Provate a cercare la definizione di doping in Google. Gli articoli nelle prime posizioni danno tutti già per scontato che si sappia cosa sia. Solo qualcuno prova a buttar lì una definizione: “il doping è l’uso (o abuso) di sostanze o medicinali con lo scopo di aumentare artificialmente il rendimento fisico e le prestazioni dell’atleta”. Ma uso o abuso? E che significa “artificialmente”? Notate che la definizione data calza perfettamente anche per molti integratori e quindi come tale non vale (scientificamente) nulla. In letteratura sono state tentate diverse e forse troppe definizioni, ognuna delle quali crolla (nel senso che ha eccezioni evidenti) come quella di Wikipedia. 1) Le sostanze lecite devono essere prese per bocca – Se ciò fosse vero, un atleta che per gareggiare si fa fare un’iniezione antidolorifica oppure un atleta che effettua una cura ricostituente con iniezioni sarebbero esempi di atleti dopati. 2) Le sostanze devono essere proteine, grassi, carboidrati, vitamine o minerali o alimenti normalmente consumati dall’uomo e non devono essere ormoni o avere un effetto di tipo ormonale – Se il caffè rientra in questa categoria perché prendere venti caffè deve essere considerato doping? Se non vi rientra, anche un caffè preso per svegliare l’organismo deve essere considerato doping. Inoltre risulta difficile considerare doping la pillola anticoncezionale che non è altro che una combinazione di ormoni. 3) Devono essere alimenti consumati da millenni dall’uomo – Ovviamente molti farmaci come l’acido acetilsalicilico (la normale aspirina) dovrebbero essere considerati doping. Idem dicasi degli antistaminici, degli antibiotici ecc. 4) Non devono esistere sospetti di tossicità acuta o cronica – Il “sospetto” di far male alla salute non è scientifico, né morale: dal punto di vista etico equivale a tenere in carcere una persona perché c’è il sospetto che sia colpevole. Ciò che può essere sospetto per uno studioso può essere certezza per un altro. Si pensi alla vitamina E: per alcuni è lecita e consigliabile un’integrazione di 800 mg, per altri tale dose può produrre spiacevoli effetti collaterali. 5) Non devono essere sostanze assunte per migliorare la prestazione – È questa la posizione più estrema, ma anche la più assurda. Poiché bere durante una maratona mi permette di migliorare il mio tempo finale, anche l’acqua diventa una sostanza dopante! 6) È doping l’assunzione di sostanze che porti i parametri fisiologici dell’atleta al di fuori degli intervalli di normalità. Qualunque sostanza fa bene o fa male a seconda della quantità che se ne assume; un’integrazione di ferro che porti la sideremia a 200 o i depositi di ferro (ferritinemia) a cinque volte quelli normali deve essere considerata doping, anche se non migliora sicuramente le prestazioni rispetto a un’integrazione corretta. Così l’uso di un farmaco che innalzi qualche parametro al di fuori della soglia di normalità deve essere considerato doping perché, anche se non migliora la prestazione, pone l’atleta in condizioni potenzialmente pericolose. Purtroppo il limite di questa definizione è che molti atleti userebbero sostanze “sospette” proprio per arrivare ai limiti fisiologici (per esempio avere l’ematocrito a 50).
Attualmente nella lista antidoping sono presenti sostanze che sono coinvolte nel miglioramento della prestazione e che, nelle quantità indicate, si sospetta abbiano effetti collaterali pesanti.
Purtroppo non c’è accordo sugli effetti collaterali che il più delle volte dipendono dalle quantità assunte. in altri termini, se prendo uno spray nasale al cortisone risulto positivo, ma è praticamente impossibile dimostrare che “faccia male alla salute”: se così fosse, perché sarebbe addirittura usato come farmaco?
Inoltre nelle liste antidoping sono inserite anche sostanze mascheranti sostanze proibite (come i diuretici), cioè sostanze che poco c’entrano con la prestazione, ma servono per nascondere ai controlli antidoping altre sostanze. Sull’assurdità di questo punto si veda il punto 5 del paragrafo finale.
