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Pliometria

La pliometria è una tecnica che è decisamente importante negli allenamenti di quelle attività sportive che necessitano di un aumento della forza reattiva, della forza elastica e della forza esplosiva; ne sono esempi la corsa veloce, i salti e i lanci dell’atletica leggera. Il termine pliometria è stato coniato nel 1975 da Fred Wilt, atleta e allenatore statunitense, per riferirsi ad alcuni esercizi che, fino a quel momento, erano definiti in modo piuttosto generico come “jump training””(allenamento al salto). Il concetto di pliometria è di fatto trattato nel nostro articolo Come aumentare l’elasticità, un pezzo che suscita sempre molto interesse nei nostri lettori, tant’è che appare opportuno chiarire ulteriormente i dettagli del semplice esercizio in esso proposto.

Pliometria ed esercizi pliometrici

Con l’espressione “esercizio pliometrico” si intende un esercizio  in cui la contrazione concentrica (cioè la contrazione in cui il muscolo si accorcia, come quello dell’avambraccio che porta verso la spalla un manubrio, mentre ricordiamo che è eccentrica la contrazione contraria in cui il muscolo si allunga, per esempio quando l’avambraccio allontana il manubrio dalla spalla) viene preceduta da uno stiramento dello stesso muscolo contratto.

Analizziamo il movimento che si compie quando si scendono le scale. Prima che la gamba appoggi sul gradino inferiore (con contrazione concentrica dei muscoli), i muscoli tesi vengono stirati dal peso del corpo. Secondo la fisica, il lavoro compiuto nello scendere il gradino è negativo perché il nostro corpo si porta a un’energia potenziale inferiore. Anche per coloro che non avessero familiarità con questi concetti, la logica suggerisce che il lavoro deve essere negativo perché “scendere” non implica nessun “guadagno”, anzi perdiamo un po’ di ciò che faticosamente avevamo conquistato durante la salita.

Questo lavoro negativo (a differenza che nel normale lavoro positivo in cui l’energia prodotta si trasforma in energia meccanica o in calore) fa sì che l’energia prodotta si trasformi parte in calore e parte in energia elastica che può essere utilizzata per compiere un lavoro positivo successivo.

Nell’esercizio del doppio balzo l’atleta è simile a una palla che rimbalza: il rendimento del rimbalzo dipende dall’altezza di caduta e dall’elasticità della palla. Si combinano perciò forza (che dipende dall’altezza di caduta che il soggetto riesce a gestire) ed elasticità (che dipende dalle strutture: muscoli, tendini e articolazioni).

L’altezza di caduta – Per capire perché l’altezza di caduta sia importante occorre ricordare che:

più la velocità della distensione muscolare è bassa e più si produce calore e meno energia elastica.

Se il soggetto non è in grado di gestire l’altezza (altezza eccessiva che provoca una mancanza di reazione di tipo elastico perché il soggetto frena la caduta per controllarla), l’unico risultato che otterrà è il sovraccarico termico di muscoli e tendini. A lungo andare verranno favorite le infiammazioni delle strutture interessate. Un forte saltatore in alto può gestire altezze di 80-100 cm, mentre un runner dotato di scarsa elasticità non dovrebbe superare i 30 cm. In ogni caso è opportuno iniziare con altezze veramente basse (10 cm) e, solo quando il gesto è sufficientemente veloce, alzarle con incrementi di 5 cm.

Il secondo balzo – In letteratura il secondo balzo è spesso verso l’alto. Questo vale per saltatori in alto e atleti dotati di una certa forza. Infatti:

la tensione del muscolo cresce in proporzione alla velocità con la quale viene stirato.

Questo significa che se il secondo balzo fosse verso l’alto, il gesto avrebbe la massima velocità perché l’atleta dovrebbe evitare ogni fase di appoggio troppo lunga. Se invece si impiega l’energia elastica immagazzinata durante il primo balzo per saltare in avanti, la fase di appoggio può essere leggermente più lunga e si diminuiscono le tensioni muscolari.

La quantità – Come spiegato, il doppio balzo deve essere eseguito n volte per X serie. Se per un principiante n e X devono essere bassi (per esempio 2), a regime n può arrivare fino a 8 e X può arrivare fino a 4. È importante notare che il recupero fra le serie deve essere di circa 10′. Il recupero è tanto più importante quanto più l’atleta è preparato. Infatti, un atleta molto elastico raggiungerà tensioni notevoli e il recupero fra una serie e l’altra serve proprio per eliminare le tensioni muscolari. Fra una serie e l’altra è quindi importante ricercare il massimo rilassamento (sdraiarsi o sedersi, eventualmente con gli arti appoggiati in alto).

L’esecuzione – L’atleta deve partire completamente decontratto (quindi parte in piedi non accosciato!), contraendo i muscoli al massimo un attimo prima dell’urto sul terreno (questo è un gesto comunque istintivo). La caduta deve avvenire sugli avampiedi. Mentre nell’esecuzione classica di secondo balzo verso l’alto i talloni non vengono usati, con l’esecuzione modificata con balzo in avanti può esserci un loro minimo contributo. Le articolazioni di caviglia, ginocchio e anca devono essere bloccate durante l’urto con il terreno. Il rimbalzo, per quanto detto circa la velocità della distensione muscolare, deve essere immediato.

Pliometria - esercizi

Pliometria è una parola che deriva dal greco e che può essere tradotta pressappoco con l’espressione “aumentare la misura” (pleos=più e metros=misura)

Attenzione agli errori

Se si sceglie l’altezza corretta e si esegue correttamente l’esercizio, gli unici problemi possono derivare da un riscaldamento non ottimale o da una scarsa coordinazione del soggetto. In genere questa si ha quando l’atleta si sopravvaluta e sceglie un’altezza eccessiva. Il secondo balzo in avanti permette di misurare effettivamente il risultato ottenuto e i progressi.

Si deve notare che bruciare le tappe incrementando troppo velocemente l’altezza non sempre è positivo: il sistema nervoso centrale inibisce la capacità elastiche quando si accorge che non è in grado di controllare la caduta. Un esercizio scomposto ottiene pertanto l’effetto contrario a quello voluto.

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