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Professionisti o dilettanti?

Una cosa che non ho mai capito parlando con allenatori di un certo livello è la distinzione fra assoluti e amatori; nei primi in genere rientrano anche i ragazzi, il futuro dell’atletica italiana. A mio avviso la distinzione non solo è errata, ma addirittura è nociva per il movimento atletico. Sinceramente penso che sia arretrata di almeno trent’anni e come tale andrebbe rivista. Si devono infatti tener conto di alcuni fondamentali cambiamenti: a) molti campioni raggiungono obiettivi mondiali a quarant’anni, un’età tipicamente da “amatori”; ciò significa che l’età è un fattore decisamente meno discriminante rispetto a qualche decina di anni fa; b) esistono ormai parametri scientifici per capire il potenziale di un atleta per cui si può ragionevolmente intuire che molti ragazzi non diventeranno mai campioni mondiali; non solo, non diventeranno mai nemmeno campioni italiani; c) molti amatori fanno sport per il piacere di farlo, ma anche per rimanere in forma e in salute; cioè perché ciò migliora la qualità della loro vita.

Da questi tre punti risulta che non c’è (o non dovrebbe esserci) nessuna differenza fra un ragazzo di sedici anni che fa sport per il piacere di farlo e un amatore di cinquanta che corre per lo stesso piacere. Si viene cioè a delineare la differenza non fra assoluti e amatori, ma fra professionisti (chi potrà o può vivere di sport, arrivando a obiettivi notevoli) e dilettanti (tutti i ragazzi che non hanno prospettive professionistiche e gli amatori che “corrono per vivere meglio”).

L’allenatore che non ha capito questa evoluzione e continua ad allenare il ragazzino con un’intensità e una determinazione con cui si allena un potenziale campione olimpico non solo porterà il ragazzo ad allontanarsi dallo sport (troppa fatica e poco divertimento perché troppo stress), ma rischierà anche di illudere tutti i giovani atleti che si saranno affidati a lui confidando di cambiare la loro vita con lo sport.

Il ventenne che fa sport da diversi anni e corre i 5000 m in 15’40” deve farlo per il piacere di farlo e non per il miraggio di andare alle olimpiadi. L’impegno che deve infondere nello sport non deve perciò essere totale (come il professionista), ma paragonabile a quello di un amatore che si allena tutti i giorni e a cinquant’anni corre i 5000 m in 17’40”: come l’amatore non trascura il lavoro e la famiglia (sì, lo so, ci sono certi degenerati che lo fanno, ma sono piuttosto patetici…), così il ragazzo non dovrebbe trascurare la scuola e le amicizie extrasportive e il suo allenatore dovrebbe facilitarlo in quest’ultimo compito.

professionisti o dilettanti

Il settore “Assoluti” si riferisce a tutti i tesserati dai 16 anni ai 34 anni di età

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