Il fartlek è forse la tipologia d’allenamento più difficile da interpretare a causa dell’evoluzione del primitivo concetto in cui l’aspetto ludico non era secondario. In linea teorica, una sessione di fartlek è orientata al miglioramento della soglia anaerobica, ma sono talmente tanti i modi di interpretarlo che per definirne gli scopi ci si deve riferire a una seduta specifica. Fartlek è una parola di origine svedese che significa gioco di velocità, l’equivalente di speed play in inglese. Originariamente il fartlek (noto come fartlek svedese perché fu introdotto dall’allenatore svedese Gösta Holmer negli anni ’30 del secolo scorso) si trattava di correre tratti a differenti velocità, secondo la sensazione individuale, su percorsi naturali spesso con salite o altri ostacoli.
Ritmo – È a sensazione in base all’impegno che si vuole profondere nella seduta. Per evitare un’anarchia completa è bene pensare a una distanza specifica: corro il tratto veloce come se stessi correndo un 10000 m; corro il tratto lento al ritmo del fondo lento ecc. Ovvio che più i tratti veloci sono corti più il ritmo dovrebbe salire (fino a quello dei 1500 o dei 3000 m).
Distanza dei tratti – Anche qui libertà massima; di solito i tratti sono liberi (l’atleta misura il tempo in base alla sua sensazione di fatica) oppure sono legati a un tempo (è facile con gli orologi che hanno diversi timer). Più raramente sono legati a riferimenti spaziali; di solito accade quando si esegue il fartlek su un percorso fisso (per esempio “dal ponte fino alla quercia”). In genere si parla di fartlek breve quando i tempi dei tratti veloci arrivano al massimo a 1′; di medio quando arrivano fino a 2′ e di lungo quando sono di durata superiore.
Solitamente il tratto di recupero ha una durata che oscilla fra 1 e 3 minuti.
Tempo totale – Alcuni conteggiano il tempo totale, altri il solo tempo dei tratti veloci. In base alla distanza percorsa nella seduta si può stabilire una corrispondenza fra fartlek e distanza preparata:
- 5000 -> 5 km
- 10000 -> 6 km
- Mezza -> 8 km
- Maratona -> 10 km.
Dall’elenco risulta evidente che, per il maratoneta, il fartlek non può rappresentare un allenamento finalizzato alla gara, può rappresentare però un valido mezzo per quei periodi di transizione in cui l’atleta affronta distanze minori.
Molti runner che preferiscono correre a sensazione amano il fartlek proprio perché consente di personalizzare l’allenamento, cioè di autogestirsi secondo le sensazioni della giornata. Nella parola autogestione ci sono i pregi e i difetti di questa tipologia di allenamento rispetto ad altre prove intervallate come le ripetute o il fartlek statunitense.
I pregi – Sono evidenti soprattutto per quegli atleti che si conoscono bene e hanno una psicologia abbastanza forte e una soglia di fatica abbastanza alta da non interpretare sempre il fartlek come una semplice soluzione per “non andare al massimo”. In effetti, uno dei pregi del modello svedese è proprio il fatto che, svincolandosi dai ritmi, l’atleta può correre “secondo le risorse della giornata”: la seduta può diventare piacevolmente massacrante oppure essere mentalmente piacevole perché corsa totalmente in libertà.
Per l’amatore ciò è molto utile quando corre con atleti di valore inferiore: è la cosiddetta seduta libera; si corre al ritmo del fondo lento del gruppo, ma, per esempio, ogni 5′ si piazza un allungo di un km, “da qua a là”, in totale libertà di ritmo. La seduta libera rigenera mentalmente e consente una corsa in compagnia, molto meno noiosa di un normale lento in solitaria.
Decisamente agli antipodi sta la seduta alternata, realizzabile solo in un gruppo omogeneo. Prima dell’allenamento si decide l’ordine con cui gli atleti si alternano nella funzione di capobranco. Il capobranco decide ritmo e durata della fase veloce e di quella di recupero (si inizia con quella di recupero), all’insaputa degli altri che devono solo… sperare di reggere. Chi resta indietro nella fase veloce deve recuperare nella fase di recupero del nuovo capobranco. Ovvio che, se il capobranco è lui, gli altri possono permettersi di rifiatare, aspettando che il ritardatario li raggiunga per iniziare il suo turno di recupero.
Il difetto – Come detto, se l’atleta non sa gestirsi, gli stimoli del fartlek svedese non sono per nulla allenanti, risultando la seduta troppo blanda o (più raramente) troppo impegnativa per potersi armonizzare con la preparazione del periodo.
Il fartlek statunitense
Poiché i risultati del modello svedese sono variabilissimi e dipendono da come l’atleta interpreta l’allenamento, allenatori di vertice lo hanno invece reso una tipologia d’allenamento estremamente proficua e interessante, anche se ne hanno stravolto l’originaria concezione (modello statunitense, le cui prime esperienze risalgono al 1940). Secondo questa scuola di pensiero
il fartlek si corre alternando tratti a velocità di gara a tratti corsi per lo meno al ritmo del fondo lento.
Il fartlek statunitense quindi:
- non deve essere eseguito su terreni sterrati, bensì su asfalto o su pista;
- non deve essere corso a sensazione, ma secondo ritmi ben precisi;
- deve essere eseguito su tratti accuratamente misurati.
Solo in questo modo è possibile pianificare l’allenamento, confrontare sedute, valutare lo stato dell’atleta e soprattutto giustificare il fartlek alla luce di considerazioni fisiologiche.