Doping o farmaci?
Molte sostanze nella lista antidoping sono a tutti gli effetti farmaci e risulta molto difficile dimostrare che un loro uso sotto controllo medico per un tempo limitato sia dannoso alla salute. Per esempio la somatotropina (nanismo, osteoporosi, impotenza, ipogonadismo, stanchezza), l’insulina (diabete mellito di tipo 1), il testosterone (utilissimo contro osteoporosi, impotenza, ipogonadismo, stanchezza, anemia, diabete mellito tipo 2), l’eritropoietina (contro alcune forme particolarmente gravi di anemia e le paralisi da trauma spinale, nonché per la preparazione a importanti interventi chirurgici).
Addirittura il DHEA è stato ampiamente pubblicizzato come possibile ormone della giovinezza e negli Stati Uniti e in altri Paesi è venduto senza ricetta medica; perché considerarlo doping se assunto da un atleta di 35 anni, mentre se ne consiglia l’assunzione (sotto controllo medico; gli effetti positivi sono comunque tutti da dimostrare) per rimanere giovani, proprio dai 35 anni in su?
Non parliamo poi dei cortisonici, assunti da milioni di persone.
I vari tipi di doping e la loro “durata”
Attualmente il doping è di tipo chimico, essendo il doping genetico, per ora, fantascienza. Esistono tre grandi campi d’azione:
1) L’aspetto mentale – Si tratta di sostanze che dovrebbero migliorare la prestazione, migliorando la forza e la resistenza mentale del soggetto. Mentre per quanto riguarda la memoria nessuna sostanza è in grado di migliorarla significativamente, per quanto riguarda concentrazione, attenzione, determinazione ecc. gli stimolanti (per esempio le anfetamine) possono essere di qualche aiuto; non a caso, la caffeina, nella dose di circa sei tazzine di caffè, è considerato doping.
Si tratta di sostanze molto poco efficienti nel miglioramento della prestazione perché gli effetti sono molto soggettivi e possono essere anche in controtendenza (per esempio un’eccessiva eccitazione che può tradursi in ansia, scoordinamento motorio ecc.). Inoltre la durata dell’effetto di queste sostanze è molto breve per cui è abbastanza facile scoprirle con test post-gara.
2) Resistenza – Si tratta di sostanze (la più famosa è la già citata eritropoietina) che migliorano la resistenza del soggetto, aumentando, per esempio, la quantità di globuli rossi nel sangue. Vengono rilevate non oltre 7-8 giorni dall’assunzione e il loro effetto può perdurare (rispetto alle condizioni normali dell’atleta) per diverse settimane, per cui sono necessari controlli a sorpresa per identificare chi usa in modo più scaltro questa forma di doping.
3) Forza – Si tratta di sostanze che migliorano la forza, aumentando non solo la massa muscolare, ma anche i processi energetici coinvolti nel meccanismo anaerobico alattacido. In quest’ultimo caso (creatina) esistono dosi massime (un po’ come per la caffeina) consentite e la durata di un’eventuale forma di doping è molto limitata nel tempo. Più critico è l’uso di ormoni anabolizzanti. In effetti, non è semplice descrivere l’efficacia di queste forme dopanti.
Se usate su adolescenti (con effetti probabilmente devastanti) possono alterare la crescita del soggetto e quindi avere un effetto duraturo, stabile; esistono per esempio genitori che hanno sottoposto i loro figli (del tutto normali) a cure con ormone della crescita per dar loro un corpo da futuro campione! Gli anabolizzanti possono indurre una formazione di cellule muscolari che altrimenti non ci sarebbe stata; in altri termini, aumentano il numero di fibre muscolari.
Se usate su donne (anche adulte, ma, se adolescenti, vale il punto precedente), è abbastanza facile orientare un corpo femminile verso una mascolinità che assicura effetti molto lunghi nel tempo.
