L’anemia da sport è argomento di notevole interesse e sicuramente molto complesso tant’è che le posizioni dei vari autori non sono sempre coincidenti. In effetti, esistono opinioni diverse sull’inquadramento di questa condizione e alcuni considerano addirittura fuorviante parlare di anemia da sport. A prescindere dalle varie interpretazioni, è fuor di dubbio come in molti sportivi il riscontro di livelli inferiori alla norma di emoglobina ed ematocrito (ricordiamo che, contrariamente alla credenza comune, l’anemia non si definisce a partire dal numero dei globuli rossi (eritrociti), ma dal contenuto di emoglobina nel sangue) sia molto frequente. Alcuni considerano la cosiddetta anemia da sport non un’anemia vera e propria, ma piuttosto una pseudoanemia, un adattamento dell’organismo dell’atleta legato all’attività sportiva; al più parlano di anemia per diluizione; in effetti, i livelli di emoglobina risultano inferiori alla norma perché l’attività aerobica provoca un’espansione del volume sanguigno a cui consegue una diminuzione della concentrazione degli eritrociti (i quali contengono l’emoglobina). Questa condizione anemica (o pseudoanemica che dir si voglia) è quindi da considerarsi fisiologica in soggetti che svolgono una costante attività fisica e non c’è necessità di alcun intervento correttivo.
In un quadro del genere, le analisi del sangue mostrano una concentrazione emoglobinica ridotta (da 1 a 1,5 g/dL in meno rispetto al valore normale minimo), globuli rossi normocromici, livello di ferritina entro il range di normalità e MCV generalmente sopra il livello di normalità (ricordiamo che con MCV è l’acronimo di Mean Corpuscolar Volume, volume corpuscolare medio; praticamente con esso si indica la grandezza dei globuli rossi).
Non è solo questo tipo di quadro anemico che può svilupparsi in un soggetto sportivo; infatti, vi sono perlomeno altre due condizioni di anemia che un’attività sportiva a medio-alta intensità può contribuire a sviluppare.
La prima è una forma a insorgenza acuta caratterizzata da una rapida diminuzione dei livelli di emoglobina e di ematocrito; tale diminuzione è provocata dall’accentuarsi della quota di emolisi intravascolare che conduce a un notevole rialzo del livello di emoglobina libera; una spia di questa situazione è la comparsa di emoglobinuria poco tempo dopo lo sforzo (tant’è che si parla anche di emoglobinuria da marcia, da trauma o da sforzo).
La seconda è invece una forma di anemia che insorge progressivamente e che è caratterizzata sia da una negativizzazione del bilancio del ferro sia da una sua inferiore disponibilità. Viene in questo caso a verificarsi una riduzione del deposito di tale minerale e ciò, alla lunga, genera un’anemia sideropenica (nota anche come anemia da carenza di ferro, da carenza marziale, ferropriva, sideropriva o iposideremica).

La cosiddetta anemia da sport risulta di più frequente riscontro negli atleti che praticano sport di endurance
Anemia da sport – Rimedi
Questo paragrafo si basa sull’articolo generale che tratta dell’anemia; per chi non avesse voglia di rileggerselo, semplifichiamo le cose usando la metafora della casa da costruire: i globuli rossi vengono costruiti su comando di un capocantiere (eritropoietina) usando mattoni (ferro, acido folico, vitamina B12 ecc.) di solito facilmente reperibili. I mattoni sono un po’ nel cantiere e un po’ dal fornitore dell’impresa. L’attività sportiva rappresenta il maltempo che può rovinare i mattoni presenti nel cantiere rendendone una parte inservibile.
Tante anemie – Dalla metafora risulta anche chiaro che se i muratori lavorano male ci possono essere problemi notevoli, non basta cioè avere un buon capocantiere e i materiali. Le situazioni in cui i muratori sono pochi, lavorano male o troppo lentamente sono rappresentate dalle anemie patologiche (sono decine e decine) che per fortuna riguardano una percentuale minima di soggetti. È anche ovvio che una banale integrazione di ferro non risolve il problema (vedasi paragrafo successivo, Il grande abbaglio del ferro).
L’anemia da sport – Limitandoci ai casi di soggetti normali e sportivi, può sembrare banale, ma la prima cosa da stabilire è se si è anemici. È vero che molti sportivi (soprattutto coloro impegnati in sport di resistenza come, per esempio, i maratoneti) hanno valori di ematocrito che in genere possono essere anche di 4-6 punti inferiori alla condizione di un sedentario, ma la condizione per cui ciò avvenga è che l’attività fisica settimanale sia costante ed elevata; nel caso di un runner, per esempio, il chilometraggio settimanale deve essere sicuramente superiore ai 50 km. Pertanto, se si supera tale chilometraggio e si ha un valore di ematocrito inferiore al 42% (40% nella donna), può essere sensato indagare per un’eventuale anemia da sport.
