Nella preparazione alla maratona, lo scopo principale del lunghissimo è quello di abituare il corpo a bruciare i grassi, affiancando da subito ai carboidrati un’altra fonte di energia (il contributo delle proteine aumenta con la diminuzione delle scorte di glicogeno). Come abbiamo visto nell’articolo sul potere allenante, nel lunghissimo l’adattamento del corpo alla diminuzione della disponibilità di glicogeno (deplezione) inizia verso il venticinquesimo chilometro. È ovvio che un allenamento che comporti un chilometraggio significativo è comunque impegnativo e sarebbe ottimistico sperare di poterlo ripetere con una frequenza tale da modificare velocemente la cilindrata dell’atleta. Degno di nota il fatto che in maratona hanno fallito grandi campioni che provenivano dal mezzofondo perché la trasformazione richiesta non è avvenuta in tempi brevi. Negli ultimi decenni si è affermata una strategia che vuole simulare la condizione che si ha passati i 25 chilometri di un lunghissimo; tale strategia prende vari nomi, il più suggestivo dei quali è “corsa a digiuno”. Purtroppo in questo tentativo non c’è nulla di scientifico e lo scopo di questo articolo è proprio quello di far luce sui pro e sui contro, analizzando il problema in modo preciso e quantitativo.
Il modo sbagliato 1
Il modo errato di correre il lunghissimo alimentare è quello di non fare colazione! Molti runner sono veramente convinti che non fare colazione predisponga alla carenza di glicogeno e simuli la situazione del muro della maratona. Probabilmente sono gli stessi che la mattina della maratona si abbuffano di carboidrati non sapendo che probabilmente gran parte di quei carboidrati saranno trasformati in grasso proprio durante la corsa. In genere il soggetto ha una riserva di glicogeno per circa 30-32 km (se è magro; se invece è sovrappeso non arriva ai 25 perché la riserva resta invariata, ma l’energia spesa per correre è maggiore). Per fissare le idee supponiamo che il suo glicogeno basti per 30 km e il soggetto pesa 70 kg. In sostanza ha circa 2.100 kcal di glicogeno disponibile. Se è abituato a una colazione di 400 kcal circa, supponendo che 300 kcal derivino da carboidrati (il classico “mediterraneo”), saltando la colazione, al massimo (cioè supposto che le 300 kcal vadano tutte a rimpiazzare il glicogeno bruciato durante la notte) parte con 1.800 kcal di glicogeno, sufficienti per 25,7 km. Il saltare la colazione simula una corsa di 4,3 km! Certo è ben poca cosa.
Il modo sbagliato 2
A questo punto il nostro runner decide di digiunare anche la sera prima o di mangiare pochissimi carboidrati. Rifacendo tutti i conti, è ragionevole supporre che le sue scorte di glicogeno scendano a 1.200-1.400 kcal. A questo punto decide di partire per un lunghissimo di 30 km; è ovvio che non potrà tenere fino alla fine un ritmo vicino al suo ritmo maratona perché parte con le scorte quasi dimezzate. Ecco allora che decide di “partire più piano”, diciamo 20-30″ sopra il ritmo maratona. Riesce con grossi sforzi a finire il lunghissimo, ma non ha ottenuto granché. Ha allenato il suo corpo a gestire una velocità troppo lenta rispetto a quella di gara: durante la “vera” maratona, correndo più velocemente, il suo corpo a quella velocità continuerà a bruciare preferibilmente i carboidrati. Possiamo dire che, visto il ritmo, l’allenamento è ottimale per una gara di 55-60 km.

In ambito podistico con il termine lunghissimo si fa generalmente riferimento a una seduta di allenamento superiore ai 25 km
Il modo giusto di correre il lunghissimo alimentare
Ora la soluzione dovrebbe essere facile. Il lunghissimo alimentare si basa sostanzialmente su due fasi:
- Si genera la deplezione di glicogeno.
- Si corre una distanza ragionevole al ritmo compreso fra RG (ritmo gara) e RG+10″.
La ragionevolezza della distanza si stima in base alla deplezione provocata e può andare dai 15 ai 24 km. In tal modo il traumatismo meccanico e metabolico (escludendo la componente energetica) è decisamente limitato.
È molto importante capire come si deve generare la deplezione. È possibile farlo in modo prettamente alimentare, ma la cosa può risultare poco pratica e difficile da gestire per tutti coloro che non seguono un regime alimentare controllato. Occorre infatti calcolare quanti carboidrati si risparmiano. Inoltre, se il soggetto non è in peso forma, il dato ottenuto è spesso ottimistico perché i carboidrati risparmiati non avrebbero seguito completamente la via del ripristino di glicogeno, ma, parzialmente, quella del grasso. È la classica situazione di runner in sovrappeso. Un altro modo molto semplice di ottenere la deplezione di glicogeno è di eseguire il lunghissimo alimentare a distanza ravvicinata da un’altra distanza “glicidica”.
Esempio – Alla sera del sabato si corrono 15 km a ritmo maratona. Realisticamente il soggetto perde almeno il 50% delle sue scorte di glicogeno (occorre considerare anche il piccolo contributo del riscaldamento che deve essere ottimale). Se la cena è molto povera di carboidrati e la colazione non prevede che 100-200 kcal di carboidrati, realisticamente la mattina dopo le scorte di glicogeno saranno al massimo il 60% del totale. A questo punto si può correre un lunghissimo simulato di 20 km a RG+5″.
Alcune considerazioni – Nell’esempio abbiamo supposto che all’allenamento del sabato il runner ci arrivi con scorte al 100%. In realtà se sta effettuando una settimana di carico e non ripristina completamente le scorte dopo ogni allenamento, già al sabato arriverà con scorte al massimo all’80%. Per cui non è del tutto necessario correre 15 km a ritmo maratona. Altri allenamenti ragionevoli sono un 10000 m a ritmo mezza, 12 km a ritmo di fondo medio ecc. Riassumendo, è favorito nell’implementazione del lunghissimo alimentare:
- Chi segue un modello alimentare controllato per il controllo del peso; questi runner sono spesso abituati a correre con le scorte non al massimo e, praticamente, trasformano anche allenamenti “normali” in allenamenti da maratoneta per l’aumento della potenza lipidica.
- Chi è abituato ad allenarsi almeno 5-6 volte alla settimana. Chi si allena con una frequenza minore è solito partire con le scorte ripristinate dai giorni di riposo.
Dall’ultimo punto, si può dedurre abbastanza facilmente che le gare a tappe sono un ottimo mezzo di allenamento alla maratona, supposto che il soggetto si nutra normalmente senza tentare di recuperare energie con maxidosi di integratori glicidici, pasta, dolci ecc.
Infine si deve notare che il lunghissimo alimentare predispone il soggetto al protein burning perché, abituando a partire con scorte glicidiche decisamente limitate, “forza” il corpo a usare le proteine come substrato energetico.