Il caso meno “facile” è quello di un uomo adulto; poiché non si può indurre la crescita di nuove fibre muscolari, si deve ricorrere al fatto che l’anabolizzante riesce a far crescere quelle che già ci sono. Gli effetti possono perdurare a lungo nel tempo (tipicamente diversi mesi) se l’atleta riesce ad allenare “al massimo” i muscoli così “cresciuti”.

Quanto fa guadagnare il doping?
I controlli antidoping
Attualmente esistono due forme di controlli antidoping, quelli post-gara e quelli a sorpresa.
Nel nostro Paese, come si evince dal documento Norme Sportive Antidoping, il CONI è “l’ente nazionale al quale compete la massima autorità e responsabilità in materia di attuazione ed adozione del Programma Mondiale Antidoping WADA (World Anti-Doping Agency, Agenzia Mondiale Antidoping; N.d.R.) ivi comprese la pianificazione e organizzazione dei controlli, la gestione dei risultati dei test e la conduzione dei dibattimenti“.
Il controllo antidoping (previsto o meno che sia) può essere effettuato “in competizione” oppure “fuori competizione”; nel primo caso la scelta dell’atleta da sottoporre a controllo può avvenire sia basandosi sul piazzamento ottenuto sia in base a un sorteggio.
La raccolta del campione da sottoporre a controllo è una fase estremamente delicata in quanto può essere facilmente oggetto di contestazioni. Le procedure da seguire per effettuare correttamente un controllo antidoping sono molte e particolarmente complesse (e, come se non bastasse, anche molto costose). Una volta raccolti i campioni, questi devono essere trasportati al laboratorio autorizzato all’effettuazione delle analisi. Il personale incaricato di ricevere e catalogare i campioni (che vengono conservati in celle frigorifere) non può essere impiegato nelle successive fasi delle analisi.
Si arriva poi alla fase dei procedimenti analitici (che sono più di uno e vengono condotti in parallelo) che sarà seguita dalla stesura del certificato di analisi e dalla trasmissione dei risultati che sono stati ottenuti. Nel caso in cui il campione analizzato risulti positivo, le analisi devono essere ripetute in presenza dell’atleta e dei suoi legali e dei periti di parte.
Innanzitutto diciamo subito e chiaramente che:
un ronzino non diventerà mai un purosangue.
Questo è forse il punto su cui i media sono più diseducativi. Pompando l’effetto doping, lasciano intendere agli atleti che con il doping si può arrivare ovunque. Con tale conclusione non si fa altro che stimolare l’attenzione verso le sostanze proibite che possono spalancare le porte alla ricchezza. Il tutto è poi amplificato da allenatori e atleti che spiegano ogni sconfitta con il sospetto che il vincitore abbia fatto ricorso a sostanze proibite.
Il caso di Ben Johnson (Olimpiadi di Los Angeles, 1984) può essere d’esempio: se con il doping corro i 100 m in 9″8, mentre senza li corro in 10″1, il miglioramento (3 decimi) è sensibile a livello mondiale, ma è del tutto ininfluente a livelli locali; per un ragazzo che a 22 anni corre i 100 m in 11″5 non c’è doping che tenga: le Olimpiadi non le vedrà nemmeno con il binocolo!
Studiamo ora gli effetti delle varie classi di sostanze.
Anabolizzanti – Per gli uomini, il guadagno in resistenza è nullo (si legga anche l’articolo Anabolizzanti e resistenza), per le donne vale il discorso fatto per gli ormoni mascolinizzanti. Poiché la corsa di resistenza sfrutta solo una percentuale (il 20% nella maratona) della forza massima, la forza dell’atleta non è il collo di bottiglia del sistema. Se per un velocista sono fondamentali, per un fondista sono ininfluenti. Tra l’altro, il peso dei muscoli occorre portarselo con sé quando si corre.
