La corsa all’indietro, o retrorunning, o, all’inglese backward running, è una disciplina nata negli anni ’80 negli Stati Uniti e giunta nel nostro Paese nei primi anni ’90. Nonostante vengano organizzate diverse manifestazioni internazionali, la corsa all’indietro non è mai decollata veramente. La tecnica non è, in sé, particolarmente difficile (si corre tenendo piedi e gambe parallele al senso di marcia, ruotando spalle e testa per controllare se si sta seguendo correttamente il percorso), ma all’inizio l’approccio può essere in parte problematico; con l’esperienza s’impara a percorrere tratti piuttosto lunghi senza voltarsi; ciò permette di correre più velocemente e mantenere meglio l’equilibrio. Ai principianti viene generalmente consigliato di iniziare per gradi, ovvero di correre brevi tratti di corsa all’indietro alternandoli con la normale corsa in avanti; ciò fino a quando non si arriva a una totale padronanza dei gesti e della visuale.
Per coloro che praticano retrorunning è molto importante riuscire a mantenere in posizione ben eretta la schiena, piegare poco le gambe, appoggiare la punta dei piedi e aiutarsi con i movimenti delle braccia; le braccia hanno un ruolo importante nel retrorunning perché, oltre ad aiutare l’atleta a mantenere meglio l’equilibrio, svolgono una funzione propulsiva. L’approccio al retrorunning deve essere piuttosto graduale; trattandosi di un movimento piuttosto nuovo per l’organismo, è necessario che questo si abitui al nuovo gesto. Nei successivi paragrafi alcuni consigli di carattere tecnico e le nostre considerazioni su questa particolare disciplina.
Allenamento: alcuni consigli per praticare la corsa all’indietro
I consigli che andiamo a esporre derivano da uno dei primi interpreti del retrorunning in Italia, Stefano Morselli.
Postura, falcata, fatica – Stare diritti con la schiena, piegare poco le gambe e appoggiare la punta dei piedi. Aiutarsi con il movimento delle braccia. I gesti del retrorunning non sono molto diversi da quelli della corsa in avanti.
I passi, o meglio, i balzi, devono essere rasenti al terreno. Il movimento delle braccia è importante perché, oltre a migliorare l’equilibrio, funziona da propulsore.
Per verificare la direzione è consigliabile girarsi un poco di lato e sbirciare con la coda dell’occhio. Questo però rallenta il movimento e non può essere effettuato sistematicamente. È importante crearsi anche altri punti di riferimento e memorizzare prima il percorso.
Durante i primi allenamenti è normale sentire le gambe pesanti e stancarsi facilmente. Per questo bisogna seguire un programma graduale.
Bisogna dare all’organismo il tempo di adattarsi al nuovo tipo di movimento. All’inizio si viene assaliti da mille sensazioni: il bisogno di controllare la direzione, di capire come muovere le gambe, quale posizione far assumere alle braccia, al bacino, la schiena. Senza forzare, gradualmente il corpo si adatterà ai nuovi movimenti, raggiungendo equilibrio e consapevolezza.
Dove allenarsi – La scelta del terreno per allenarsi è molto delicata, soprattutto perché si corre senza poter guardare liberamente il percorso. Per questo, specie se si è inesperti, il terreno deve essere pianeggiante e asfaltato. Vanno evitate le discese, molto pericolose fatte all’indietro.
L’ideale per chi è alle prime armi è correre in pista. Le strisce che delimitano le corsie rendono agevole seguire il percorso anche senza voltarsi. Non si corrono rischi: una volta segnalato il proprio senso di marcia non si incontrano ostacoli e non bisogna preoccuparsi per anomalie del terreno o per la presenza di veicoli.
Correre su strada, in un prato o sulla spiaggia è più difficile, ma anche più vario e mette maggiormente alla prova le proprie capacità fisiche e mentali. Il consiglio è studiare prima il terreno e poi farsi accompagnare da un amico con cui alternarsi nella corsa in avanti e indietro, in modo che uno dei due possa sempre controllare il terreno. Esiste anche un allenamento specifico, il mix training, che prevede che due persone corrano insieme alternativamente nelle due direzioni.
