare anche di sportivi fabici) si pongono sono le seguenti: posso praticare la corsa? E se sì, quanto tempo può durare una seduta di allenamento e a che livello di intensità è possibile svolgerla? La risposta alla prima domanda trova concordi tutti gli autori: chi è affetto da favismo può praticare la corsa; anzi, la pratica dello sport è caldamente consigliata in quanto, oltre al principale vantaggio attribuito all’attività fisica, vale a dire la riduzione del rischio cardiovascolare, si ha il beneficio del potenziamento del sistema immunitario, fattore importante per tutti, ma a maggior ragione per i soggetti fabici, statisticamente più suscettibili a infezioni virali e altri tipi di patologie.
La questione si complica quando si arriva a parlare della durata della seduta di allenamento e dei livelli di intensità.
Molti autori, infatti, consigliano ai soggetti affetti da favismo di effettuare un’attività fisica a intensità medio-alta per non più di 45-50 minuti; altri, addirittura, raccomandano invece di non superare livelli di bassa o media intensità.
Queste indicazioni troverebbero la loro principale motivazione nel fatto che nei soggetti affetti da favismo, la pratica dell’attività fisica indurrebbe una diminuzione delle riserve di glutatione ridotto arrivando a livelli insufficienti ad assicurare un’adeguata protezione dallo stress ossidativo. È per questo che ai soggetti fabici che vogliono praticare attività fisica viene anche raccomandata l’assunzione di integratori alimentari ad azione antiossidante. Questa raccomandazione però cozza con il fatto che nei soggetti fabici è controindicata l’assunzione di vitamina C come integratore (anche se è ritenuta un antiossidante).

La fava è l’alimento simbolo del primo maggio nella tradizione romana
Altri si chiedono però se tali indicazioni (a supporto delle quali si citano per esempio casi di atleti che, non sapendo di essere fabici, hanno riscontrato, dopo competizioni ad alti livelli di intensità protrattesi per più di 90-120 minuti, urine di colore scuro, segno di emolisi) non siano eccessivamente prudenziali e dettate da un atteggiamento simile a quello molto restrittivo che caratterizzava i medici che raccomandavano ai soggetti asmatici di evitare la pratica di attività sportive.
In effetti, alcune ricerche pubblicate relativamente di recente (2006, 2010) sembrano essere più aperte sia sul fronte della durata delle sedute di allenamento, sia su quello dell’intensità dell’attività sportiva; da questi studi, infatti, emergono indicazioni sul fatto che i soggetti affetti da favismo sono in grado di effettuare allenamenti a intensità medio-alta senza che lo stress ossidativo risulti più elevato rispetto a quello registrato nei soggetti non fabici.
Quale delle due posizioni è dunque quella giusta? Quella prudenziale o quella possibilista? La risposta sta in un documento (2018) redatto dalla Società Italiana Talassemie e Emoglobinopatie, da 9 specialisti del settore:
Il deficit di G6PD è presente anche nei miociti. Pur esistendo segnalazioni di mioglobinuria in pazienti G6PD carenti, test di confronto tra soggetti G6PD enzimopenici e G6PD normali sottoposti ad una serie di esercizi fisici strenui, con torsione muscolare isometrica, tali da causare un certo danno muscolare, non ha evidenziato differenze tra i due gruppi di soggetti nei molti parametri studiati. Inoltre, un maratoneta, dopo una lunga carriera si è scoperto G6PD enzimopenico. Al momento attuale non ci sono quindi motivi di limitare l’attività sportiva di soggetti G6PD enzimopenici.
* Il termine corretto è enzimopenia G6PD; il termine favismo deriva dal fatto che la crisi emolitica da ingestione di fave è la manifestazione clinica più nota. Il favismo è un a rara patologia genetica ereditaria che ha alla sua base un deficit dell’enzima G6PD (glucosio-6-fosfato deidrogenasi) e l’instabilità del glutatione ridotto (il glutatione è una combinazione di tre aminoacidi: cisteina, acido glutammico e glicina). Un soggetto affetto da favismo è detto fabico. In soggetti predisposti provoca un’emolisi acuta (distruzione dei globuli rossi) con ittero.