Nel caso della forza, verificando la differenza fra i record mondiali di 50 anni fa e quelli odierni e le statistiche di atleti chiaramente dopati, si può stabilire che il guadagno sui 100 m va da uno a cinque decimi, a seconda dell’atleta, e non si può escludere che per alcuni l’aumento di massa muscolare sia addirittura controproducente perché, di fatto, può aumentare la lentezza del movimento).
Ormone della crescita e ormoni mascolinizzanti – Possono essere usati di fatto per trasformare “parzialmente” una donna in un uomo (più muscoli, meno grasso ecc.). Di fatto, poiché la differenza prestativa fra uomo e donna è di circa il 15%, è sensato pensare che il guadagno possa arrivare fino al 5%, senza che la femminilità venga completamente mascherata. Per esempio, circa mezzo secondo sui 100 m o 1’30” sui 10000 m.
Stimolanti ed eccitanti – Anche in questo caso la corsa di resistenza non trae nessun beneficio perché la resistenza alla fatica di prove che durano da 30′ a 2-3h non è correlabile con la riduzione del senso di fatica percepito. Se il soggetto percepisce meno la fatica, pigerà sull’acceleratore e il suo sistema andrà in crash. Guadagno: zero.
Corticosteroidi – Diminuiscono la percentuale di grasso corporeo e aumentano la resistenza alla fatica, consentendo allenamenti più intensi e quindi, in linea teorica (se l’atleta non si rompe), portano a un miglioramento della prestazione. Poiché gli effetti svaniscono se si cessa la somministrazione, gli effetti collaterali sono importanti nel caso di somministrazione di lunga durata, limitandone di fatto l’impiego. Guadagno: 2-3″/km nelle prove di resistenza.
Eritropoietina (e simili) – Sono il vero doping delle corse di resistenza, rimuovendo uno dei colli di bottiglia più importanti della prestazione: il trasporto dell’ossigeno da parte dei globuli rossi. Più globuli rossi ci sono e più ossigeno arriva ai muscoli. Il guadagno che deriva dall’uso di queste sostanze dipende dal valore iniziale dell’ematocrito. Un conto è dopare un atleta che già naturalmente ha l’ematocrito a 46 e un conto è farlo con uno che ha l’ematocrito a 40 (visto che si può arrivare fino a 50). Quindi in linea di principio alcuni atleti non hanno nessun giovamento da un doping di questo tipo. Numerose esperienze (come quella di atleti passati da un record di 2h17′ sulla maratona a tempi attorno alle 2h10′) indicano che il guadagno massimo è di circa 10″/km.
Siamo ormai da più quindici anni un sito di riferimento per la corsa amatoriale ed è giusto che i nostri visitatori conoscano la nostra posizione sul problema doping.
In sostanza siamo molto vicini agli sforzi che Sandro Donati fa da anni per combattere l’ipocrisia che c’è attorno al problema. Chi è interessato ad approfondire la sua posizione può leggere il suo bel libro Lo sport del doping. Chi lo subisce, chi lo combatte.
Scopo di questo articolo è di aprire gli occhi a molte persone che hanno approcciato il problema superficialmente o emotivamente. In particolare, al pubblico va bene l’apparenza, vuole emozioni, grandi campioni; dal canto loro, i media non aiutano a comprendere, anzi vogliono evitare di capire per non prendere posizioni scomode.
Invitiamo a riflettere tutti su questi punti:
1) I controlli antidoping post-gara scoprono veramente poco (infatti è necessario usare anche quelli a sorpresa); si sa che le analisi rilevano la sostanza non oltre 8 giorni dopo l’assunzione. In pratica, basta che gli effetti si mantengano per più di 8 giorni e per il giorno della gara il bilancio della pratica dopante resta in attivo.
2) Quello che non viene detto è che non esiste NESSUN mezzo di scoprire l’autoemotrasfusione, di fatto un doping ematico del tutto analogo, come effetti, a quello dell’eritropoietina (EPO). Per approfondire la questione si può leggere anche l’articolo Emotrasfusione e sport.
