Quasi tutte le gare professionistiche in pista si risolvono allo sprint, ma ormai non è infrequente che tale soluzione interessi anche amatori che gareggino in pista o su strada. Lo sprint non è cioè visto come un modo per migliorare il proprio tempo finale (nel qual caso la tecnica può essere molto meno raffinata e basata solo sulle caratteristiche del soggetto), ma come arma per superare un avversario. Purtroppo molti runner “sprintano” senza cognizione di causa, con il solo scopo di staccare l’avversario. In realtà sarebbe opportuno riflettere e scegliere la giusta strategia. Per lanciare uno sprint esistono praticamente due soluzioni: lungo o breve.
Lo sprint lungo
Nello sprint lungo (per definizione superiore a 100 m) si deve sfruttare la capacità di produrre molta energia nell’unità di tempo con il meccanismo anaerobico. Infatti si suppone che i due atleti (per semplicità l’esempio è su due soggetti) arrivino alla fine della prova con una certa percentuale di lattato; a questo punto nel tratto finale si incrementa la velocità, incremento che può essere ottenuto con il meccanismo lattacido (quello CP come visto è ininfluente su volata lunga) che fornisce ulteriore energia. Si tratta di valutare la quantità di energia prodotta da A e da B con il meccanismo lattacido; tale quantità dipende dal livello di lattato che ognuno dei due atleti ha nei muscoli nel momento in cui uno dei due lancia la volata e da quanto è distante dal livello massimo che l’atleta riesce a sopportare per il tratto che manca. Tali caratteristiche sono individuali e dipendono dall’allenamento (oltre che dalla forza intrinseca dell’atleta). È ovvio che se B ha seguito A parlando tranquillamente mentre A sbanfa terribilmente già da metà gara, probabilmente B ha bassissime dosi di lattato, mentre A è ormai vicino al massimo, per cui in una volata lunga, anche se A è risaputo essere un velocista mentre B è un maratoneta, la volata la vincerà B. Questo per far capire che un buon parametro per giudicare l’esito della volata finale è dato da:
QS (Quoziente di sprint) = lattato massimo gestibile – lattato a inizio volata.
Notiamo come nel concetto di lattato massimo gestibile entrino tutte le componenti, comprese quelle mentali che in una volata sono importantissime.
L’impiombatura – Il concetto di QS indica anche come per ogni atleta sia importante conoscersi. Se si supera la soglia di lattato massimo gestibile, ecco che le gambe si fanno di piombo e la velocità crolla. La condizione ideale si ha cioè quando tale valore viene raggiunto in prossimità della linea del traguardo. La lunghezza della volata dipende quindi da come valutiamo il nostro QS:
- si prendono in esame le nostre condizioni;
- si cerca di capire l’avversario;
- si stima una velocità e una durata di volata tali da portarci al massimo lattato gestibile proprio sulla linea di arrivo.
Ovvio che se il nostro avversario ha un QS migliore perderemo comunque lo sprint.
Si potrebbe obiettare che in questa visione approssimata non si tenga conto di fattori importanti come per esempio la forza muscolare del soggetto. Questi fattori sono importanti, ma si traducono tutti in una produzione di energia lattacida che inevitabilmente innalzerà il valore di lattato muscolare dell’atleta. Se l’atleta arriva alla massima soglia gestibile è comunque spacciato.

Molti runner “sprintano” senza cognizione di causa, con il solo scopo di staccare l’avversario
Lo sprint breve
Se arriviamo alla parte conclusiva di una prova in cui il nostro avversario ha un QS migliore, siamo comunque battuti? Non proprio, esiste un’ultima possibilità: il meccanismo dei creatinfosfati (CP) per cui possiamo avere un surplus di energia negli ultimi 70 m circa.
Ecco perché per sprint breve si definisce uno sprint inferiore ai 100 m in cui l’atleta sfrutta soprattutto il meccanismo CP. Poiché tale meccanismo è indipendente dagli altri (aerobico e lattacido), ecco che un avversario che ci sovrasta negli altri due può essere carente nel CP (per esempio il meccanismo CP è molto buono negli ex-calciatori).
Se riteniamo che ai 300 m finali il nostro avversario abbia un QS migliore del nostro, non resta che sperare che mentalmente non abbia intenzione di tirare una volata mortale e ci porti ai 100 m finali. Qui arrivati si tratta di portarsi in posizione ottimale e poi lanciare lo sprint dai 70 ai 40 m dal traguardo.
Un errore tipico che commette il runner “decisamente più forte” è di portare agli ultimi 80-100 m un runner in condizioni cadaveriche. In vista della retta d’arrivo il cadavere richiama il suo CP, sprinta e ci saluta.
Se infine l’avversario ha sia QS sia CP superiori, l’unica soluzione appare scientificamente essere quella di un cecchino in prossimità dell’arrivo. Se scoperti, potreste però essere squalificati…