Qual è la giusta intensità dell’attività fisica? In molti giornali salutistici si continua a parlare di benefici dell’attività fisica, salvo poi scoprire che per attività fisica si intendono sedute di low-intensity training in palestra, mezz’ora di passeggiata al giorno o dieci minuti di cyclette da camera. In realtà, queste posizioni derivano dal desiderio di non scontentare i propri lettori, di solito molto poco sportivi. Se è vero che un sedentario che decide di fare sport deve iniziare con calma, è anche vero che il suo obiettivo deve essere un’attività fisica sufficientemente intensa. Storicamente possiamo citare alcune ricerche che hanno promosso lo sport ad alta intensità.
Lo studio di Harvard ha messo in evidenza che la differenza nel rischio di mortalità fra le persone che hanno svolto un’attività intensa e quelle che non l’hanno fatto è analoga a quella esistente fra le persone con un peso corporeo ideale e quelle in sovrappeso di almeno il venti per cento.
Dalla Germania un’altra (e conclusiva) ricerca precisa che, per quanto riguarda il rischio cardiovascolare, fra gli uomini l’attività intensa ha mostrato di avere un effetto positivo riducendo tutti i fattori di rischio. I livelli di colesterolo e trigliceridi, la pressione sanguigna, la frequenza cardiaca e il peso corporeo, sono tutti parametri influenzati positivamente da un’attività intensa.
Per quanto riguarda le donne, si è avuta una diminuzione della pressione del sangue, della frequenza cardiaca e del peso.
Per entrambi i sessi, un’attività blanda ha generato scarsi benefici e, in alcuni casi, nessuno.
Quindi il messaggio da trasmettere è questo: è abbastanza inutile svolgere un’attività sportiva blanda, spacciandola come attività fisica. Tutti coloro che sostengono il contrario (di solito si tratta di medici sedentari) sono clamorosamente smentiti da ricerche di massa, ricerche nelle quali non è possibile barare (diventano automaticamente scienza) proprio perché non è possibile scegliere furbescamente il campione.
Se volete convincervi ulteriormente di quanto detto basta far eseguire il test di Ruffier-Dickson a chi pratica attività blanda: i risultati sono deludenti, a riprova di una scarsissima protezione cardiovascolare.
Una ricerca relativamente recente (2005; Erasmus MC University Medical Center, Rotterdam) ha analizzato soggetti over 50 e la loro aspettativa di vita in relazione al tipo di attività fisica (nessuna-moderata-intensa). I risultati sono evidenziati nella tabella sottostante (i dati sono stati ricavati dal Framingham Heart Study).
Soggetti over 50 e aumento della loro aspettativa di vita in relazione al tipo di attività fisica
Gruppo | Attività moderata | Attività intensa |
Uomini | 1,3 | 3,7 |
Uomini senza malattia cardiovascolare | 1,1 | 3,2 |
Donne | 1,5 | 3,5 |
Donne senza malattia cardiovascolare | 1,3 | 3,3 |
1) L’attività moderata dà un aumento dell’aspettativa di vita nettamente inferiore rispetto a quella intensa.
2) Il dato del gruppo generale può stupire rispetto a quello del corrispondente gruppo sano (senza malattia cardiovascolare) perché risulta minore quello di quest’ultimo: 1,1 contro 1,3 o 3,2 contro 3,7 per gli uomini.
Ciò significa semplicemente che l’attività fisica serve anche a chi è malato di cuore, anzi, di più che a un soggetto sano. Non è vero che chi ha problemi cardiaci debba limitare l’attività sportiva (ovviamente si deve valutare caso per caso). Risulta pertanto ridicola la continua verifica tramite cardiofrequenzimetro del ritmo cardiaco in soggetti sani per “paura di esagerare”.
3) La forbice leggermente più ristretta fra uomo e donna si può spiegare con il fatto che comunque l’uomo svolge attività lavorative mediamente più pesanti e quindi la sedentarietà media globale delle donne è maggiore e migliore quindi il rendimento di un’attività moderata.

