L’allenamento a sensazione è una pratica più comune di quanto non si possa essere portati a credere. Molti runner che non gestiscono molto bene la fatica presentano soprattutto il problema di una scarsa uniformità di reazione: un giorno sono motivatissimi e sopportano fatiche immani, un altro sono svogliati e si fermano alle prime difficoltà, ritenendole molto pesanti. In genere arrivano a concepire una strategia di allenamento basata sulla sensazione, piuttosto che su dati fisiologici oggettivi. L’allenamento a sensazione è quindi quella metodica che privilegia come parametro fondamentale la volontà istantanea (cioè in quel momento) dell’atleta di allenarsi in un certo modo. Oggi mi va un fondo lento, corro per un’ora nel parco; oppure mi stimolano delle ripetute durissime, ci provo! Il buon senso dovrebbe suggerire che tale allenamento non è certo ottimale, ma molti runner sono convinti che “dare retta al binomio mente-corpo” sia il miglior modo di allenarsi, senza dover apprendere noiosi concetti di teoria dell’allenamento.
Ciò che questi runner non sanno è che anche l’allenamento a sensazione è stato oggetto di numerose ricerche, lo scopo delle quali è definire fino a che punto sia valido. Fondamentale è la tabella definita da Borg nel 1982; in essa l’intensità del lavoro viene valutata dal soggetto con una scala numerica da 6 a 19 (i valori inferiori sono per gesti non sportivi). Eccola:
Intensità del lavoro
6-8 Estremamente leggero |
9-10 Molto leggero |
11-12 Abbastanza leggero |
13-14 Piuttosto faticoso |
15-16 Faticoso |
17-18 Molto faticoso |
19 Estremamente faticoso |
Ovvio che tutti associano il valore 19 allo sforzo massimale (per esempio una gara tiratissima). Le ricerche seguenti la definizione di Borg (Dishman, R.K: Prescribing exercise intensity for healthy adults using perceived exertion. Med. Sci. Sports Exerc., 26:1087, 1994 e Stedd, J. et al.: Rating of perceived exertion and blood lactate concentration during submaximal running. Med. Sci. Sports Exerc., 26:797, 1994) hanno chiaramente mostrato che non tutti i runner possono allenarsi a sensazione.
Le classi di Borg sono poche e sembrerebbe impossibile che un atleta sbagli classe, giudicando per esempio faticoso un allenamento che è solo abbastanza leggero. In realtà le cause di errore sono tante, citiamo le principali:
- l’intervento di fattori extrasportivi (per esempio il lavoro o la vita familiare); ciò accade per circa il 50% degli atleti amatori;
- un’anomala reazione al clima; per esempio è chiaro che chi odia allenarsi con il freddo, d’inverno “sentirà” maggiormente la fatica;
- una percezione sbagliata della fatica in allenamento (di solito decisamente superiore che in gara);
- una motivazione non propriamente sportiva; chi per esempio corre per dimagrire sente maggiormente la fatica perché lo sport è parzialmente “imposto”.
Conoscete voi stessi?
La possibilità di allenarsi a sensazione dipende dalla bontà della propria sensazione (che nel caso perfetto è completamente equiparabile alla durezza oggettiva dell’allenamento).
Le ricerche hanno quindi mirato a definire alcuni semplici test per capire se l’atleta può allenarsi o no a sensazione. Vediamo i due più importanti (ovviamente si fa riferimento al valore attuale non ai record personali).
- Eseguite un allenamento di media lunghezza al 70% della vostra frequenza cardiaca massima, per esempio chi ha 190, 10 km a 133 pulsazioni. Giudicate l’allenamento in base alla scala.
- Eseguite un allenamento di 10 km alla velocità di maratona (o 30″ al km più lenti del ritmo dei 10000 m se non siete maratoneti). Giudicate l’allenamento in base alla scala.
Vediamo adesso le risposte.
Le risposte
A) La risposta corretta è Molto leggero. Chi ha dato una valutazione superiore in genere allenandosi a sensazione si sottoallena, chi invece lo ha giudicato Estremamente leggero è abituato a tirare troppo a ogni seduta di allenamento: in sostanza se non soffre è convinto di non allenarsi e questo non è il miglior modo di allenarsi.
B) La risposta corretta è Abbastanza leggero. Anche in questo caso chi ha dato una risposta superiore non riesce ad allenarsi sufficientemente bene usando le proprie sensazioni. Chi ha dato una risposta inferiore ha un temperamento agonistico che in allenamento lo porta a strafare.
È interessante notare come le percentuali di risposte corrette sono diverse al variare del test. Nel caso A in genere risponde correttamente oltre il 60% dei runner, mentre nel caso B meno del 30%.
La mia impressione (ma le ricerche non dicono nulla in merito) è che la risposta sia tanto più precisa da quanto più tempo corre il runner, contraddicendo il fatto che l’allenamento a sensazione sarebbe da preferire per chi inizia.
In sostanza, la sensazione non proviene direttamente dai dati forniti dal corpo, ma è mediata dalla mente dell’individuo. Motivazioni, autostima, sicurezze/insicurezze e mille altri fattori psicologici vengono ad alterare il messaggio originario del corpo, giungendo persino a invertirlo.
La motivazione, per esempio, può essere così forte da portare il soggetto a compiere un allenamento massacrante con il sorriso sulle labbra mentre il corpo continua a lanciare messaggi in controtendenza, come doloretti, cali di prestazione, difficoltà di recupero ecc.
Ovviamente esiste anche il caso contrario in cui il corpo lancia messaggi falsi come accade in chi inizia o in chi riprende dopo un infortunio: l’atleta il giorno dopo è pieno di acciacchi e se ascoltasse il corpo non correrebbe per una settimana, in realtà, basta non esagerare con le sedute successive e i dolori magicamente scompaiono dopo le prime centinaia di metri del riscaldamento.

Quanto è utile allenarsi a sensazione?
Corpo o mente?
Se ascoltassimo solo il nostro corpo probabilmente la maggior parte di noi si sottoallenerebbe, se ascoltassimo solo la nostra mente la maggior parte si sovrallenerebbe e si infortunerebbe. Essere il miglior allenatore di sé stessi vuol dire proprio trovare un equilibrio che consenta di ottenere il massimo dal nostro fisico: la mente guida il corpo dopo averne ascoltato i segnali. Non è facile perché ciò presuppone un equilibrio che è molto raro. D’altra parte il bello della corsa è anche questo: conoscendola, può insegnare a vivere meglio.