3) L’autoemotrasfusione ha semplicemente bisogno di una persona con un minimo di cultura medica e può essere quindi alla portata di tutti; negli anni ’80 del secolo scorso molti grandi campioni furono “chiacchierati” di averla praticata. Poiché non può essere scoperta, se si usa l’EPO (con cui teoricamente si rischia) il motivo è chiaro: anche con l’EPO le probabilità di essere scoperti sono piuttosto basse e l’EPO è molto più facile da gestire.
4) Alle Olimpiadi di Londra diversi atleti riammessi dopo una squalifica di doping hanno vinto una medaglia o vi sono arrivati vicino.
Ragioniamo: questi ora sarebbero puliti, 4 anni dopo essere stati beccati? Secondo logica, visto che la loro prestazione è equivalente, vorrebbe dire che il doping non funziona (cioè chi si dopa non bara) e allora perché tante storie per combatterlo (è tutto da dimostrare che i danni alla salute siano superiori a pratiche lecite come, per esempio, fumare 20 sigarette al giorno)? Oppure sono ancora dopati?
5) La giustizia sportiva usa criteri “illegali” che mai sarebbero accettati dalla giustizia ordinaria. Per esempio, nella lista antidoping sono compresi farmaci (diuretici) che non migliorano la prestazione, ma servono per “mascherare” il vero doping. Qui si va contro la presunzione di innocenza: come se per la giustizia ordinaria fosse lecito arrestare una persona che va in giro con una pistola (avendo il porto d’armi: i diuretici si acquistano normalmente in farmacia con una ricetta) accusandola di tentato omicidio perché “sicuramente” la sta portando con sé per attentare alla vita di qualcuno. Altra pratica illegale sono i ridicoli controlli a sorpresa (basta non farsi trovare e l’atleta risulta “non presente”). La pratica lede il diritto di uguaglianza fra gli atleti, visto che gli atleti sono decine di migliaia e i controlli ben pochi. Chi controlla le “sorprese”, gli atleti di rincalzo che inaspettatamente vincono una medaglia?
6) L’impressione è che nessuno voglia dire la verità, anche perché, se fossero scoperti tutti quelli che si dopano, lo sport chiuderebbe, con grave danno economico e coinvolgimenti diretti dei posti di lavoro (si pensi ad allenatori, medici, laboratori ecc.). Anche lo sport fatto “per vera passione” ne risentirebbe perché per praticarlo ci vogliono necessariamente le strutture e queste vengono costruite con i soldi ricavati dallo sport “importante” e molti giovani si avvicinano allo sport solo per emulazione del “grande campione”.
COMMENTI E MAIL
Siamo tutti dopati!
Ogni volta che c’è un caso di doping il solito ritornello sui valori sportivi, la delusione per il campione che è caduto ecc. Un copione un po’ stancante.
Se facciamo una rapida statistica scopriamo che, oggi come oggi, in certi sport o non si è presi o probabilmente si è abbastanza bravi da… non essere presi. Nel residence di Nizza dove risiedo abitualmente, il proprietario, persona intelligente e affidabile, mi raccontava che dopo l’Ironman le stanze erano piene di siringhe vuote e flaconi di medicinali usati. Sembrerebbe quindi che lo sport abbia perso la sua battaglia con il doping e che i moralisti abbiano di che lamentarsi.
In realtà io non mi scandalizzo più di tanto. Perché? Perché
è attualmente impossibile stilare una lista doping coerente.
Se non c’è la lista, ogni controllo appare ridicolo, una specie di sparatoria nel mucchio, con la speranza di prendere i pesci più grossi. Anche coloro che si scagliano contro il malcostume del doping non sanno proporre che controlli a sorpresa, elenchi dove si penalizzano persino sostanze innocue perché “potrebbero mascherare il doping”, limiti e margini operativi artificiosi, pene casuali che variano da sport a sport.
Insomma, una confusione che non fa onore all’atleta beccato, ma nemmeno a chi pretende di essere il morigeratore di turno.
