Una delle tipologie di runner più ricorrenti è quella del recordman. Se è vero che molte persone si avvicinano alla corsa, è pur vero che molte se ne allontanano, considerandola solo una parentesi della loro vita. Così facendo, perdono in brevissimo tempo tutti i benefici salutistici della running e, al più, resta solo qualche bel ricordo. È pertanto importante studiare le varie tipologie di runner per poter prevenire un eventuale abbandono dell’attività fisica e della corsa in particolare. Recordman è una parola grossa che evoca titoli mondiali, olimpici o prestazioni stratosferiche. Nel mondo amatoriale indica semplicemente il runner alla continua ricerca del miglioramento della propria prestazione, a prescindere dal valore assoluto di quest’ultima. Quando si inizia a correre, in genere prevalgono altri scopi, come la socializzazione con un gruppo di amici, il dimagrimento o la sensazione di benessere che può offrire l’attività fisica. Ben presto, però, ecco che compare un numero vicino a ogni nostra corsa, il tempo impiegato per percorrere una certa distanza o semplicemente il nostro solito giro nel parco.
Alcuni rifiutano questa interpretazione della corsa, arrivando persino a odiare l’orologio, mentre altri, a poco a poco, fanno della prestazione il fattore più importante nel loro rapporto con la corsa. Iniziano a “parlare da professionisti” con termini precisi, piani di allenamento ben strutturati, una determinazione invidiabile. E migliorano. Sono appunto nella fase del recordman.
Quanto dura la fase del recordman?
Può durare una stagione oppure dieci anni, dipende da quanto l’atleta diluisce il suo miglioramento. Poiché non è un professionista, esistono molte variabili su cui giocare per migliorare facilmente; limitandoci alle più importanti:
- il peso
- il numero di sedute settimanali
- la bontà dell’allenamento
- l’esperienza.
Un soggetto che dimagrisce nel tempo di 10 kg migliora di circa 25″/km; un atleta che passa da 3 a 6 sedute settimanali (ammesso che le regga fisicamente e di testa) migliora a spanne di circa 12-15″/km; un buon allenamento può far migliorare di un’altra decina di secondi al km; infine l’esperienza (soprattutto sulle gare lunghe) consente di fare un ulteriore piccolo passo.

Negli USA dal 1986 a oggi la media del tempo amatoriale dei maratoneti è crollata di 40’14″(per le donne 38’19”); anche in Italia il tempo medio dei maratoneti è in netto peggioramento, a riprova che prevale sempre di più la partecipazione e l’aspetto salutistici.
Questi miglioramenti possono sommarsi portando magari l’atleta a correre i 10000 m da 50′ a meno di 40′. Ciò, ripeto, può accadere in una stagione (soprattutto negli atleti più giovani che provengono da altri sport) o in una decina. In quest’ultimo caso, la determinazione dell’atleta sarà fortificata da un ulteriore plus psicologico: l’illusione di essere immortale, secondo la deduzione “miglioro, quindi non invecchio”.
Tale plus è spesso prolungato dal trucco della distanza: l’atleta continua ad allungare la distanza; in tal modo, il record è assicurato (bella forza, è la prima volta che corre la maratona!) e la psicologia da recordman soddisfatta. In questo allungamento della distanza non esiste nessuna comparazione fra i risultati, comparazione che porterebbe per esempio a scoprire che il tempo in maratona è sì il record, ma è decisamente pessimo rispetto al tempo sui 5000 m che l’atleta aveva ottenuto 5-6 anni prima.
Come si scopre il recordman?
Semplice. Fatto un record, pensa subito al prossimo. Frasi tipiche sono “l’appetito vien mangiando”, oppure “abbiamo fatto 30, facciamo 31” (scendendo sotto le tre ore in maratona). Niente di male, se queste frasi sono realistiche e non si basano invece unicamente sull’ambizione dell’atleta.
I pericoli del recordman
Il pericolo maggiore è rappresentato dalla mancanza di realismo del futuro che l’atleta si dipinge. Il recordman dovrebbe analizzare il suo ultimo record e verificare quali reali margini di miglioramento abbia, a prescindere da dove desidera arrivare.
Se, per esempio, è un over 40, ha una buona comprensione della gara, è ottimizzato come peso, si allena (bene) sei giorni alla settimana, il record precedente è stato ottenuto in condizioni ideali e in quell’occasione ha dato proprio tutto, le probabilità di ritoccare il proprio record sono obiettivamente minime, soprattutto se si desidera che tale ritocco sia decisamente significativo.
In generale, il recordman dovrebbe analizzare in modo oggettivo la sua situazione e il record appena conseguito ricavandone il corretto margine di miglioramento. Può darsi che tale margine sia troppo piccolo rispetto alle ambizioni, ma è sicuramente meglio conoscerlo che andare incontro a sonore delusioni.
Se non si hanno le capacità tecniche per autogiudicarsi, è opportuno rivolgersi a un allenatore che dia il suo parere disinteressatamente (cioè senza il miraggio di allenare a pagamento il runner). Spesso nel sito mi scrivono atleti che, dopo essere passati da 3h45′ a 3h30′ in maratona, mi chiedono “quando” arriveranno alle 3h. È scioccante il fatto che non considerino lontanamente la possibilità di non arrivarci mai perché ciò è al di fuori delle loro possibilità fisiche e/o esistenziali (a causa di limitazioni dovute al lavoro, alla famiglia ecc.).
In altri termini, il recordman dovrebbe essere in grado di motivare il suo prossimo record: posso migliorare di X perché…
In quest’analisi potrebbe accorgersi che non ne vale la pena: ricordiamoci che sfasciare una famiglia per allenarsi con 10 sedute settimanali ha senso solo se non si hanno figli e il coniuge è uno di quelli terribili.
L’evoluzione corretta
Se il recordman si accorge di essere giunto al capolinea può abbandonare la corsa, ma allora il suo non era amore per lo sport quanto uno dei modi con cui costruire l’autostima (un’autostima forte prescinde dal valore sportivo) e/o la propria visibilità sociale. Se è invece un vero sportivo può continuare a correre trasformandosi in wellrunner, pronto a correre fino alla fine dei suoi giorni per mantenere il proprio fisico nelle migliori condizioni possibili, contenendo fra l’altro gli effetti dell’invecchiamento.
La strategia post recordman
A chi ha deciso di non abbandonare, consiglio di leggere l’articolo La collinetta.