Il test Conconi è un test relativamente semplice (rispetto ad altri test di laboratorio) e non invasivo (cioè non richiede prelievi di tessuti corporei) che serve a misurare la soglia anaerobica (SAN). Il test è stato presentato per la prima volta alla letteratura scientifica internazionale da Francesco Conconi e la sua équipe nel 1982; è un protocollo indiretto, cioè non misura la soglia anaerobica direttamente, ma permette di ottenere un risultato più o meno “valido”. La validità in ambito statistico può essere definita come la risposta alla seguente domanda: “Misura effettivamente quello che si prospetta di misurare?”. In altri termini: “Il test Conconi misura effettivamente la soglia anaerobica?”.
Misura diretta della soglia anaerobica
Il protocollo diretto per la misurazione della SAN richiede l’effettuazione di varie prove di 30′ in diverse giornate (in alcuni casi alternate da giornate di riposo) con prelievi di lattato ogni 5-10′. Senza addentrarsi eccessivamente nel protocollo, si capisce immediatamente come possa essere una misurazione difficilmente accessibile alla maggior parte degli atleti ed eccessivamente scomoda (si tratterebbe di “sacrificare” una settimana di allenamenti) anche per gli atleti di alto livello. Per questo motivo col passare degli anni sono nati protocolli alternativi (“indiretti“) effettuabili in una sola giornata.
Tra i test indiretti sono da ricordare i test incrementali (cioè nei quali la velocità viene incrementata step by step) che misurano parametri ventilatori, lattacidemia e parametri cardiaci (come appunto il test Conconi) o altri che si basano su valori fissi come il quoziente respiratorio, i livelli di lattato (2 e 4 millimoli) ecc.
Tra questi, il test Conconi è uno di quelli che hanno suscitato più interesse, ma allo stesso tempo ha anche ricevuto molte critiche:
- Validità: per valutarne la validità occorre confrontare i risultati (in termini di velocità per i runner o in termini di potenza per i ciclisti) con quelli ottenuti da protocolli diretti. La maggior parte degli studi non ha sancito la validità di questo protocollo per la misurazione della SAN [2-3].
- Non tutti gli individui ottengono la deflessione auspicata (condizione fondamentale per ottenere il risultato); inoltre l’intensità alla quale si verifica, cambia a seconda della durata e all’entità degli step, se questi sono troppo corti [1].
La “non validità” è comunque una delle caratteristiche principali di tutti i test indiretti per la misurazione della SAN; senza addentrarsi eccessivamente in questa problematica (alcuni autori indicano come la SAN non sia una barriera netta, quindi difficilmente individuabile),
oggi si è portati a utilizzare un test se questo è ripetibile (ovvero se è in grado di dare lo stesso risultato se eseguito nelle stesse condizioni, ovvero a poca distanza di tempo) e semplice da effettuare.
Se il test Conconi può essere considerato un protocollo veramente semplice, e pochi dubbi dalla bibliografia scientifica insorgono sulla ripetibilità, il secondo punto citato sopra (la mancata deflessione) sembra rappresentare una difficoltà nell’accettazione di questo test come valutazione di routine. Dal canto suo, Conconi si difende criticando i protocolli utilizzati in alcune ricerche, in quanto non sempre viene data sufficiente cura al riscaldamento e molte volte non sono utilizzati protocolli adeguati (in particolar modo quando si valuta la SAN nei ciclisti).
A quale velocità è correlata la deflessione (quando rilevabile) del test Conconi?
Dipende dalla durata degli step: se questi sono troppo brevi (200 m) è correlata alla velocità che si può tenere sui 3000 m per runner di medio livello [5]. Se gli step sono più lunghi la velocità di deflessione può essere correlata a distanze che si coprono anche in 40′-60′ dipendentemente dal grado di allenamento del soggetto.
Significato fisiologico della deflessione nel test Conconi
Conconi attribuì all’intensità della deflessione un significato fisiologico: quella velocità di corsa alla quale la produzione di lattato nei muscoli è superiore alla quantità che può essere smaltita, in altri termini la soglia anaerobica. In realtà, sarebbe ottimistico e semplicistico ipotizzare che il comportamento del cuore (evidenziabile tramite i battiti cardiaci) e la produzione di lattato (che avviene in altri muscoli) abbiano lo stesso andamento, in quanto sono influenzati da fattori in comune, ma anche diversi: ritorno venoso, attivazione adrenergica, pressione parziale di alcuni gas come ossigeno e anidride carbonica, lavoro muscolare ecc.