Il titolo è chiaro: siamo tutti dopati. Perché ogni atleta nella ricerca della massima prestazione ha cercato un aiutino, magari da integratori che sembrano innocui, ma che possono fare comunque gravi danni perché ogni sostanza che fa qualcosa (altrimenti perché prenderla?) altera comunque gli equilibri del corpo umano e quindi ha effetti collaterali: persino l’acqua che si beve copiosamente e a volte scriteriatamente ai ristori delle maratone può provocare la morte (iponatriemia). Chi si sta scandalizzando, provi a stilare una lista coerente di sostanze e tecniche vietate. Fatto? Bene allora provate a superare questi test.
1) Avete messo l’eritropoietina, ma non il magnesio e il ferro? Ma come? Io sono carente di ferro (il mio corpo non produce abbastanza globuli rossi perché manca la materia prima) e posso prenderlo, mentre se sono carente di eritropoietina (il mio corpo non produce abbastanza globuli rossi perché manca la quantità dell’ormone) non posso assumerla?
2) Ah, l’EPO fa male. E il ferro? Sapete quanti atleti sono finiti con il fegato intossicato dal ferro preso in eccesso? Come si può sperare che minerali o sostanze fondamentali non abbiano nessuna controindicazione? Le sostanze nella lista doping farebbero malissimo?
E allora perché il servizio sanitario nazionale le passa (cortisonici, betabloccanti, diuretici, la stessa EPO nei casi di tumori o di grandi interventi chirurgici) per curare malattie comunissime?
3) Avete messo la nicotina? No? Ma se state stilando la lista in base a ciò che può far male all’atleta, dovreste considerare che tutti i calciatori che fumano sono dopati (e in effetti lo sono, visto che non riescono a smettere).
4) Avete messo anche l’ormone della crescita e magari il DHEA. Ma come? Negli USA vendono il DHEA come elisir di giovinezza per gli ultrasessantenni; in Svizzera lo si vende addirittura al banco, per rimanere giovani. Un sessantenne può prenderlo e un povero Ivan Basso no?
5) Fra le pratiche avete messo anche che è vietato per la gente di pianura oltrepassare i 1.800 m, a causa del probabile effetto sul sangue, del tutto simile a quello dell’EPO? No, perché è naturale? Ah già, il naturale non fa male. E allora perché avete messo nella lista doping il caffè (la dose doping è di circa sei tazzine) o la cocaina?
6) Sì, vi siete convinti che dire che una sostanza fa male o fa bene è molto semplicistico, bisognerebbe indicare anche la quantità della sostanza che si prende (è ovvio che se mi faccio un’autoemotrasfusione con una sacca di sangue posso avere problemi, mentre se la faccio con 10 cc del mio sangue sfido chiunque a dimostrare che è pericoloso); allora ragioniamo in termini di etica. Certe sostanze non si dovrebbero prendere perché significherebbe barare. Sì, lasciamo perdere la salute, ecco, non ci si deve dopare perché così facendo si bara!
E allora quali sostanze mettere? Mah, quelle toste: per esempio vietiamo gli ormoni (vi siete già dimenticati dell’esempio al punto 4…). Se uno prende un ormone e gareggia (il sessantenne che vuole rimanere giovane non lo facciamo gareggiare), allora è chiaro che vuole barare. Tutto chiaro, finalmente! Ah, no? Mi state dicendo che nel mondo ci sono milioni di donne che gareggiano e prendono la pillola che altro non è che una combinazione ormonale e che la mia trovata di escludere gli ormoni è di cartapesta?
Come vedete non è facile (comunque mandate le vostre liste, se ce la fate a superare i punti sopraccitati); quindi, perché ogni volta alzare un polverone? Perché, come direbbe un mio conoscente, tanto rumore per nulla? Mi sembra normale che nella confusione ognuno cerchi di approfittarne. Anziché condannare sarebbe meglio cercare di dissipare la confusione legislativa in materia. Per farlo si può cominciare con queste due cose:
- stilare elenchi e pene per sport. È francamente ridicolo che uno scacchista e un maratoneta abbiano la stessa lista antidoping (è così!) oppure che i tranquillanti siano trattati nello stesso modo per un arciere (dove evitare la tensione è fondamentale) e un calciatore.
