Il riscaldamento prima della corsa è un tema che deve essere affrontato in modo scientifico. Potrà sembrare eccessivo parlare di “riscaldamento scientifico”, ma in realtà non lo è perché il riscaldamento (noto anche come warm-up) è una parte fondamentale della seduta di allenamento e riveste una notevole importanza anche nella fase che precede un’eventuale competizione. Dai risultati di varie ricerche emerge che il riscaldamento previene gli infortuni molto più dello stretching. Una differenza fondamentale fra riscaldamento e stretching è che, se il primo viene eseguito male, non causa danni, al più è inutile, mentre lo stretching, se eseguito scorrettamente, può essere fonte di problemi. Per questo motivo, in questo articolo non si parlerà di stretching prima della corsa, rimandando agli articoli sullo stretching chi è interessato a inserirlo nel riscaldamento.
Riscaldamento prima della corsa: le due fasi
Il riscaldamento è solitamente suddiviso in due fasi: la corsa blanda (comunemente nota come riscaldamento) e gli allunghi.
Entrambe le fasi hanno una funzione fisiologicamente importante e devono essere un rito irrinunciabile prima di ogni allenamento (anche nel caso si debba eseguire un fondo lento, a prescindere dalla distanza; sono molti i jogger hanno la tendenza a effettuare uscite lunghe senza riscaldamento, ma ciò non è consigliabile) e di ogni gara.
La corsa blanda
La corsa blanda ha lo scopo di attivare i meccanismi energetici e di iniziare la predisposizione allo sforzo dell’apparato locomotore.
Non esiste un ritmo ottimale: ognuno deve eseguirla in pieno comfort. Non è raro vedere keniani a livello mondiale riscaldarsi correndo pianissimo e amatori correre (erroneamente) quasi a ritmo gara.
Importante è invece la durata: non deve essere inferiore ai 12′, ma è consigliabile arrivare a 20′-30′ soprattutto in occasione di competizioni. Anche la durata è soggettiva, ma il limite inferiore di 12′ è desunto dallo studio della curva di distribuzione dei dati individuali.
Gli allunghi
Gli allunghi sono, in realtà, il vero e proprio riscaldamento, il riscaldamento articolare sostitutivo dello stretching.
Deve subito balzare all’occhio la differenza con chi esegue sedute di lento iniziando con la corsa blanda e incrementando via via il ritmo. Con questo sistema non esiste un adattamento articolare. Se nella prima fase del lento esistono ostacoli o si è costretti a scarti improvvisi, curve, salti ecc. l’apparato locomotore non è ancora pronto ad affrontare la situazione; la cosa è tanto più vera quanto più il percorso del lento non è scorrevole.
Venendo al riscaldamento, occorre rilevare che realizzarlo con allunghi è per il runner la forma più naturale.
Gli allunghi non devono essere lattacidi per cui la loro lunghezza può essere di 80-100 m; il recupero fra un allungo e l’altro è un comodo ritorno al passo. Importante è la definizione del numero e la velocità a cui si corrono.
Devono andare da 4 a 8, a seconda dell’impegno che segue.
La velocità da tenere è la seguente:
- Primo allungo: 30″ più lento del ritmo dei 10000 m
- Secondo allungo: ritmo dei 10000 m
- Terzo allungo: ritmo dei 5000 m
- Dal quarto all’ottavo allungo: ritmo dei 1500 m.
Quattro allunghi è il numero minimo per avere un’attivazione neuromuscolare dopo il riscaldamento che comunque è bene finire in crescendo.
In questo modo si ottengono gli stessi scopi dello stretching (in totale con otto allunghi si arriva a 3′ circa di esercizio attivo) senza la possibilità di esagerare.
Chi ha imparato a fare veramente bene lo stretching può inserire gli esercizi fondamentali dopo il riscaldamento e prima degli allunghi.
Riscaldamento prima della corsa e caldo
Molti si chiedono se il riscaldamento sia utile anche quando la temperatura esterna è di 30°C o più. Sì, è fondamentale anche la prima fase, che può essere accorciata di qualche minuto (mai inferiore comunque ai 10′), facendo un numero maggiore di allunghi. Il motivo è che il riscaldamento deve attivare meccanismi fisiologici e psicologici che sono indipendenti dalla temperatura esterna; in altri termini, non serve banalmente per “riscaldare i muscoli” che sono già a temperatura corporea (37°C).

Il riscaldamento previene gli infortuni molto più dello stretching
Riscaldamento prima corsa e salute
Un’altra domanda molto comune è se i km del riscaldamento devono essere conteggiati o meno dal punto di vista salutistico (per esempio per arrivare a 50 km settimanali). La risposta non è scontata. Dal punto di vista del dimagrimento i km percorsi in riscaldamento contano sicuramente; discorso diverso per la protezione cardiovascolare. Per un atleta da 30′ sui 10000 m che si riscalda a 6′ km (cosa che può tranquillamente accadere almeno per la prima parte del suo riscaldamento) l’importanza cardiovascolare del riscaldamento è minima perché il ritmo è troppo blando (e la frequenza cardiaca non sale). Viceversa, quanto più l’atleta è meno prestativo tanto più il riscaldamento si avvicinerà comunque alla velocità che riesce a tenere su 10 km: un atleta che ha 55′ sui 10000 m spesso esegue il riscaldamento a 6’30”-7’/km che comunque è molto più vicino al suo ritmo gara di quanto lo sia quello del riscaldamento del nostro top runner. Da queste considerazioni, si può concludere che l’importanza cardiovascolare del riscaldamento è tanto maggiore quanto meno l’atleta è performante. Se per un atleta da 30′ è minima, per un atleta da 50′ è già molto buona.
