Corsa e bicicletta: un binomio “impossibile”? La bici è allenante per la corsa? Questa è la domanda di chi vorrebbe usare la bicicletta in alternativa alla corsa, soprattutto considerando la diversa traumaticità dei due sport. Analizziamo innanzitutto le principali differenze fra lo sforzo del ciclista e del runner che gareggia su distanze tipiche del mezzofondo prolungato.
1 – La forza – Mentre nel ciclismo si utilizza fino al 60% della forza massima, nella corsa si va da un 20% (maratona) a un massimo del 30% (5000 m). I dati sono ovviamente medi, ma gli scostamenti individuali sono abbastanza piccoli.
2 – La componente anaerobica – È decisamente minore nel ciclismo, arrivando a essere praticamente nulla se il percorso è pianeggiante e lo sforzo non è massimale. Nella corsa può essere trascurabile solo nella maratona.
3 – I distretti muscolari – Ovviamente sono coinvolti in maniera diversa, tant’è che, dimensioni a parte, anche la conformazione della muscolatura degli arti inferiori è diversa in un ciclista puro e in un runner puro.
4 – Lo sforzo muscolare – Nella corsa la componente eccentrica dei movimenti è fondamentale.
5 – Il consumo – Nella corsa dipende solo dai chilometri percorsi, nel ciclismo soprattutto dall’intensità dello sforzo.
Bastano questi punti per far comprendere che i due sport sono molto diversi. Per dare una risposta al quesito iniziale occorre definire una seduta ideale che possa essere allenante per la corsa.
Combinando il punto 1 e il punto 5 si deduce che il ciclismo dal punto di vista del potenziamento è eccellente, ma se lo sforzo diminuisce troppo si consuma pochissimo e ci si sottoallena. Quindi prima regola:
lo sforzo deve essere almeno il 90% del massimale.
Allenamenti più blandi continuano ad avere una valenza potenziante per la corsa (e quindi possono essere comunque utili in sede di riabilitazione), ma non sono aerobicamente significativi, tenendo anche conto che il tempo a disposizione di un amatore in genere non è “professionistico”. Introducendo questo concetto si può affermare che aerobicamente lo sforzo ciclistico è circa un terzo di quello della corsa. Cioè:
la durata della seduta deve essere tripla rispetto a quella della corsa.
Così una seduta di due ore equivale a una seduta di fondo lento di 40′. Sembra poco, ma la realtà è questa (del resto basta considerare le lunghezze delle gare ciclistiche). Per ridurre il tempo è opportuno preferire la MTB su percorsi non facilissimi; in questo caso il “fattore 3” può ridursi, in presenza di una buona intensità, anche a 2: un’ora di bici = mezz’ora di corsa. In teoria, anche percorsi con salite dure riducono il fattore di conversione, ma si deve tener conto che il potere allenante della bici in discesa è praticamente nullo.
Per quanto riguarda i punti 3 e 4 non si può fare nulla se non distinguere le due condizioni in cui la bici viene usata:
a) nella rieducazione da un infortunio. In questo caso il runner non corre. Se la rieducazione è molto lunga (almeno un mese) perderà sicuramente il gesto atletico della corsa e al rientro dovrà rieducare l’apparato locomotore. In questo caso il ciclismo dovrebbe essere abbinato alla corsa in acqua per velocizzare i tempi del recupero.
b) Come allenamento parallelo. Il runner è in piena attività e usa la bici come allenamento complementare. Se il sistema può funzionare lontano dalle competizioni (potenziamento e scarico dell’apparato locomotore), non va bene nella stagione agonistica. Continui messaggi in controtendenza confondono il corpo e un eccessivo impegno muscolare può far perdere brillantezza.
Il punto 2 è quello più critico. Se si riduce molto la componente anaerobica, la bici si riduce sostanzialmente a una seduta di fondo lento (nemmeno tanto lunga per i soliti vincoli temporali) e il runner sicuramente si deallena. L’impiego di un percorso non facile è pertanto essenziale per mantenere il valore allenante della bici.
La seduta ideale
Non abbiamo ancora parlato di un fattore molto importante: la motivazione. Pochi sono i runner che amano andare in bicicletta come amano correre; questo comporta che la motivazione può incidere sull’intensità dello sforzo e, di fatto, per quanto detto prima, ridurre di molto il potere allenante. Quindi la seduta deve essere “motivante”. Purtroppo in bicicletta il clima è sicuramente più demotivante: vento, freddo, pioggia sono percepiti in modo più negativo di quando si corre e questo aspetto deve essere soprattutto tenuto in considerazione da chi vuole usare la bici come alternativa per tutto l’anno.
Percorso – Il percorso deve essere mediamente duro e il mezzo non deve essere troppo facile (cioè troppo tecnologico); per chi vuole usare la bici per mantenere il grado di allenamento nelle corsa è assurdo scegliere biciclette ipertecnologiche, leggerissime. Se il percorso è piuttosto piatto è consigliabile usare un solo rapporto, non del tutto agile: l’importante non è fare un tempone, ma avere sia riscontri oggettivi (e con un solo rapporto è più facile) sia avere un impegno quasi massimale.
Come detto, se si utilizzano salite, vanno tolti dal computo i km percorsi in discesa, quindi chi ha problemi di tempo farebbe bene a scegliere percorsi ondulati, ma con discese brevi che comunque permettono di pedalare.

Per chi vuole usare la bici per mantenere il grado di allenamento nelle corsa è assurdo scegliere biciclette ipertecnologiche, leggerissime
Modalità – Per la corsa, la seduta di bici ottimale deve somigliare a una cronometro.
Durata – A seconda dell’allenamento del soggetto e del suo valore assoluto, la durata può andare da 30′ a un’ora. Se il mezzo è normale, non velocissimo e il percorso a media difficoltà, equivale a un fondo medio che va dai 15′ alla mezz’ora. Se l’impegno è veramente massimo, l’equivalenza si può anche avvicinare a una gara di 10-20′. Come si vede, la bicicletta può essere un valido mezzo sostitutivo per il mezzofondista, ma non certo per il maratoneta (per il quale, fra l’altro, lo sforzo muscolare richiesto dalla bici è meno importante che per il fondista veloce).
Riscaldamento – Il riscaldamento è fondamentale anche in bicicletta: spendere 10-12′ per attivare soprattutto la motivazione verso uno sforzo che non è minimale serve sicuramente a evitare che la prima parte della seduta sia una semplice “passeggiata a buon ritmo”.
Tempi intermedi – Chi non è abituato allo sforzo che abbiamo descritto ha la tendenza ad “addormentarsi” e a calare di ritmo dopo la partenza. Per evitare ciò è opportuno fissare dei tempi intermedi di passaggio; se il passaggio è troppo lento, l’atleta deve impegnarsi a recuperare nel tratto successivo. Di solito bastano da 3 a 5 intermedi per mantenere alta l’attenzione allo sforzo.
La seduta descritta può essere usata anche come defaticamento, basta rallentare di circa un 15% sul tempo migliore e si avrà una seduta di scarico comunque utile.