Con tempo di esaurimento (talvolta abbreviato con TE) si fa riferimento al tempo in cui un soggetto arriva all’esaurimento delle sue risorse fisiche in una determinata prova. Molti preparatori atletici lo utilizzano frequentemente per valutare gli atleti degli sport di endurance, ma vi si ricorre anche nel caso di altre discipline sportive. Di solito si utilizza un cicloergometro oppure un tapis roulant e si fissa una velocità di crociera: per esempio si può dire che il tempo di esaurimento medio di un gruppo di atleti all’80% del proprio VO2max è di x minuti. Nell’esempio precedente, il riferimento a una percentuale del VO2max ha lo scopo di svincolare il tempo di esaurimento dalla prestazione del singolo soggetto; ciò è molto importante perché permette di studiarlo correttamente in relazione a parametri più oggettivi che vanno oltre la fisiologia individuale. Se lo sforzo è totalmente aerobico (diciamo per velocità paragonabili o inferiori a quelle di maratona), il tempo di esaurimento dipende sicuramente dalla quantità di energia che il soggetto riesce a immagazzinare sotto forma di carboidrati (cioè il glicogeno muscolare ed epatico) e dalla sua capacità di bruciare altri substrati energetici, lipidi e proteine. Dalla letteratura sportiva si sa che:
- la quantità di glicogeno è superiore nell’atleta allenato rispetto al sedentario (circa doppia);
- la quantità di glicogeno è superiore se è alta (almeno il 70%) la quota di carboidrati nella dieta (circa il 25% in più).
Sui dati assoluti non c’è totale accordo, ma si può supporre che per un sedentario siano presenti circa 280 g di glicogeno nei muscoli e 100 g nel fegato. Ammesso che il soggetto pesi 70 kg e non abbia che scarse capacità di bruciare grassi e/o proteine (non è allenato a farlo), con tutte le approssimazioni di un discorso divulgativo, in media esaurirà le scorte dopo 21 km.
Questo spiega perché, a prescindere da problemi meccanici, il runner che non abitua il corpo a bruciare i grassi incontra il famoso muro della maratona (il crollo improvviso che si manifesta dal trentesimo al trentacinquesimo chilometro ed attribuibile essenzialmente a due fattori: eccessiva velocità di gara nella prima parte e/o scarso allenamento).

Il tempo di esaurimento è utilizzato da molti preparatori per valutare le condizioni dell’atleta, in particolar modo di quelli di endurance
È possibile aumentare il tempo di esaurimento?
Esistono molte sostanze che promettono di aumentare il tempo di esaurimento, semplicemente fornendo altri carboidrati durante la gara oppure mobilitando fisiologicamente i grassi. Per esempio, la caffeina (3-6 mg per kg di peso corporeo) è in grado di aumentare il tempo di esaurimento del 20% di un atleta che pedala all’85% del suo VO2max al cicloergometro. Non a caso è inserita nella lista antidoping (si risulta positivi per dosi di circa 9 mg per kg, cioè circa sei caffè).
Queste sostanze ergogeniche (si definisce ergogenico un qualsiasi fattore esterno che sia in grado di determinare un miglioramento della performance fisica) sono uno dei tanti esempi di quella che nel sito definiamo seminformazione (si diffonde un concetto corretto sperando che il ricevente lo trasformi in un altro scorretto, ma molto accattivante, di solito favorevole a chi trasmette il messaggio originario) perché in genere le ricerche che le promuovono si esprimono come segue: “la sostanza X ha consentito al gruppo che l’ha assunta di pedalare il 10% più a lungo”.
Chi riceve il messaggio (non certo un cultore di fisiologia dello sport) interpreta la frase come “la sostanza X fa andare più forte”. In realtà ciò è vero solo in quei casi in cui l’esaurimento energetico è la principale causa del calo della performance (avere più benzina non fa andare più forte un’auto, ma la fa marciare più a lungo!).
Per esempio, la sostanza in esame non servirebbe per distanze fino alla maratona o per distanze come la cento chilometri dove solo il 30-35% dell’energia deriva dai carboidrati; potrebbe servire per quei casi di atleti non molto allenati che trovano il muro verso la fine di una 42 km e che grazie a X lo sposterebbero leggermente più in là.