Questo articolo vuole mettere in evidenza che non esiste un allenamento sensato per un determinato atleta se non si fissano gli obiettivi. Molti ritengono che l’unico obiettivo sia la distanza di gara. In realtà il tutto non è così semplice. Le finalità dell’allenamento vanno oltre la semplice ottimizzazione delle prove nei confronti della distanza scelta. Una volta che sono stati scelti la distanza e il numero di allenamenti settimanali si possono infatti indicare diversi altri obiettivi che definirei strategici; questi obiettivi sono i seguenti: arrivare in fondo; ottenere il massimo in una gara singola; ottenere il proprio record personale; impostare una carriera agonistica; durare il più a lungo possibile. Ovviamente, accanto a questi, se ne possono indicare diversi altri, ma quelli che abbiamo citato sono senza dubbio quelli più comuni. Analizziamoli quindi uno per uno.
Arrivare in fondo – Di solito si prospetta questo obiettivo quando la distanza è la maratona, ma nel caso di principianti potrebbe essere una gara di 10 km. L’importante per questa strategia è abituarsi a finire tutti gli allenamenti, per cui occorre individuare, in ogni allenamento, quei fattori che avrebbero potuto provocare lo stop. Crampi, problemi intestinali, vesciche, partenza troppo rapida, incapacità di bere durante la corsa, problemi muscolari o tendinei, scarsa reattività nervosa alla durata della prova ecc. Dimenticatevi il cronometro e fissate la vostra attenzione sui fattori bloccanti. Sarete pronti quando su 10 allenamenti non avrete segnato nessun fattore bloccante nella vostra agenda.
Gara singola – Può essere il caso dell’olimpiade, di un campionato italiano o di una gara a livello provinciale in cui si è sfidato l’amico, non ha importanza: ciò che conta è che finalizziate l’allenamento all’evento. Fattori determinanti (oltre ovviamente alla qualità degli allenamenti che devono portare a un miglioramento dell’atleta) sono tutti quelli che fanno riferimento alla gara in oggetto: le condizioni climatiche, le condizioni del fondo (se correte in pista, analizzate il materiale e decidete se correre con i chiodi o no), l’orario della gara, gli avversari. È inutile fare dei grandi tempi correndo all’imbrunire per evitare il caldo quando poi la gara si correrà in tarda mattinata con il sole a picco. Se decidete di usare i chiodi per una gara in pista abituatevi a usarli, non indossate le scarpe chiodate il giorno della gara.
Se la gara si svolge in prima mattinata, eseguite qualche allenamento settimanale al mattino. Decidete fin dall’inizio del piano dall’allenamento quale potrebbe essere la tattica di gara in base agli avversari che supponete presenti: se pensate di farvi trainare per poi giocarvi tutto allo sprint è ovvio che una parte dell’allenamento deve essere finalizzata a velocizzarvi nella parte finale. Non mi dilungo oltre, ma non posso non sottolineare come spesso si dimentichi totalmente la gara obiettivo sino a pochi giorni prima dello svolgimento.
Record personale – Il discorso può sembrare simile a quello della gara singola, finalizzando la gara al record, ma le cose sono più complesse. Innanzitutto occorre finalizzare un periodo (a volte l’intera stagione, ma mai meno di un paio di mesi) all’obiettivo. A meno che non si sia agli inizi della propria carriera atletica, ottenere il record personale non è cosa fattibile in due o tre settimane; sembra banale sottolinearlo, ma mi rivolgo a quei runner che passano da una distanza all’altra convinti che bastino pochi allenamenti d’adattamento.
Poi occorre scegliere le gare dei tentativi e applicare a esse le modalità d’approccio della gara singola. Si parla di gare e non di gara del tentativo perché occorre tenersi delle cartucce di riserva: puntare su un solo tentativo, oltre che psicologicamente pesante, è anche azzardato perché una giornata storta può capitare a tutti oppure si può incappare in una giornata oggettivamente sfavorevole per il tentativo di record.
Le gare devono essere il più possibile omogenee, distanziate solo del giusto periodo che tenga conto del recupero e del fatto che la forma massima non si può tenere all’infinito. Per una maratona il periodo può essere tre settimane; occorre avere l’accortezza di rendersi conto della possibilità di raggiungere l’obiettivo durante la gara stessa. Se al ventesimo chilometro si comprende che non si farà il record, conviene prendere il tentativo come un ulteriore allenamento e puntare sulla gara di riserva.

Non esiste un allenamento sensato per un determinato atleta se non si fissano gli obiettivi
Impostare una carriera agonistica – Il soggetto di solito è un atleta giovane e la programmazione è pluriennale; ogni stagione avrà le sue finalità, ma tutte saranno legate dall’attenzione di non bruciare l’atleta, di motivarlo a continuare e di scoprire la distanza a lui più congeniale. Portare ragazzi di tredici anni a correre una maratonina (visto con i miei occhi!), insistere su estenuanti allenamenti che tolgono motivazioni, esercitare una pressione eccessiva sulle gare, sono atteggiamenti decisamente negativi: l’allenatore deve vedere come un fallimento personale non tanto la mancanza di risultati quanto l’abbandono del ragazzo prima della maturità. In quest’ottica è necessario un rapporto chiaro, soprattutto per ciò che concerne i sacrifici e le difficoltà che si dovranno affrontare.