Qual è la giusta intensità dell’attività fisica? In molti giornali salutistici si continua a parlare di benefici dell’attività fisica, salvo poi scoprire che per attività fisica si intendono sedute di low-intensity training in palestra, mezz’ora di passeggiata al giorno o dieci minuti di cyclette da camera.
Se è importante vivere a lungo, è forse più importante vivere la parte finale della nostra vita in modo dinamico e il più possibile giovanile.
Un’attività fisica ad alta intensità e continua nel tempo contrasta l’invecchiamento a livello cellulare. Ricercatori della Saarland University di Homburg (Germania) hanno pubblicato sulla rivista Circulation una ricerca che mostra che la lunghezza dei telomeri (le sequenze di DNA che proteggono le estremità dei cromosomi e che tendono ad accorciarsi con l’età) nei campioni di sangue di un gruppo di sportivi professionisti è maggiore di quella dei telomeri di persone della stessa età e in buona salute, non fumatori (si noti lo sforzo dei ricercatori tedeschi di evitare l’ambiguità della ricerca prendendo in esame due campioni il più possibile simili, differenziati principalmente da un solo parametro).
Curiosamente molti organi di informazione hanno stravolto la ricerca, omettendo il fatto che nella ricerca si parla di “allenamenti intensi”, sostituiti arbitrariamente con una camminata di mezz’ora al giorno!
Lo studio tedesco ha confermato quello inglese della ricercatrice Lynn Cherkas, King’s College di Londra, che aveva sottolineato l’allungamento dell’aspettativa di vita, misurando la lunghezza dei telomeri. Cherkas aveva studiato 2.401 coppie di gemelli, mostrando che il fratello sedentario era biologicamente più vecchio di quello sportivo. La differenza di lunghezza dei telomeri tra chi praticava sport per almeno 3 ore e mezza a settimana e chi invece si muoveva al massimo per 16 minuti era di 200 nucleotidi che, in termini di tempo, equivale a dieci anni.
Gli scienziati tedeschi sono andati oltre, scoprendo che l’attività sportiva intensa e continuata attiva la telomerasi, un enzima che frena l’accorciamento dei telomeri nelle cellule esaminate (leucociti o globuli bianchi). Nello studio la perdita di telomero era particolarmente ridotta negli atleti più anziani che avevano fatto esercizio per molti anni.
Ricapitolando:
- serve a poco fare attività fisica a bassa intensità, tipo camminare per 30′ al giorno.
- serve a poco vincere le olimpiadi e non fare più sport.
Sport: alta o bassa intensità? – LA MAIL
Ciao Roberto, cosa risponderesti se una persona ti chiedesse “cosa si intende per allenamento medio-alto”? I km? L’intensità? La frequenza?
Per me è correre 5-6 giorni a settimana, con ripetute, con salite ecc. è anche cercare di fare 70-80 km a settimana. Per la mia amica e compagna di allenamento sono 3 allenamenti a settimana, più la gara per un totale di 40, max 45, km . Di più dice non ne regge. Ma per una persona che inizia a correre o che ha sempre fatto jogging? Ciao, C.
La risposta corretta si ottiene combinando le tre variabili di una seduta di allenamento: quantità, qualità, frequenza. Un allenamento medio-alto è tale se:
- comporta un minimo di 50 km a settimana (quantità);
- comporta almeno 3 allenamenti alla settimana (frequenza);
- comporta almeno una prova di qualità a settimana.
Da cosa sono fissati questi parametri? Da molte ricerche che dimostrano che, se si sta sotto, le variazioni indotte nell’organismo sono veramente piccole e la persona si discosta poco dai valori di un sedentario.
Alla tua amica che non regge: il non reggere può essere dovuto a fattori psicologici o a errori nell’allenamento (per esempio troppa qualità: se si tira sempre non si riesce ad allenarsi tutti i giorni). Del resto le manca poco: cosa sono 5-10 km in più alla settimana?
Una persona che inizia a correre non può per definizione allenarsi a medio-alta intensità, ma può arrivarci nel giro di sei mesi, un anno.
In chi fa jogging di solito manca la qualità (non tira mai) perché esistono jogger che escono anche 5-6 volte alla settimana percorrendo ben più di 50 km.