Il fitwalking (più raramente fit walking) è una pratica sportiva a carattere non competitivo. Tale pratica, spesso denominata arte del camminare, consiste nel camminare a un’andatura più sostenuta (dai 7 ai 9 km/h circa) di quella che si tiene camminando normalmente; essenzialmente è, insieme a nordic walking, power walking, energy walking ecc., una delle tante varianti del walking. Essenzialmente, il fitwalking (da non confondersi con la marcia che è un’attività sportiva di atletica leggera prevista anche come disciplina olimpica) vorrebbe essere una versione più sportiva e scientifica del semplice concetto di camminare. Il termine fitwalking (coniato nel 2001 dall’ex marciatore italiano Maurizio Damiliano che ha proposto un suo metodo di walking e ha grandemente contribuito alla diffusione della disciplina in questione) deriva dall’unione di due termini inglesi, fitness (forma fisica) e walking (dal verbo inglese to walk, camminare) e può essere liberamente tradotto come camminare per tenersi in forma.
Attualmente la pratica del fitwalking è molto diffusa in varie parti del mondo, USA compresi dove però, per definire questa disciplina, si utilizza generalmente un’altra terminologia: power walking (locuzione che possiamo tradurre con cammino poderoso, cammino di potenza).
La sua diffusione nel nostro Paese è andata man mano crescendo e anche manifestazioni sportive di una certa importanza (come, per esempio, la Firenze Marathon) prevedono degli spazi per questa disciplina sportiva.
In cosa consiste
La tecnica del fitwalking prevede la ripetizione ciclica di un certo numero di movimenti; il ciclo di cammino (altrimenti detto falcata) è suddiviso in due passi; inizia con il contatto del tacco di un piede e termine con un altro contatto del tacco del medesimo piede.
Il passo è la distanza che intercorre tra piede destro e piede sinistro (fine della spinta con il piede arretrato e contatto del tacco del piede che si trova in avanti) e rappresenta la metà del ciclo. Si tratta di movimenti più “dolci” rispetto a quelli praticati durante la marcia, ma allo stesso tempo più decisi e vigorosi rispetto a quelli effettuati durante la semplice camminata.
Allo scopo di facilitare sia la spinta che la velocità, il busto deve essere lievemente inclinato in avanti, ma comunque rilassato così come rilassati devono essere collo e spalle. Le braccia devono raggiungere un’angolazione di circa 90 gradi e nel corso dell’oscillazione le mani devono raggiungere quasi centralmente il petto. Quindi: falcata ampia, postura corretta e ritmo relativamente impegnativo.
Esistono tre categorie di fitwalking: life style fitwalking, performer style fitwalking e sport style fitwalking.
Il life style è di gran lunga il più praticato e quindi è normale considerarlo come punto di riferimento per il presente articolo. Inoltre, le forme “agonistiche” o “performanti” di fitwalking non hanno senso perché esiste già la marcia, disciplina olimpica che ci ha dato tanti campioni. Quindi, se si vuole camminare in modo intenso ci si può semplicemente dedicare alla marcia. I termini inglesi come performer style e sportive style sono inutili, basta… marcia.

Fitwalking è un termine inglese che deriva dai termini fitness (forma fisica) e walk (camminare)
Fitwalking: le nostre considerazioni
Il nostro giudizio sul fitwalking ricalca a grandi linee quanto abbiamo espresso a proposito del walking; il fitwalking è quindi, nostro parere, una delle tante forme di low-intensity training e volerlo proporre come attività sportiva salutistica appare un po’ come una forzatura. Cerchiamo di capire perché.
Di norma il fitwalking è consigliato come attività da svolgersi alcuni giorni alla settimana con sedute di circa 40′. Ora, pensare che con 40′ di fitwalking si modifichino i parametri fisiologici del soggetto è molto ottimistico, un po’ come sperare che bastino 20′ di corsa al giorno (per approfondire si consulti l’articolo Sport: come modifica il nostro corpo). Se poi non si fa fitwalking tutti i giorni è illusorio sperare che bastino 3 h alla settimana. Un soggetto è magari convinto di essere attivo e di fare sport, ma i suoi indici fisiologici (è sufficiente eseguire un esame del sangue) sono gli stessi di un sedentario. Realisticamente per ottenere qualche beneficio significativo si dovrebbero praticare sedute giornaliere della durata di almeno 80-90′.
Il fitwalking è spesso consigliato a coloro che sono in sovrappeso ricordando che nel corso di una seduta di un’ora si possono bruciare circa 300 kcal; vero, il problema è che, a ben vedere, 300 kcal non sono poi granché, soprattutto perché il fitwalking non arriva allo stesso livello di stress di una corsa “tirata”. Esistono diverse attività possono portarci a camminare per ore a buon passo, spesso molto “appesantito”. Si bruciano sì molte calorie, ma l’appetito aumenta, cosa che non succede (per superamento di un livello minimo di stanchezza) quando ci si allena con la corsa.
Comunque il fitwalking può essere una buona scelta per coloro quei soggetti sovrappeso che, dopo lunghi periodi (magari anni) di inattività, hanno intenzione di iniziare (o riprendere) la pratica di un’attività sportiva di tipo aerobico (come la corsa o il ciclismo per esempio). I soggetti non in sovrappeso possono invece iniziare alternando corsa e cammino.
Riassumendo, il fitwalking può essere consigliato a persone in sovrappeso deciso o con patologie particolari. Un soggetto che si ritiene sano (a nostro parere il sovrappeso è una malattia a tutti gli effetti poiché un parametro fisiologico, il grasso, è fuori standard) perché dovrebbe fare fitwalking? L’unica risposta è: per non fare molta fatica. Ma questa risposta (che sa di scorciatoia e scarsa forza di volontà) non è affatto convincente…

Il fitwalking è una pratica sportiva a carattere non competitivo
La marcia
La marcia è uno sport agonistico che interessa una parte piccola della popolazione. Quest’affermazione farà soffrire i praticanti di questa vecchia disciplina, ma è incontestabile che il gesto è altamente innaturale perché ben poco ha dell’usuale cammino.
Oggi come oggi, pochi giovani la praticano e spesso sono atleti che, nella corsa, sarebbero ben lontani dai vertici. L’esasperazione tecnica fa sì che si debba passare sopra il senso stesso del gesto: al rallentatore tutti corrono, è impossibile vedere sempre un piede a contatto con il terreno.
Dal punto di vista olimpico ha un senso storico; nata e coltivata in epoche in cui sembrava impossibile per l’uomo correre facilmente una maratona, era il modo più semplice per dimostrare che si potessero compiere grandi distanze “camminando”. Poi da un lato la corsa ha preso piede e ora migliaia di amatori riescono banalmente a concludere una maratona senza essere dei fenomeni, dall’altro il gesto tecnico della marcia è diventato sempre meno vicino al cammino, tant’è che molte gare sono praticamente decise dai giudici.
Da un punto di vista salutistico (cioè non agonistico) si scopre poi che nessuno la usa così come la conosciamo, degenerandola nel fitwalking che, ironia della sorte, è adatto alla parte più soft della popolazione, cioè a chi ha dello sport una visione che tende a “evitare ogni esagerazione”, molto lontana dalle fatiche dei marciatori professionisti.