Questa testimonianza è diretta a tutti gli amici del sito con i quali condivido i principi divulgati da Roberto Albanesi. Principi che, se metabolizzati e applicati correttamente, dovrebbero condurci a essere “migliori” da tutti i punti di vista, permettendoci di gestire una qualunque situazione in modo saggio ed equilibrato. Spero che questo mio racconto possa far capire a quali gravi conseguenze possa portare una gestione errata dell’attività fisica. NOTA – Il racconto dell’autore risale a qualche anno fa; per scelta editoriale non sono stati modificati i riferimenti cronologici (età, anni di matrimonio ecc.).
L’atleta
Premetto una mia breve presentazione in quanto, conoscere il mio background può aiutare a capire (non a giustificare) il perché dei miei errori.
49 anni appena compiuti e portati molto bene (raramente me ne danno più di 35), felicemente sposato da 16 anni, con 2 figli. In gioventù, buon talento in Atletica Leggera nei salti in estensione, tanto che a 18 anni mi viene chiesto di trasferirmi a Formia alla scuola nazionale della FIDAL. Rinuncio e concludo così la mia breve, anche se significativa, vicenda agonistica a soli 19 anni. Naturalmente quella scelta segnerà tutta la mia vita lasciando in me un vuoto mai colmato, almeno fino a pochi mesi fa.
Mi iscrivo all’università, mi laureo in 4 anni, inizio a lavorare, mi sposo, nascono i figli e vivo i seguenti successivi 27 anni con una attenzione molto approssimativa verso sport e in generale verso i principi salutistici, tanto che, due anni e mezzo fa, mi viene diagnosticata una “aortosclerosi calcifica parcellare”.
Paradossalmente, questa circostanza è stata la mia “fortuna” in quanto, alla ricerca di quelle che potevano essere le cause della mia patologia, ho conosciuto il sito, i suoi principi e naturalmente Roberto Albanesi con il quale sto costruendo di mese in mese un rapporto per me veramente speciale.
Inizia l’avventura
Leggo i libri Correre per vivere meglio e il Manuale completo dell’alimentazione – la dieta italiana e comincio a “correre scientificamente” 4-5 volte a settimana secondo i principi appresi: nel giro di 7 mesi perdo 12 kg di peso. Acquisto una bilancia impedenziometrica e dopo un anno e mezzo arrivo al fatidico 12% di massa grassa. Mi doto di GPS in modo da poter monitorare ogni allenamento e miglioro costantemente le mie prestazioni.
Mi sembra di vivere un sogno, in pochi mesi faccio un balzo indietro di 30 anni: rivivo esattamente le sensazioni che provavo da ragazzo e mi sembra di colmare quel vuoto che avevo sentito per tanti anni.
Per ragioni di tempo mi alleno da solo al mattino presto prima di andare in ufficio.
Il mio entusiasmo cresce e sebbene non sia assolutamente predisposto per la corsa di resistenza per la mia struttura fisica da sprinter/saltatore in lungo (1,74 m per 73 kg), mi appassiono sempre di più alla corsa e per me diventano sempre più importanti gli allenamenti e gli obiettivi che di volta in volta mi pongo.
… e iniziano gli errori
Non mi interessa affatto gareggiare (non sono neanche tesserato per qualche società sportiva), tuttavia conferisco agli allenamenti un’importanza e un significato troppo grande: saltarne qualcuno mi rende “nervoso” e quelle rare volte che capita, trovo sempre il modo per recuperarlo.
Procedo in questo modo fino a un anno fa quando, mentre stavo preparando il mio obiettivo per la primavera del 2006 (correre i 5000 m al passo di 4’/km e i 10000 al passo di 4’15″/km, tempi molto modesti anche per un 50-enne ma per me veramente importanti), per motivi di lavoro sono costretto rinunciare al mio piano di allenamenti.
Vivo malissimo questa situazione, cado quasi in depressione e quando, quattro mesi più tardi, cambia lo scenario quasi non mi sembra vero di poter riprendere gli allenamenti.
L’entusiasmo ha il sopravvento sulla ragione e sebbene abbia letto tanti articoli su come gestire una ripresa di allenamento, mi lascio prendere dalla foga di voler recuperare la forma nel più breve tempo possibile. Passo da 2 allenamenti settimanali di fondo lento (quelli che avevo potuto fare negli ultimi 4 mesi) a 5 triplicando il chilometraggio settimanale portandolo da 20/25 km a 65/70 km, insistendo sugli allenamenti qualitativi (ripetute lunghe e interval training) senza rispettare minimamente le raccomandazioni del Wellrunness chiaramente descritte nei libri di Roberto: regola del 10%, rapporto tra allenamenti qualitativi e quantitativi e soprattutto mi sono allenato senza “ascoltare” i segnali che il mio corpo mandava facendomi capire che stavo esagerando, che mi allenavo con muscoli e tendini che ancora non avevano recuperato dagli allenamenti precedenti.