Le scarpe giuste – L’unico accessorio veramente importante nel retrorunning sono le scarpe, che sono le stesse della corsa tradizionale, scarpe da running stabili, in grado di sostenere adeguatamente il piede e la caviglia.
Solo quando si è in grado di correre in avanti per 20-25 minuti si può inserire nell’allenamento il retrorunning.
Dopo aver completato il ciclo di otto settimane, si possono ripetere, aumentando del 10%, l’intensità delle ripetizioni all’indietro, le settimane dalla 4 alla 8.
Nelle sedute di retrorunning adeguare l’intensità delle singole ripetizioni in modo da riuscire a mantenere una resa omogenea.
Prime due settimane
Lunedì – 5′ di stretching; 25′ di corsa in avanti; 3′ di stretching.
Mercoledì – 5′ di stretching; 25′ di corsa in avanti; 3′ di stretching.
Venerdì – 5′ di stretching; 7′ di corsa in avanti facile; 30″ di corsa all’indietro alternati a 3′ di corsa in avanti per 5 volte; 3′ di stretching.
Terza settimana
Lunedì – 5′ di stretching; 25′ di corsa in avanti; 3′ di stretching.
Mercoledì – 5′ di stretching; 25′ di corsa in avanti; 3′ di stretching.
Venerdì – 5′ di stretching; 7′ di corsa in avanti facile; 1′ di corsa all’indietro alternati a 2′ di corsa in avanti per 4 volte; 3′ di stretching.
Quarta settimana
Lunedì – 5′ di stretching; 25′ di corsa in avanti; 3′ di stretching.
Mercoledì – 5′ di stretching; 25′ di corsa in avanti; 3′ di stretching.
Venerdì – 5′ di stretching; 7′ di corsa in avanti facile; 1’30” di corsa all’indietro alternati a 2′ di corsa in avanti per 4 volte; 3′ di stretching.
Quinta e sesta settimana
Lunedì – 5′ di stretching; 25′ di corsa in avanti; 3′ di stretching.
Mercoledì – 5′ di stretching; 2′ di corsa all’indietro alternati a 2′ di corsa in avanti per 4 volte; 3′ di stretching.
Venerdì – 5′ di stretching; 7′ di corsa in avanti facile; 3′ di corsa all’indietro alternati a 2′ di corsa in avanti per 3 volte; 3′ di stretching.
Settima e ottava settimana
Lunedì – 5′ di stretching; 25′ di corsa in avanti; 3′ di stretching.
Mercoledì – 5′ di stretching; 3′ di corsa all’indietro alternati a 3′ di corsa in avanti per 4 volte; 3′ di stretching.
Venerdì – 5′ di stretching; 7′ di corsa in avanti facile; 25′ di corsa in avanti facile; 3′ di stretching.
Domenica: eventuale gara di retrorunning.

In Giappone la corsa all’indietro ha una tradizione molto antica
Retrorunning: le nostre considerazioni
Periodicamente vengono proposti all’attenzione del grande pubblico esempi di atleti che cercano un po’ di visibilità con il retrorunning, magari facendo tutta una maratona all’indietro.
Se si consulta il sito Internet http://www.backward-running-backward.com/ si scopre che la corsa all’indietro dovrebbe avere una miriade di pregi. Ovviamente non si capisce perché dai primi anni ’80 del XX secolo (quando si diffusero i primi esperimenti) a oggi la corsa all’indietro non sia stata adottata da alcun campione nella preparazione delle olimpiadi.
Limitandoci a discutere gli aspetti scientifici, studiamo il passo seguente.
Nel 1993, I Professori TW. Flynn, SM. Connery, MA. Smutok, RJ. Zeballos, IM. Weisman pubblicarono : Comparison of cardiopulmonary responses during forward and backward walking and running in normals . Questo studio scientifico giocò un ruolo importantissimo nel diffondere la marcia e la corsa all’indietro negli Stati Uniti.
A uguale velocità, questo studio comparativo mette in evidenza una più grande stimolazione del metabolismo.
– HR (pulsazione cardiaca) 15 % superiore.
(174 pulsazioni in corsa all’indietro contro 151 in avanti).
