Nelle sedute di allenamento che lo prevedono, il recupero deve essere fatto da fermo o di corsa? La risposta immediata a questa domanda è: dipende da due fattori.
- La distanza che si prepara
- Le caratteristiche dell’atleta.
Generalmente si considera soltanto il punto 1). In effetti per atleti evoluti il punto 1) è di gran lunga più importante del punto 2) perché si presuppone che l’atleta, allenandosi per una certa distanza sia portato per quella distanza.
In campo amatoriale, però, ciò può non essere vero: esistono, per esempio, velocisti che smettono con determinate distanze e decidono di correre la maratona, esistono runner sovrappeso che vogliono correre senza rientrare in un peso accettabile, esistono atleti provenienti da altri sport. Ciò che è fondamentale comprendere è che ognuno dei casi speciali può essere ricondotto a stabilire se l’atleta è anaerobico o aerobico.
Le tre modalità di recupero
Esistono tre metodi con cui si può recuperare: recupero da fermo (RF), recupero con corsa in souplesse (RS, a piacere, quella corsa che dà all’atleta la sensazione di essere sicuramente pronto per la prossima ripetuta) e recupero con corsa lenta (RL).
Durante il recupero si smaltisce fra l’altro l’acido lattico. Lo smaltimento è più veloce se il torrente circolatorio è più attivo, cioè se ci si muove; il problema è che se la velocità non è sufficientemente bassa (come nel caso di corsa in souplesse) se ne produce altro. Il concetto di velocità sufficientemente bassa dipende ovviamente da come si è terminata la ripetuta.
Durante lo svolgimento delle ripetute, a parità di valore sulla distanza, un atleta anaerobico accumula più acido lattico rispetto a un atleta aerobico, ma riesce a smaltirlo meglio e a correre comunque con livelli più alti, almeno fino al punto di crisi.
L’atleta anaerobico privilegerà il recupero di tipo RF o RS, mentre l’aerobico quello RL; anzi quel poco acido lattico che ha prodotto sarà mal smaltito con un recupero da fermo.
L’atleta anaerobico ha prodotto molto più acido lattico, ma lo smaltimento da fermo sarà sufficiente per farlo ripartire pimpante.
Proprio per questi motivi
il recupero in souplesse non ha molto senso;
né per l’atleta aerobico, che potrebbe recuperare a un’andatura più veloce, né per l’atleta anaerobico che si troverebbe troppo facilitato. Vediamo ora il recupero in funzione delle distanze.
Il recupero in funzione delle distanze
1500 m – Essendo una gara anaerobica, il recupero deve essere da fermo.
3000 m e 5000 m – In queste distanze, la componente anaerobica è ancora sensibile. Si deve privilegiare il recupero da fermo, ma può fare la comparsa il recupero di corsa. Nei recuperi da fermo non si deve andare oltre i 3′. I recuperi più ampi sono deleteri in quanto abituano l’atleta a partire troppo forte, a correre cioè la prova anaerobicamente.
10000 m – Nei 10000 m la componente anaerobica è bassa. Nel programma ci saranno sia recuperi di corsa (preferibilmente 400 o 500 m, ma anche 1 km) sia recuperi da fermo. Teoricamente l’atleta più aerobico (per esempio il maratoneta) dovrebbe avere una maggioranza di recuperi da fermo, mentre quello con maggiori caratteristiche anaerobiche recuperi di corsa.
Mezza maratona – La componente anaerobica nella mezza maratona è minima. I recuperi si devono fare di corsa, preferibilmente 1000 m.
Maratona – Fisiologicamente non ho mai capito che senso abbia correre quattro 5000 m con il recupero di 1 km di corsa o con 3′ da fermo (ho anche visto chi preparava la maratona correre quattro serie di 5000 m al suo ritmo maratona con il recupero di 15′!).
Perché non fare 20 km tutti uniti?
Dai 10000 m in su il recupero da fermo ha senso solo nei test in cui, tarando opportunamente il recupero (per esempio facendo in modo che il picco di acido lattico cada nei primi minuti di ogni ripetuta successiva), si studiano le prestazioni dell’atleta a seconda di come ha distribuito le prove oppure in quei test che hanno valore previsionale per la distanza oggetto della preparazione.

La scelta fra il recupero da fermo e quello di corsa dipende da due fattori: 1) la distanza che si prepara; 2) le caratteristiche dell’atleta