Nel mondo della corsa “mettere il fieno in cascina” è espressione tipica della maratona che indica la strategia di passare più forte la prima metà della gara rispetto al tempo teorico per gestire un eventuale calo nella seconda parte. Alla base di questa disastrosa strategia ci sono errori di tipo diverso.
Fieno in cascina: l’errore fisiologico
Fino a non molti anni fa era durissima convincere un podista a digiuno dei principi fisiologici che reggono lo sforzo dell’atleta in maratona che la frase “tanto poi si cala comunque” non fosse vera. Per fortuna negli ultimi anni c’è anche il riscontro pratico dei più forti professionisti che corrono la seconda parte della gara più forte della prima, per cui si può evitare di ricorrere a noiose spiegazioni di fisiologia dello sport che spesso l’atleta non voleva o non poteva capire. Il “calare comunque” è motivato dal fatto che fra gli amatori la percentuale di chi è mal allenato o si sopravvaluta è molto vicina al 100%, sicuramente superiore all’80%.

Arrivare bene in fondo a una maratona è anche funzione della bontà degli allenamenti, ma allenarsi bene non basta, se non si sa a che ritmo partire
Fieno in cascina: l’errore psicologico
Questo è l’errore tipico di chi è ben preparato e ha una cultura sportiva. Se devo correre in 3 ore, passare la mezza in 1h29′ cosa vuoi che sia? Facciamo un po’ di conti. Per un runner sulle tre ore la differenza fra maratona e mezza può essere di circa 20″, praticamente un secondo per ogni km che si aggiunge alla mezza. Supponiamo che l’atleta valga quel giorno 3h02′ (4’19″/km), ma voglia tentare le 3 ore, confortato da alcuni test precedenti (non tutte le giornate sono uguali…). Passa alla mezza in 1h29′, cioè a 4’14”, cinque secondi più forte del suo reale valore.
Se avesse corso da 3h02′ (al massimo dei suoi limiti) verso il 36-esimo km avrebbe iniziato a sentire molta fatica, ma avrebbe concluso senza flessioni, proprio prima del muro, stringendo i denti per 5-6 km. Ora invece la sua partenza bruciante accorcia la sua autonomia di 5 km (ricordiamo: un secondo -> un km). Per cui inizia a sentire molta fatica verso il 30-esimo km e al 36-esimo si spegne tutto. Morale: il nostro atleta nella parte finale perde moltissimo e termina (se va bene) attorno alle 3h10′.
Morale di questo articolo è che per fare il proprio tempo teorico in maratona occorrono allenamento, equilibrio, ma soprattutto sicurezza: meglio passare in scioltezza in 1h31′ e poi chiudere la seconda metà in 1h29′ che cercare improbabili crediti con una prima parte velocissima.
Notate infatti come velocizzare la prima parte non si debba leggere come solo accorciare l’autonomia di N km (quelli corrispondenti ai secondi di anticipo), ma soprattutto nell’estendere la parte della maratona corsa con fatica: ai propri limiti sono gli ultimi 5 km, con 5″ di anticipo la zona rossa diventa di 10 km, esattamente il doppio. A prescindere da considerazioni energetiche, anche psicologicamente ciò è devastante.