Cos’è l’allenamento intermittente? Prima di descriverlo è essenziale fare chiarezza sulle differenze fra tipi di allenamento molto simili e cioè: 1) Ripetute brevi – Somma delle ripetute al massimo alla distanza di gara, ritmo quindi più veloce del ritmo gara; lunghezza delle ripetute da 200 a 400 m con recupero 100-200 m a fondo lento o in souplesse o da fermo (massimo 1′). 2) Interval training – Somma delle ripetute superiore alla distanza di gara, corse al ritmo gara; lunghezza delle ripetute da 200 a 400 m con recupero 100-200 m a fondo lento o in souplesse. 3) Intermittente – Tratti temporalmente molto brevi (da 15 a 45″ sec.) con recuperi a fondo lento anch’essi molto brevi.
Il ritmo dell’allenamento intermittente
Il ritmo di questo tipo di allenamento non può essere lasciato al caso. La fisiologia dello sport ci insegna che:
- se si vuole allenare il sistema ATP-CP (velocisti e mezzofondisti fino agli 800 m), il rapporto fra recupero e prova deve essere 3 volte con durata massima della prova di 10-15″, cioè per esempio 10-30 oppure 15-45.
- Se si vuole allenare il sistema glicolitico e il massimo consumo di ossigeno, il rapporto deve essere 2 con durata della prova fino a 45″, quindi per esempio 20-40, 30-60, 45-90.
Tali indicazioni devono consentire una buona resintesi dell’ATP e un buon smaltimento dell’acido lattico che non dovrebbe mai superare le 6 mmoli/l.

L’allenamento intermittente si basa su tratti temporalmente molto brevi (da 15 a 45″ sec.) con recuperi a fondo lento anch’essi molto brevi
Allenamento intermittente: gli errori più comuni
Purtroppo la fisiologia del lavoro intermittente non è stata compresa fino in fondo e diversi sono gli errori che si commettono. Vediamo i più comuni.
Usarlo per i maratoneti – Questo è l’errore più pacchiano derivante da una visione seriale dell’atleta. Pensare di aumentare il massimo volume di ossigeno è corretto, ma se si usa il sistema X e poi tale sistema X non viene richiamato (oppure si riduce il numero di allenamenti intermittenti da due a uno alla settimana) il valore del VO2max ritorna a quello precedente in poco tempo. Inoltre si deve considerare che è comunque un allenamento impegnativo che va a sottrarre energie al programma della maratona che per un amatore è già oneroso. Da ultimo, scopo dell’allenamento per la maratona non è quello di aumentare il massimo consumo di ossigeno, ma di usarne una frazione maggiore più a lungo. Negli amatori si scopre infatti che le prestazioni alla distanza crollano molto di più che nel top runner, prova che il vero problema è di usare “meglio” il massimo consumo di ossigeno che hanno.
Recupero da fermo – L’allenamento intermittente si trasforma allora nell’HIT.
Usare tratti troppo lunghi o velocità troppo alte – Per i mezzofondisti la velocità dei tratti deve esser quella della velocità aerobica massima. Quindi tipicamente quella del test dei 7′. Se il tratto è troppo lungo o è percorso troppo velocemente si accumula troppo acido lattico e si è costretti a usare il trucco delle serie per smaltirlo (tipo 3 serie da 6 ripetizioni). Meglio è usare un numero minore di serie (il recupero fra le serie è di solito di 5′) e un numero maggiore di ripetizioni, tipo 1×15 oppure 2×10.