Poiché il principale indiziato nei casi di anemia è il ferro, dall’approssimativa descrizione che abbiamo fatto occorre verificare alcuni parametri clinici, la sideremia, la ferritina e la transferrina.
La sideremia è la concentrazione di ferro nel sangue, la ferritina rappresenta i depositi di ferro dell’organismo e la transferrina è una proteina che trasporta il ferro dall’intestino agli organi che lo utilizzano o lo immagazzinano.
Immaginiamo la sideremia come i mattoni presenti nel cantiere, la ferritina come quelli presenti dal fornitore dell’impresa che sta costruendo la casa e la transferrina come i camion che portano i mattoni dal fornitore al cantiere.
Se la sideremia è bassa (inferiore a 70 μg/dl) è ovvio che i muratori non possono soddisfare l’ordine di costruzione dato dal capocantiere (eritropoietina). In questo caso si deve valutare se il fornitore ha mattoni da vendere all’impresa (ferritina almeno a 50 ng/ml). Se li ha, bisogna chiedersi perché non li ha consegnati. Se si verifica che i camion sono fermi (transferrina inferiore a 200 mg/dl) si comprende che è impossibile che i mattoni arrivino, pur essendo presenti dal fornitore. Se invece il fornitore non ha mattoni da consegnare, allora conviene cambiare fornitore. In questo caso i mattoni (ferro) si prendono da un altro fornitore, non l’alimentazione, ma l’integrazione.
Pertanto un’integrazione con ferro è ragionevole solo se:
- la sideremia è < 70 μg/dl
- la ferritina è < 50 ng/dl
- la transferrina è normale (> 200 mg/dl).
Nel caso ci fossero problemi con la transferrina è inutile assumere ferro che non arriverebbe mai a destinazione. Meglio indagare il problema con uno specialista.
Cosa accade se si assume ferro senza che ci siano le carenze sopraccitate? Riprendendo la metafora, può darsi che il ferro non venga assorbito (e quindi buttiamo solo i nostri soldi) oppure arrivano troppi mattoni in cantiere (disturbi da eccesso di ferro) o nel magazzino del fornitore (emocromatosi con possibili danni epatici): negli ultimi due casi si hanno dei disturbi a volte anche abbastanza gravi.
Il caso più comune – Si ha quando uno sportivo lamenta un quadro leggermente anemico, sideremia e ferritina e transferrina normali. Purtroppo non si può fare granché: si ha un capocantiere troppo pigro e i lavori vanno a rilento. Solo l’assunzione di eritropoietina (doping) potrebbe migliorare la situazione (ma si dovrebbero considerare i pesanti effetti collaterali legati all’assunzione di EPO).
Gli altri mattoni – Acido folico e vitamina B12 sono gli altri mattoni necessari. Di solito basta un’alimentazione corretta o al più un’integrazione con un multivitaminico per garantire la quantità di cui si ha bisogno. A differenza del ferro, per fortuna sono vitamine che hanno altissimi sovradosaggi, cioè un’eventuale iperassunzione non crea particolari problemi (se non in soggetti ipersensibili alle sostanze). In ogni caso in presenza di un’anemia di difficile spiegazione sicuramente lo specialista farà effettuare gli opportuni esami per evidenziare carenze.
Stati particolari – Negli alcolisti si riscontra spesso un deficit di folati a causa di una dieta inadeguata, un malassorbimento e una riduzione delle scorte epatiche. Inoltre l’assunzione di alcol modifica la transferrina a tal punto che l’esame migliore che si sta affermando per la determinazione del grado di intossicazione alcolica è la CDT, la transferrina carboidrato carente. La transferrina sierica è sintetizzata nel fegato come una glicoproteina monomerica contenente due catene oligosaccaridiche. La transferrina umana si presenta in diverse forme. Mentre in soggetti normali predomina la isoforma tetrasialo, è stato dimostrato che nel siero di individui assuntori abituali di elevate quantità di alcol etilico le isoforme carboidrato carenti sono presenti in livelli elevati.
Ciò dovrebbe far meditare gli sportivi che assumono quantità di alcol non minimali tramite vino o birra o altri alcolici.
Nei fumatori l’ipossia generata da un cattivo funzionamento polmonare può innalzare fittiziamente i valori di ematocrito perché c’è una maggiore stimolazione di eritropoietina. L’ematocrito è normale, ma lo scambio artero-venoso è limitato a livello polmonare con conseguente calo delle prestazioni.
Il grande abbaglio del ferro
Cerchiamo di chiarire meglio perché, nella stragrande maggioranza dei casi di ematocrito basso in uno sportivo, la semplice somministrazione di ferro non risolve il problema. Nel corpo umano il ferro è legato alla funzione del trasporto dell’ossigeno, sia nel sangue (grazie all’emoglobina), sia all’interno delle cellule stesse (grazie alla mioglobina). Il suo ruolo è così importante che l’organismo mantiene anche un deposito di riserva, immagazzinando il ferro nel fegato, nelle ossa e nella milza. Sorge quindi spontaneo chiedersi se
gli atleti possono o devono assumere ferro tramite integratori, oltre alla normale alimentazione?