Il ruolo fisiologico del cuore è quello di rispondere all’esigenza di sangue da parte dei muscoli; il parametro che maggiormente risponde a questa esigenza è la gittata cardiaca (GC), ovvero la quantità di sangue che il cuore pompa in un minuto.
La GC è data dal prodotto della frequenza cardiaca (fc) moltiplicata per la gittata sistolica (GS; ovvero la quantità di sangue pompata a ogni contrazione del cuore).
GC = GS * fc
Aumentando l’intensità dell’esercizio, per incrementare la GC, aumentano sia la fc che la GS; in una recente ricerca [4] è stato visto che il valore massimo di GS si otteneva alla deflessione cardiaca (cioè quella evidenziabile con il test Conconi); oltre tale punto, la GS diminuiva. Nei soggetti in cui non si presentava la deflessione, la GS incrementava fino alla fine del protocollo, cioè presumibilmente fino alla frequenza cardiaca massima. Servono ulteriori ricerche, ma è presumibile ipotizzare che
la deflessione cardiaca rifletta (quando rilevabile) un comportamento cardiaco, più precisamente il valore di fc alla quale la GS ottiene il suo massimo valore.
Attualmente è difficile ipotizzare quali siano i motivi fisiologici di tale comportamento; tra i tanti, il più probabile è quello di prevenire un sovraccarico cardiaco. È da precisare che gli atleti di endurance presentano il decremento della GS a intensità maggiori (in relazione alla Vamax) rispetto ai soggetti non allenati.

Generalmente il test Conconi viene eseguito in pista, utilizzando un cardiofrequenzimetro per registrare la frequenza cardiaca
Conclusioni
L’utilizzo del test Conconi come protocollo di routine per tutti gli atleti non è consigliabile, in quanto non per tutti si presenta la deflessione. Ecco le possibili alternative:
- utilizzo della calcolatrice di Riegel: da una prestazione effettuata in maniera tatticamente corretta permette di accedere in maniera sommaria a una previsione (dopo un periodo di allenamento specifico) su una distanza diversa.
- Utilizzo di diversi test specifici per le rispettive distanze: vedi sezione Corsa.
- Aggiustamento del ritmo di gara in base ai ritmi che si riescono a tenere negli allenamenti specifici. In altre parole, data una tabella di allenamento, si modifica il ritmo gara in base alla riuscita o no dei ritmi teorici imposti nelle sedute specifiche.
N.B.: come si vede nei consigli soprariportati non si parla di soglia anaerobica. Essa rimane, infatti, un’intensità di esercizio puramente teorica; in altre parole è importante per la comprensione della prestazione e dell’allenamento, ma non per stilare i ritmi. Non rappresenta infatti una barriera netta oltre la quale il nostro organismo va immediatamente in crisi [2] come molte volte si è portati a credere; se si vuole calcolare la SAN esclusivamente a scopi statistici per un amatore è possibile ottenerla da una semplice formula.
Bibliografia
[1] Bodner ME, Rhodes EC. A review of the concept of the heart rate deflection point. Sports Med. 2000 Jul; 30(1): 31-46.
[2] Bonarrigo M, Sassi A. Dalla parte del ciclismo. Sperling e Kupfer Editori. 2004. Milano.
[3] Cazorla G. La valutazione delle capacità aerobiche. SDS N° 67 (Ottobre-Dicembre 2005) pag. 22.
[4] Lepretre PM, Foster C, Koralsztein JP, Billat VL. Heart rate deflection point as a strategy to defend stroke volume during incremental exercise. J Appl Physiol. 2005 May; 98(5): 1660-5. Epub 2004 Dec 23.
[5] Simoes HG, Denadai BS, Baldissera V, Campbell CS, Hill DW. Relationships and significance of lactate minimum, critical velocity, heart rate deflection and 3000 m track-tests for running. J Sports Med Phys Fitness. 2005 Dec; 45(4):441-51.