Perché un decalogo sull’infortunio? Ci sono ancora molti runner che vogliono ricevere l’informazione in forma sintetica, un po’ dogmatica e che mai leggerebbero un libro che superi le dieci pagine. A loro dedico questo articolo sperando di solleticarli ad approfondire l’argomento e a farsi una coscienza propria. Prima di enunciare il decalogo dell’infortunio evidenziamo i due errori (opposti) più comuni. 1) Fai da te totale. Senza averne la preparazione, il runner decide che ha capito tutto e fa di testa propria, senza fare una diagnosi, andando a caso con le cure e la riabilitazione. Spesso alla base di questo atteggiamento esistono motivi culturali (ignoranza e scarsa fiducia nei terapeuti) o economici (le cure costano!). 2) Eccessiva fiducia nei terapeuti o in chi per essi (magari il commesso di un negozio di scarpe a cui si chiede consulenza per un problema al ginocchio!). Lo sapete qual è la branca della medicina con il tasso più alto di diagnosi ospedaliere errate? L’ortopedia/traumatologia con il 17% circa. Se in ambito ospedaliero, con persone che si presumono preparate, una diagnosi su sei è sbagliata, come potete pensare che un amico, un terapeuta occasionale o improvvisato possano andare al di là del 20% di successo? Dal punto di vista matematico, forse converrebbe fare il contrario di ciò che dicono. Veniamo ora al decalogo. Ovviamente si considerano:
- infortuni non traumatici, cioè dei quali non si ha una percezione immediata (per esempio un grave strappo muscolare o una brutta distorsione), ma che emergono a poco a poco durante la corsa o dopo di essa.
- Infortuni penalizzanti. Sono tali quelli che non consentono di avere una prestazione ottimale durante una gara. Doloretti che scompaiono nel riscaldamento o che compaiono dopo l’allenamento, ma che rientrano per quello successivo non si possono definire infortuni.

L’infortunio nella corsa nasce da un’esagerazione quantitativa o qualitativa
Il decalogo
1) Definire un periodo di stop variabile da qualche giorno a tre settimane
Rivolgersi subito a un terapeuta non risolve la situazione (mancano le necessarie informazioni: fra esami richiesti, promesse non mantenute, attesa per l’appuntamento, cicli di terapie il tempo passa comunque: ricordatevi che nel 60% degli infortuni il semplice periodo di stop risolve la situazione), è economicamente svantaggioso e rischia di far imboccare strade sbagliate.
2) Non riprendete se non avete superato il test del km
Correndo per un km a ritmo di riscaldamento non dovete sentire nulla. Se avvertite ancora dolore o fastidio, non siete guariti.
3) Non fate gli eroi
Non correte con il dolore sperando che passi. Una simile strategia non fa altro che allungare i tempi di recupero.
4) Eseguite degli accertamenti clinici
Se temete che sia qualcosa di grave, potete autonomamente eseguire degli accertamenti. È molto più facile di ciò che si pensi e non occorre essere medici per capire che esami servano:
- per le parti ossee -> radiografia
- per le parti tendinee e muscolari -> ecografia
Questo il primo intervento. Ricordate comunque che gli esami non fanno la diagnosi, ma la confermano. Cioè in alcuni casi non si vede nulla anche se il problema sussiste (anche per questo esistono esami più sofisticati e l’esperienza del medico).
5) Gli antinfiammatori non curano
Usate gli antinfiammatori (stesso discorso vale a maggior ragione per le infiltrazioni) semplicemente per valutare la risposta e la gravità della patologia (è un’informazione in più per il medico). Usate al massimo due o tre giorni di terapia. Se il problema non si risolve, sospendete: è illusorio sperare che possiate correre per mesi usando antinfiammatori che risolvono solo parzialmente il problema, coprendo la spia più importante della sua gravità, il dolore.
6) Non vendete l’anima al diavolo
Significa non lasciarsi sedurre da mille rimedi il più delle volte inutili in questa fase: pomate, cambio scarpe, plantari, potenziamento, stretching ecc. Un sedentario non ha bisogno di queste cose per correre senza dolore per qualche km, quindi non possono essere la soluzione del vostro problema.
7) Prima l’ortopedico, poi il fisioterapista
Se dopo il periodo di stop il problema permane, andate da un ortopedico sportivo. Scegliere un terapeuta di secondo livello come approccio iniziale non è corretto perché spesso non ha una visione globale, ma tende a operare solo nel suo campo d’azione. Sarà l’ortopedico a indirizzarvi poi dal fisioterapista, dal manipolatore ecc.
8) Se sbagliate ortopedico siete spacciati
Non sceglietelo a caso, ricordatevi della statistica all’inizio dell’articolo. Cercate di prendere informazioni sulle reali capacità del terapeuta.
9) Nessuno fa miracoli
Questo significa che alcune soluzioni sono risolte solo con l’intervento chirurgico, oggi una prassi per nulla traumatica (certo che se si ha paura anche di un’iniezione..). Pertanto non giudicate ciò che vi viene detto solo in base a ciò che volete sentirvi dire, magari per paura dell’operazione.
10) Fate tesoro dell’esperienza negativa
Un infortunio può essere fortuito, ma ha spesso una causa ben precisa: cercate di individuarla e di rimuoverla.