La fisiologia del riscaldamento
Per una completa implementazione della parte pratica spiegata nei paragrafi precedenti si deve anche capire perché il riscaldamento è importante, cioè la teoria che sta dietro le indicazioni che tutti gli allenatori sono soliti dare.
Molti runner, anche di notevole valore, trascurano la fase di riscaldamento, pensando che sia uno spreco inutile di tempo/energia, oppure la utilizzano solo nei mesi invernali, per abituare il corpo al freddo. Altri invece la considerano una tecnica troppo evoluta, solo per i professionisti, e quindi la evitano perché convinti di andare troppo piano. Invece è importante capire che
il riscaldamento è una vera e propria fase di allenamento perché comporta variazioni fisiologiche in grado di migliorare la prestazione atletica.
Quindi il riscaldamento non dovrebbe essere trascurato, indipendentemente dalla velocità che siamo in grado di tenere e dalle nostre prestazioni. Le modifiche fisiche che avvengono nella fase di riscaldamento riguardano parecchi aspetti.
Processi metabolici coinvolti nella produzione di lavoro fisico
Si può osservare una diminuzione della produzione dell’acido lattico, un aumento dell’ossigeno estratto dal flusso sanguigno, l’aumento di impiego di acidi grassi invece del glicogeno muscolare per produrre energia [1]. Da tutto ciò deriva un miglioramento del metabolismo aerobico, una maggiore potenza sviluppata e anche un miglioramento dell’economia della corsa.
Per poter quantificare il miglioramento ottenuto nel metabolismo coinvolto nella produzione del lavoro fisico, si possono misurare alcuni parametri come il massimo consumo di ossigeno, la percentuale di acido lattico prodotto e la frequenza cardiaca. Quindici minuti di riscaldamento all’andatura di 6 minuti al km provocano un incremento di temperatura dei muscoli di oltre 3 °C, e ciò consente di duplicare o addirittura quadruplicare il massimo consumo di ossigeno nell’esercizio fisico successivo, permettendo di consumare una quota inferiore di ossigeno dal sangue e di produrre una minor quantità di acido lattico, a parità di sforzo.
Apparato muscolare
Si osservano un aumento di temperatura dei muscoli e un incremento del flusso sanguigno. La potenza sviluppata da un muscolo infatti è direttamente proporzionale all’aumento della temperatura corporea, in quanto diminuisce la viscosità dei muscoli, aumentano la velocità di trasmissione degli impulsi elettrici nervosi e la velocità delle reazioni chimiche alla base della produzione dell’energia nel muscolo. Infatti, aumentando la temperatura, diminuisce la capacità che ha l’emoglobina del sangue di legarsi all’ossigeno, quindi aumenta la capacità di rilasciare maggior ossigeno a livello muscolare. Ciò incrementa anche la quantità di ossigeno che il corpo è in grado di ricavare da un dato volume di aria, e quindi si ha un effetto benefico anche sulla respirazione.
Si deve osservare che occorre raggiungere un aumento di almeno due gradi centigradi prima di osservare questi fenomeni. Questo depone a favore di un riscaldamento di parecchi minuti (15-30 minuti).

Il riscaldamento è solitamente suddiviso in due fasi: la corsa blanda (comunemente nota come riscaldamento) e gli allunghi.
Apparato articolare e nervoso
Come effetto di un buon riscaldamento si ha un aumento di flessibilità e mobilità articolare e un miglioramento della trasmissione neuromuscolare. Se nel riscaldamento si inseriscono anche esercizi di stretching, si può migliorare l’escursione articolare, avendo effetti benefici su tendini, legamenti e tessuto connettivo. Sembra però che un riscaldamento a maggiore intensità abbia effetti simili allo stretching (Watson).
In generale gli studi propendono a sottolineare l’importanza di un riscaldamento effettuato per 15-30 minuti a una intensità non troppo bassa, ma tale da stimolare almeno la sudorazione.
Volendo simulare l’effetto del riscaldamento con bagni caldi o docce, si è visto che queste tecniche hanno un effetto pressoché nullo [2]. Quindi i miglioramenti indotti dal riscaldamento non sono solo legati all’effetto termico, ma anche a meccanismi di rilascio ormonale, che potenziano l’attività cardiaca, e agli effetti sull’apparato nervoso.
Bibliografia
[1] R. A. Robergs et al.: Effects of warm-up on muscle glycogenolysis during intense exercise. Medicine and Science in Sports and Exercise, 23. pagg. 37-41, 1991.
[2] F. Ingjer, S. B. Stromme: The effects of active, passive or no warm-up on physiological response to heavy exercise. European Journal of Applied Physiology 40: 273-282, 1979.