Alcuni ricercatori infatti sostengono che
la pratica dello sport (specie nelle discipline di resistenza) comporta un aumento del fabbisogno di ferro.
Questo risultato sarebbe testimoniato dalla diminuzione delle riserve di ferro e della sintesi di emoglobina. La locuzione anemia da sport, infatti, indica, come accennato in apertura di articolo, una riduzione dei valori di emoglobina, ovvero al di sotto di 14 mg /100 ml di sangue per gli uomini e di 12 mg/100 ml per le donne. La riduzione del ferro nell’organismo è inoltre più marcata nelle donne, per le quali la perdita di ferro durante il periodo dei flussi mestruali è compresa mediamente tra 5 e 45 mg. Per contrastare tale perdita, sarebbe sufficiente assumere 5 mg in più al giorno; tenendo conto però che solo il 15% di ferro viene assimilato (a seconda della modalità di assunzione), le donne dovrebbero assumere circa 20-25 mg di ferro. Come si vede però, questi calcoli sono puramente indicativi, in quanto la perdita di ferro dovuta al flusso mestruale è estremamente variabile (5-45 mg al giorno) e anche la percentuale di assorbimento è puramente indicativa.
Altri studi, più recenti e nettamente in controtendenza a quelli citati precedentemente, hanno invece rilevato documentato test e misurazioni compiuti su atleti corridori e nuotatori maschi, constatando che
durante un’intera stagione di allenamento e pratica agonistica, non si è riscontrato alcun valore che potesse concludere la presenza di anemia da sport [3].
Analoghi risultati sono stati condotti anche su popolazioni di atlete e confrontati con gruppi di riferimento di sedentarie [4].
Molti studi concordano nell’evidenziare però che l’abbassamento della concentrazione di emoglobina nel sangue conseguente l’esercizio fisico si verifica solo all’inizio dell’esercizio, ma poi ritorna a valori normali entro breve tempo: la mia esperienza tende però a escludere questo riallineamento. Inoltre l’anemia da sport è stata osservata con più prevalenza tra soggetti poco allenati rispetto a soggetti ben allenati. Questo risultato è per certi versi sorprendente e in contraddizione sul criterio comune che associa il consumo di ferro all’intensità dell’allenamento.
In realtà si spiega con il fatto che gli studi sono stati condotti quando lo sport amatoriale non era molto diffuso e “molto allenato” coincideva con campione: il campione è tale anche perché, pur allenandosi duramente, il suo ematocrito non diminuisce!
Infatti
un ematocrito basso non significa necessariamente una carenza di ferro!
Che fare dunque nel caso di ematocrito basso? Vediamo le varie possibilità.
- Sideremia e ferritina basse; transferrina normale: integrazione di ferro ed (eventualmente) acido folico e vitamina B12.
- Sideremia bassa; ferritina e transferrina normali: non c’è nulla da fare; il soggetto non è un campione, l’attività sportiva abbassa l’ematocrito per i microtraumi e per la maggior diluizione del plasma. L’unico rimedio sarebbe l’assunzione di eritropoietina, pratica considerata DOPING e che comunque, sia chiaro, non trasforma un ronzino in un purosangue.
- Transferrina bassa: è il caso di valutare la situazione con uno specialista (ematologo).
Il fatto quindi che la pratica dello sport potrebbe causare in taluni soggetti una carenza di ferro, non significa che l’integrazione di ferro sia necessaria in tutti coloro che praticano sport.
La ricerca medica ha evidenziato una serie di conseguenze, anche gravi, dovute a una errata integrazione di ferro, qualora non necessaria. Tra queste ricordiamo:
- diabete
- disturbi del fegato e alle articolazioni
- aumento dell’insorgenza di malattie infettive
- concentrazioni tossiche di ferro che danno luogo a disturbi cardiologici (problemi alle coronarie), a causa dell’aumento dell’ossidazione di colesterolo LDL e conseguente aterosclerosi.
- In caso di emocromatosi (anomalia genetica) il soggetto è predisposto all’accumulo del ferro nei tessuti, con conseguenze anche gravi: cirrosi e cancro al fegato.
[1] S. M.Blum et al.: The effects of fitness-type exercise on iron status in adult women, Am. J. Clin. Nutr., 43-456, 1986.
[2] K. J. Davies et al.: Muscle mitochondrial bioenergetics, oxygen supply, and work capacity during dietary iron deficiencies and repletion, Am. J. Physiol., 242-E418, 1982.
[3] F. X. Pizza et al.: Serum haptaglobin and ferritin during a competitive running and swimming season, Int. J. Sports Med., 18-223, 1997.
[4] W. L. Risser et al.: Iron deficiencies in female athletes: its prevalence and impact on performance, Med. Sci. Sports Exerc., 20-116, 1988.