Perché parlare di maratona e rischio cardiovascolare? Perché, senza ombra di dubbio, la maratona è la gara podistica dove si registrano più malori, molte volte di poco conto, altre volte di notevole gravità. Una posizione scientifica non può che rilevare che la stragrande maggioranza di essi è dovuta alla mancanza d’allenamento (per questo la maratona deve considerarsi la massima distanza compatibile con la salute; nessuno può essere seriamente allenato per correre una cento km per il banale riscontro che in allenamento spesso non arriva a percorrere nemmeno 80 dei 100 km); essere poco allenati, infatti, produce uno stress organico che il corpo non sopporta. Lo stress può essere dovuto alla disidratazione, allo shock termico (ipertermia, ved. Il manuale completo della corsa) o, meno frequentemente, alla rabdomiolisi (un serio danno al muscolo scheletrico che ha come conseguenza il rilascio nel torrente sanguigno di vari composti tra cui mioglobina, creatina, calcio, potassio e acido urico) che può provocare danni al cuore che, non dimentichiamolo è un muscolo.
Secondo la teoria di Arthur J. Siegel, un medico statunitense, la rabdomiolisi interagisce con una placca aterosclerotica* preesistente nei vasi afferenti al cuore e ciò provoca un richiamo di piastrine per bloccare il processo; si formerebbe un coagulo che, se non un infarto vero e proprio, potrebbe provocare una variazione nel ritmo cardiaco. Da qui il consiglio (una prescrizione comune per chi ha subito precedenti incidenti cardiovascolari) di assumere prima della gara un’aspirina, magari in dosaggi ridotti. La teoria di Siegel non è provata, visto che le autopsie effettuate non hanno rilevato nessun coagulo recente.

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Maratona e rischio cardiovascolare: cosa fare?
Il consiglio di Siegel non è certo il massimo ai fini salutistici. Poiché molti runner si ritengono sani solo perché stanno bene (ricordiamo che la visita di idoneità sportiva non è in grado di prevedere un infarto del miocardio per il semplice fatto che non prende in considerazione lo stato dei vasi), non ha senso correre una maratona prendendo un’aspirina a scopo “preventivo”. Un atteggiamento del genere infatti, significa limitarsi soltanto a prendere atto che lo stato delle proprie arterie non è ottimale.
Molto più sensato effettuare un semplice ecodoppler carotideo (se c’è una placca sulle carotidi è ragionevole pensare che anche lo stato delle coronarie non sia perfetto), verificare lo stato delle arterie e, se non ottimale (ricordiamo che con l’età un certo grado di stenosi può essere presente, il flusso del sangue viene alterato solo per stenosi superiori al 50-60%), astenersi dalla maratona e comunque da distanze per le quali non si è sufficientemente allenati. Nel caso in cui il risultato dell’ecodoppler fosse preoccupante, è opportuno eseguire accertamenti specialistici sullo stato del cuore e delle coronarie.
* Semplificando, le placche aterosclerotiche possono essere di due tipi, soft e hard. Quelle soft sono di materiale lipidico e possono causare sia embolia sia un’occlusione del vaso (infarto); quelle hard (calcifiche) sono calcificazioni che possono portare solo a un’occlusione del vaso.