Correre col dolore può portare a conseguenze gravi e costringere, in molti casi, a una lunga interruzione della propria attività fisica
La morale
Quando ci si allena in sport di resistenza ci si sente forti: il caldo non ci ferma così come il freddo o una pioggia; difficilmente ci ammaliamo e forse ci si abitua a sopportare meglio anche il dolore fisico.
Così, per qualche mese, ho corso su dolori vari che si sono alternati traendomi in inganno: dolori alla pianta del piede tipici di un inizio di fascite plantare, dolori quando appoggiavo il piede sul terreno con conseguente sensazione di instabilità durante la corsa, dolori agli arti inferiori segno di una diminuzione dell’elasticità, dolori al calcagno all’altezza dell’inserzione del tendine d’Achille. Magari, se avessi avuto sempre lo stesso dolore avrei capito prima che era assolutamente il caso di fermarsi.
Al mattino mi alzavo con i piedi completamente rigidi e solo dopo diversi minuti ero in grado di poter camminare. Durante la giornata le cose andavano meglio nel senso che camminavo senza dolore ma in modo non elastico.
Sfortunatamente, quando mi allenavo, dopo aver sofferto i primi 15 minuti, il dolore passava del tutto tanto che completavo l’allenamento dimenticando i dolori del mattino e quelli patiti durante il riscaldamento.
Oggi, a mente serena, penso che anche quando mi sembrava di non avvertire dolori in effetti sicuramente non correvo nelle condizioni ottimali, ma quello era diventato il mio correre normale.
A inizio gennaio, finalmente mi decido a fermarmi convinto che con uno stop di 2, massimo 3 settimane avrei risolto completamente i miei problemi che assolutamente non ritenevo seri.
Correre col dolore – Le conseguenze
In effetti, questa sarebbe la “terapia” sufficiente per risolvere molti infortuni del runner, se presi per tempo.
A fine gennaio decido di fare un test di ripresa e con mia grande sorpresa dopo avere percorso solo pochi chilometri il dolore al calcagno, all’inserzione del tendine d’Achille, si manifesta in modo netto.
A quel punto vado in ospedale e faccio una radiografia che evidenzia una piccola spina calcaneare che sarebbe potuta essere la causa dell’infiammazione, viene tuttavia diagnosticata una “tendinite inserzionale”. Mi sottopongo a un’ecografia ai tendini d’Achille che però non mostra particolari problemi. Consulto centri di riabilitazione fisica e faccio un esame per la postura fisica e mi viene consigliato un plantare che io rifiuto in quanto ritengo che bisogna prima guarire da sedentario, quindi riprendere a correre e solo successivamente prendere in considerazione la possibilità di adottare un plantare.
Ora ho appena completato la seconda settimana di terapia laser al neodimio, una terapia hard, che sta dando qualche risultato ma, sono ancora lontano dalla guarigione. Penso la proseguirò per 1 o 2 settimane ancora, nel frattempo ho prenotato un’altra ecografia da un “professore” per avere il suo parere sullo stato del mio tendine.
Purtroppo solo ora, sulla mia pelle, ho capito quanto sono stato poco equilibrato nel gestire questa situazione. Ho cercato di raggiungere obiettivi sportivi alla mia portata in tempi impossibili, dimenticando che l’obiettivo vero sono gli effetti benefici che la corsa di resistenza produce sull’organismo e che questo lo si ottiene indipendentemente dal risultato sportivo. Quello che conta realmente dal punto di vista salutistico è ben altro che una manciata di secondi in meno a km, quello che conta è il controllo dei trigliceridi e della glicemia, il rapporto tra colesterolo totale e HDL, la pressione sanguigna, il raggiungimento del peso ideale, la differenza arterovenosa, la frequenza e la gittata cardiaca…
Attualmente sono in un tunnel di cui ancora non intravedo l’uscita. Non so cosa darei pur di poter correre ogni giorno a 6’/km.
In questo momento il Personalismo mi sta aiutando facendomi affrontare serenamente, e quindi razionalmente, il problema e facendomi evitare di prendere decisioni affrettate sull’onda dell’emozione.
Se il laser al neodimio non sortirà gli effetti sperati, proverò con la tecarterapia e se risulterà esserci effettivamente la spina calcaneare proverò con le onde d’urto e in ultima analisi mi sottoporrò all’intervento chirurgico.
Tutto questo lo avrei sicuramente evitato se non fossi stato accecato dalla strategia del dover correre a ogni costo per raggiungere obiettivi sportivi che comunque non avrebbero migliorato ulteriormente i miei parametri fisiologici già più che buoni.