- Diminuire drasticamente il numero delle sostanze dopanti, lasciando solo quelle che possono realmente migliorare la prestazione. Se uno prima di una maratona prende 27 caffè perché è convinto di andare molto più forte, vuol dire che è talmente idiota che è inutile tutelarne la salute.
Doping e gare amatoriali
I controlli antidoping sono presenti anche in gare amatoriali importanti, per esempio i campionati italiani; infatti può capitare che l’ultima arrivata di una gara femminile venga beccata perché ha assunto diuretici non per andare più forte, ma solo per perdere un po’ di liquidi!
Personalmente dubito fortemente che i controlli vengano effettuati con il primario scopo di tutelare la salute degli atleti. In realtà agli organi sportivi interessa solo tutelare la correttezza della manifestazione; se così non fosse (cioè se si interessassero alla salute), dovrebbero escludere dalle manifestazioni anche tutti coloro che hanno comportamenti contrari a un corretto stile di vita, per esempio coloro che fumano: il fumo, si sa, fa migliaia di vittime ogni anno.
1) Sicuramente fra gli amatori ci sono persone che si dopano, soprattutto ad “alti” livelli, tipo aspiranti al campionato italiano, a qualche maratona ecc.
2) Il doping è però rappresentato da farmaci che vengono normalmente somministrati alla popolazione.
3) Questo significa che i presunti danni da doping (nessuno parla di danno da farmaci!) sono comunque compresi negli effetti collaterali di tali farmaci. Poiché moltissimi farmaci vengono assunti inutilmente dalla popolazione, a mio avviso per la cura della propria salute non c’è nessuna differenza fra chi si dopa con l’EPO e chi assume per diversi anni della propria vita tranquillanti (o peggio) per dormire la notte o statine per controllare il colesterolo o farmaci per il controllo della pressione: è sì vero che una piccola percentuale della popolazione deve assumere questi farmaci perché la patologia è indipendente dallo stile di vita, ma per il 90% di chi li assume non è così. Che differenza fa fra doparsi per vincere una gara e fumare o assumere farmaci a vita per la pigrizia di non cambiare stile di vita? Per me moralmente è la stessa cosa. Quindi i controlli per la salute del runner sono solo fumo negli occhi quando poi si vendono sigarette e si prescrivono farmaci, la gran parte inutili in presenza di un buon stile di vita, ma comunque con gravi effetti collaterali.
4) Il controllo antidoping si fa (ed è giusto che si faccia) per la regolarità sportiva della manifestazione.
5) Fra gli amatori, almeno l’80% risulterebbe positivo se i controlli fossero frequenti come fra i professionisti. Si pensi a tutti coloro che soffrono di rinite o asma allergica e usano spray al cortisone, a chi usa diuretici, betabloccanti, prodotti contenenti stimolanti, magari in misura minima (spray all’efedrina). Molti di loro non sanno nemmeno di essere dopati. L’alternativa è andare alla gara parrocchiale muniti di documentazione medica che certifica i medicinali che “abbiamo dovuto prendere”. Questo mi sembra veramente ridicolo per una corsa amatoriale e francamente io mi asterrei, andrei a correre sull’argine.
Così facendo non si fa altro che lasciare la corsa in mano ai fissati, a coloro che si credono campioni e giocano a fare i professionisti, doping compreso.
L’alternativa è di smontare il doping togliendo importanza all’agonismo fra amatori: vinci una gara? Ti diamo una corona d’alloro.
Ti sembra poco per “tutti i sacrifici” che hai fatto per arrivare a questo “grandioso risultato”? Se la pensi così, non ami la corsa. Punto e basta.