Durare il più a lungo possibile – Questo obiettivo dovrebbe essere quello prioritario per tutti i runner che non hanno mire agonistiche assolute, ma che vivono la corsa non come affermazione personale, ma come miglioramento della qualità della loro vita.
L’allenamento deve preservare le motivazioni psichiche alla corsa e l’integrità fisica dell’atleta. Non è affatto vero che per durare a lungo ci dobbiamo allenare blandamente; gli allenamenti possono essere anche duri, ma sempre compatibili con il recupero dell’atleta e con i giusti periodi di scarico. Anzi, sono convinto, per esperienza personale, che chi si allena blandamente, a poco a poco perde le motivazioni “eroiche” della corsa e spesso diventa meno reattivo alla fatica. Per preservare l’integrità fisica i consigli sarebbero banali, ma spesso il runner li ignora convinto che si debbano applicare agli altri, ma non al suo fisico di ferro, Pertanto li riassumerò brevemente. Non gareggiate troppo (e comunque non tutte le domeniche per tutto l’anno!); non gareggiate spesso su terreni sfavorevoli (salite, discese, sterrati in cattive condizioni ecc.: la corsa non è uno sport estremo); se amate le lunghe distanze non fate più di tre o quattro maratone all’anno e non azzardatevi a pensare alla cento chilometri, ricordandovi che la corsa è salute e non esibizionismo; se avete dei problemi fisici non fate gli eroi, consultate degli specialisti e non abbiate fretta di rientrare.
LA MAIL
Penso che alla base della seguente mail vi sia la fiducia eccessiva nelle potenzialità dell’allenamento; è quindi didattica per tutti quegli sportivi che pensano “che si possa arrivare a ogni traguardo, bastano la dedizione e il sacrificio”.
Perché Albanesi non fa vincere le Olimpiadi?
Buon giorno.
Domanda interessante: notando come è ben preparato il sito e il suo costante aggiornamento e la sua esperienza personale in fatto di alimentazione e corsa, nessuno le ha mai domandato come mai non ha mai vinto un’olimpiade o fatta vincere a qualche runner che ha seguito i suoi metodi?
Grazie, cordiali saluti. F.

Stadio Panathinaiko di Atene: a partire dal 2004 questo Stadio appare come sfondo sulle medaglie olimpiche
La risposta è duplice.
Come mai non ha mai vinto una olimpiade?
Questa spero sia una battuta. Se non lo è, rilevo come la fiducia negli allenamenti sia veramente esagerata in molti sportivi. È contro ogni logica scientifica l’affermazione che “con l’allenamento (forza di volontà) si arriva dove si vuole”. Nella corsa e negli sport dove la tecnica conta poco, il campione per almeno il 90% nasce tale. Nel mio caso, come il 99% della popolazione, ho un fisico mediocre che però sono riuscito a mantenere molto bene negli anni, tant’è che sono messo meglio di soggetti che le olimpiadi le hanno vinte davvero, tanti anni fa, e ora sono obesi e lentissimi.
Come mai non ha mai fatto vincere un’olimpiade a qualche runner che ha seguito i suoi metodi?
Fare l’allenatore non rientra nei miei piani; inoltre allenare un atleta a livello mondiale comporta un coinvolgimento totale (oltre al fatto non trascurabile che l’atleta debba essere “intelligente” e che ci sia un feeling con l’allenatore). Sinceramente non mi interessa perché una delle cose che insegno nel sito è che la fama e il successo non devono portarci via le cose belle che amiamo.
Molti anni fa, quando avevo terminato il liceo, mio padre aveva contattato i responsabili della normale di Pisa per l’esame di ammissione alla facoltà di Fisica. Non c’erano problemi, visto che ero uscito dal liceo con il massimo dei voti e il pre-colloquio era andato benissimo.
L’ultima parola spettava a me; era un giorno d’agosto, caldissimo. Verso sera uscii in campagna con i miei segugi che si persero subito nei campi di granturco. Mentre li aspettavo, una rana, grande e atletica, si staccò dalla riva e si tuffò nel fosso. Mi vidi nella mia camera a Pisa, circondato da gente che sognava un futuro da Nobel. Pensai che avrei perso le magie di settembre, il profumo del riso tagliato, le prime nebbie, lo stonato abbaiare dei segugi che inseguivano una lepre troppo furba. Rinunciai (per fortuna…).
Ti sembrerà strano, ma girare il mondo per far vincere un’olimpiade è un onere più che un onore. E se mi tocca andarmene a Rio de Janeiro proprio il giorno che si corre la classica del comune a due passi da me? Io non faccio cambio.