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Peso della scarpa: quanto conta?

Quanto conta il peso della scarpa? Questa è una domanda che molti podisti si pongono, ma l’argomento dovrebbe interessare soltanto due tipi di runner: a) quelli che scelgono sempre e solo scarpe ultraleggere; b) quelli che scelgono sempre e comunque scarpe con massimo ammortizzamento (e quindi pesanti). Il concetto di leggero o pesante va ovviamente riferito al proprio peso corporeo. Un buon indice si ottiene dividendo il peso della scarpa in g per il proprio peso. Esempio: una scarpa di 325 g per un atleta di 65 kg dà un indice di peso di 5. L’indice di peso consente di riferirsi facilmente in modo preciso al caso individuale. Poiché è un dato individuale occorre considerare il proprio numero e non un generico numero di riferimento (di solito l’US 9). Nell’articolo sulla scelta della scarpa abbiamo indicato le soluzioni di peso massime: 1) scarpe da allenamento: l’indice di peso non deve superare 6; 2) scarpe da gara: l’indice di peso non deve superare 5. Ora vogliamo vedere quanto può incidere il peso della scarpa sulla prestazione. A questo scopo dovremo considerare tre fattori: peso dell’atleta, elasticità e velocità.

Peso dell’atleta

Il peso della scarpa conta di meno quanto più l’atleta è pesante. Dovrebbero prestare massima attenzione al peso della scarpa (in gara ovviamente) le donne e gli uomini più leggeri, sicuramente tutti gli atleti che sono sotto ai 65 kg.

Elasticità

Il peso della scarpa conta tanto di più quanto l’atleta è poco elastico. Un atleta elastico avrà meno problemi a gestire un peso maggiore (a parità di altre condizioni) perché la sua elasticità tende già naturalmente a portarlo in alto (cosa che per la corsa di resistenza non sempre è positiva). In altri termini, l’elasticità rende il peso della scarpa meno critico perché parte dell’elasticità (che è in eccesso rispetto ad altri parametri dell’atleta che possono limitare la prestazione) è spesa per sostenere il peso maggiore della scarpa, senza che si abbia penalizzazione.

L’osservazione sull’elasticità è purtroppo importante per amatori attempati: per motivi di usura sono spesso abituati a gareggiare con scarpe superprotettive e quindi pesanti, ma, essendo poco elastici, la prestazione ne soffre moltissimo.

Velocità

Si è diffuso l’errato concetto di legare una scarpa a una certa velocità e l’amatore è spesso portato a dire che “questa è una scarpa che va bene fino a 4’15″/km”.

L’errore non consiste nella frase (che di solito si basa su una solida esperienza diretta), ma nell’oggettivazione che viene fatta.

Anche molti negozianti usano questo concetto della velocità, dimenticando che il 4’15″/km di un top runner (fondo molto lento) è assai diverso meccanicamente dal 4’15” di un amatore che va a tale velocità al massimo su 6-7 km. Cambiano la meccanica di corsa e la fase di appoggio.

Nel primo caso i tempi di appoggio di un runenr di vertice sono molto lunghi (va pianissimo relativamente alle sue possibilità), nel secondo caso sono molto più brevi perché l’amatore praticamente sta facendo una gara al meglio delle proprie caratteristiche atletiche.

Quindi non conta la velocità assoluta, ma quella relativa al proprio potenziale: si può dire che il peso della scarpa conta quanto più ci si avvicina alla propria velocità massima, non sulla distanza considerata, ma assoluta (per esempio quella sui 100 m). Quindi il peso della scarpa conta tanto più quanto la distanza è corta perché l’atleta utilizza una percentuale maggiore del suo potenziale e quindi della sua velocità massima.

Peso della scarpa quanto conta

Sono quattro le classi principali delle scarpe da corsa: superleggere (A1), intermedie (A2), Massimo ammortizzamento (A3); stabili (A4)

Il calcolo

Non è possibile dare formule valide per tutti perché i parametri in gioco sono molti. I dati che seguono nascono dall’esperienza su centinaia di runner che hanno provato l’ottimizzazione della scarpa; si può notare come si possano indicare degli intervalli e dei valori massimi: tali dati non sono che i limiti del campione di runner analizzato.

Suggerire, per esempio, che 100 g di scarpa per un atleta di 50 kg sui 3000 m possono pesare per 5″/km non significa che per tutti è così, ma che per i più sensibili al peso della scarpa vale tale dato.

Le indicazioni utili possono essere raggruppate in funzione di 4 classi di distanze.

  • Fino a 3000 m – Qui non ci sono compromessi, si dovrebbe gareggiare con scarpe più leggere possibili (compatibilmente alla propria meccanica di corsa). La differenza fra scarpe di 200 g e scarpe di 300 g in un atleta di 50 kg può arrivare anche a 5″/km.
  • Da 3 a 8 km – Il peso è sempre fondamentale, ma si può perdere qualcosa a favore del potere ammortizzante; soprattutto chi ha piccoli doloretti cronici è opportuno che non scelga la scarpa in assoluto più leggera, ma valuti attentamente il fatto che durante la corsa “non deve sentire nulla”: un leggero fastidio al tallone o al ginocchio fa sicuramente perdere di più che 50 g di scarpa. Non ha inoltre senso gareggiare con scarpe ultraleggere su terreni le cui asperità non siano assorbite dalla scarpa. Si può dire che per un atleta di 65 kg, 100 g di scarpa possono incidere al massimo per 3″/km.
  • Da 8 a 21 km – Qui le superleggere dovrebbero essere appannaggio dei soli campioni e di tutti gli amatori veloci che non hanno problemi di nessuna sorta. Infatti, per un atleta di 65 kg, 100 g di scarpa possono incidere al massimo per 2″/km.
  • Maratona – Il divario si riduce ancora e non supera mai il secondo/km per atleti del peso di 65-70 kg (sempre riferito a 100 g di scarpa), ma può anche essere negativo (cioè è meglio usare scarpe più pesanti). Infatti, scarpe superleggere causano spesso eccessivi microtraumi che nella parte finale della gara si traducono in un’incapacità da parte dei muscoli di reagire correttamente agli stimoli nervosi. L’effetto dei traumatismi è cioè quello di affaticare oltre misura i muscoli inferiori della gamba con l’effetto che muscoli molto affaticati rendono meno con scarpe leggere che muscoli un po’ più freschi con scarpe più pesanti.

Ovviamente poi conta l’impatto psicologico: se un atleta è convinto di avere ai piedi dei macigni, ne sarà talmente condizionato che la sua prestazione potrà appesantirsi anche di 10″/km. I dati oggettivi che abbiamo riferito possono servire per correggere la propria psicologia individuale, riportandola più vicino alla realtà.

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