– VO2 (calcolo dell’ossigeno consumato) 31% superiore.
– VE (minuto di ventilazione) 88% superiore.
A velocità uguale in marcia all’indietro i risultati sono ancora più sorprendenti:
– HR (pulsazione cardiaca ) 47% superiore.
(156 pulsazioni in marcia all’indietro contro 106 in avanti).
– VO2 (calcolo dell’ossigeno consumato) 78% superiore.
– VE (minuto di ventilazione) 112% superiore.
Queste informazioni indicano che un atleta infortunato può continuare ad allenarsi in marcia o corsa all’indietro con un’intensità sufficiente per mantenere un buon funzionamento del suo sistema cardiovascolare. L’insieme degli studi scientifici del Professor Flynn meriterebbe di essere pubblicato. Aprono orizzonti totalmente nuovi per la salute delle generazioni presenti e future.
Visto che lo studio è del 1993, non si capisce perché negli USA si continuino a vedere persone che corrono in avanti… A parte questo, è un esempio di come chi non è sufficientemente dotato di spirito critico possa mal valutare una ricerca. Lo studio di Flynn e soci vuole semplicemente mettere in evidenza che, a pari velocità, lo sforzo del soggetto è maggiore correndo all’indietro rispetto che correndo in avanti. Ciò è ovvio, ma i professori americani hanno anche voluto quantificare l’affermazione.
Quello che il cultore di corsa all’indietro può fraintendere è che fare maggiore fatica (avendo ad esempio una frequenza cardiaca maggiore o respirando affannosamente) non vuol dire stimolare meglio il metabolismo. Infatti se il soggetto ha una frequenza cardiaca massima di 185, con la corsa all’indietro arriverà prima a tale soglia, correndo a una velocità che in avanti consente ulteriori miglioramenti. In altri termini correndo all’indietro ottengo HR, VO2 e VE superiori perché sono quasi alla frutta. Si è cioè scoperta l’acqua calda: un soggetto che va al massimo a 4’/km correndo all’indietro, correndo in avanti andrà a 3’/km (per esempio) con la stessa HR, VO2 e VE. Senza contare che la non naturale esecuzione della corsa all’indietro non consentirà di ottimizzare l’allenamento che dopo mesi di esercizio.
Dovrebbe essere a questo punto chiaro che alla base dei veri progressi nella teoria dell’allenamento non possono esserci mode o stranezze, ma qualcosa che abbia un substrato scientifico e, applicato, faccia andare veramente più forte.
Queste le note non propriamente positive. C’è però un altro aspetto della corsa all’indietro che può essere molto significativo. È l’aspetto riabilitativo. Già l’ortopedia classica usa la camminata all’indietro su scala per riabilitare una serie di strutture locomotorie. È naturale pensare che il movimento all’indietro possa:
- mantenere un decente allenamento senza sovraccaricare strutture critiche. Per esempio, costringendo a correre sulle punte, rende molto più elastico l’impatto con il terreno agendo in maniera meno traumatica sulle articolazioni (caviglia, ginocchio, anche)
- migliorare l’equilibrio muscolare, stimolando maggiormente muscoli poco usati
- migliorare la posizione del tronco (più eretta)
- innalzare il centro di gravità
- favorire la mobilità delle spalle e delle anche
- correggere alcuni problemi di pronazione.
Negli ultimi anni ho seguito il retrorunning per capire l’utilità salutistica della disciplina, premesso che non ne condivido quella agonistica (inutile creare strane discipline per primeggiare, se uno è forte lo faccia prima con la corsa normale!).
La mia conclusione è che la corsa all’indietro non è in grado di aiutarci a vivere meglio. Qualunque gesto fisico ha i suoi lati positivi, ma, perché sia fatto nell’ottica del benessere, deve essere sopratutto naturale. Se non lo è, o verrà gestito con talmente poco tempo da essere improduttivo (come accade per la palestra per chi “odia” andarci) oppure ci si incanalerà verso la dimensione agonistica, perdendo di vista la realtà delle cose e cioè che gran parte di chi fa retrorunning è competitivo solo perché sono molto pochi i praticanti.