Il fartlek così concepito serve per toccare tutte le componenti che generalmente sono chiamate in causa nella gara e risponde quindi al concetto di parallelizzare gli stimoli dell’allenamento. In tal senso può essere utilizzato in qualunque momento della stagione purché l’atleta abbia già acquisito una sufficiente potenza aerobica (SAN). Dovrebbe essere eseguito nella fase precedente i periodi agonistici e nei cicli di mantenimento. Si possono definire tre tipologie di fartlek, per ognuna delle quali diamo un esempio:
- lungo: 8×4′ (R=10000 m) con recupero 3′ (R=FL)
- medio: 10×2′ (R=10000 m) con recupero 2′ (R=FL)
- corto: 15×1′ (R=5000 m) con recupero 1′ (R=FL).
Il ritmo R può essere quello dei 10000 o quello dei 5000 m, le gare per le quali il fartlek è particolarmente indicato. L’atleta più evoluto, anziché alzare il ritmo dei tratti veloci, tenderà a portare il ritmo dei tratti lenti vicino al medio.
Un’osservazione importante: nulla vieta di trasformare i tempi in distanze. Per esempio, un runner che ha come personale 40′ sui 10000 m può correre la seduta di fartlek lungo come 8×1000 m (a 4’/km) con recupero 600 m a 4’45″/km.
Da questa trasposizione si comprende la differenza che c’è fra fartlek, interval training e ripetute brevi. Nel modello statunitense i tratti veloci sono più lunghi (da 300 m a oltre 1 km) che nell’IT o nelle ripetute brevi (da 200 a 400 m) e i tratti più lenti sono comunque corsi a buona velocità (dal lento al medio), mentre nell’IT e nelle ripetute brevi si va dal lento alla corsa in souplesse o al recupero da fermo. È importante cioè capire che i lavori eseguiti in pista del tipo 600 m al ritmo dei 5000 m con recupero 200 m al ritmo del fondo lento sono lavori di fartlek e per essi vale la scheda soprariportata.
Semplificando si può dire che sono lavori di fartlek quelli in cui i tratti veloci vanno da 300 a 1200 m (a ritmo gara 5000 m o 10000 m) e quelli lenti da 200 a 800 m (a ritmo dal lento al medio).

La versione statunitense del fartlek non prevede percorsi su terreni sterrati, bensì su asfalto o su pista
La seduta scientifica di fartlek: i quattro parametri
Finora il fartlek è stato proposto dagli allenatori in base ai risultati che si ottengono: funziona, perciò usiamolo. Questo approccio empirico può essere razionalizzato alla luce di quanto abbiamo detto sull’allenamento parallelo. Infatti il fartlek, come il fondo progressivo, è un eccellente esempio di allenamento parallelo, andando a toccare molte grandezze fisiologicamente significative. Ovviamente l’optimum sarebbe di andarle a toccare tutte. È su questo scopo che imposteremo la seduta ideale di fartlek.
La seduta scientifica di fartlek è caratterizzata da quattro parametri:
- la durata
- la lunghezza del tratto lento e di quello lungo
- la velocità del tratto veloce
- la velocità del tratto lento.
Da un punto di vista logico il tratto lento e quello lungo potrebbero essere diversi come lunghezza, ma dal punto di vista fisiologico non è necessario che ciò accada. Adottare lunghezze diverse può essere oggetto di studio per allenamenti di fartlek orientati a distanze precise. Per un fondista che si esprime su diverse distanze (come in genere accade a tutti gli amatori) è invece prioritaria la varietà dell’allenamento.
Occorre anche fare presente che la lunghezza può essere espressa come tempo (per esempio un minuto) o come distanza (per esempio 300 m). La scelta dipende dal percorso che si ha a disposizione e dalle caratteristiche psicologiche del soggetto. Si deve anche far notare che il fartlek a tempo equivalente (1′-1′) viene un po’ snaturato se si considerano le distanze equivalenti (300-300), a meno di non considerare distanze diverse (300-250). Infatti se il tratto veloce di 300 m viene percorso in 1′, l’analogo tratto lento viene percorso in magari in 1’12”. Ovviamente sono dettagli che non alterano la bontà dell’allenamento.
Veniamo quindi al punto: come scegliere i 4 parametri in base al concetto di allenamento parallelo? Se si considerano le varie grandezze dell’atleta che sono interessanti per le gare di fondo (soglia anaerobica, resistenza anaerobica, massimo consumo di ossigeno ecc.) si vede che, per potere eccellere in tutte, l’atleta dovrebbe essere contemporaneamente uno specialista dei 5000 m e della maratona. Dopo questa considerazione è facile definire i punti c) e d):
la velocità del tratto corto deve essere quella dei 5000 m e la velocità del tratto lungo deve essere quella della maratona.
Se l’atleta non è un maratoneta o non ha il fisico da maratoneta (magari perché è in sovrappeso) la velocità del tratto lento deve essere quella che non aumenta la concentrazione di acido lattico. Supponiamo che un atleta corra i 5000 m in 14’10”; il tratto veloce lo correrà a 2’50” mentre quello lento lo correrà a 3’20” (tempo stimato parametrando il suo valore sulla maratona). Se l’atleta corre i 5000 in 21′ e la maratona in 3h30′, le velocità dei tratti saranno rispettivamente 4’12” e 5’/km.
Veniamo al punto b). È chiaro che se si allunga troppo la lunghezza del tratto, l’impegno alla velocità di gara dei 5000 m è eccessivo. Non ha cioè senso fare 10′ veloci e 10′ lenti; nell’esempio citato dell’atleta da 14’10”, in 10′ significa correre oltre 3000 m e quindi fare una vera e propria gara già nella prima frazione veloce. È per questo motivo che si accorcia la lunghezza del tratto: per consentire di prolungare abbastanza a lungo il fartlek sfruttando i tratti lenti per recuperare.
Durate tipiche dei tratti sono uno o due minuti.
Resta da definire il punto a), quello, se vogliamo, più importante. Anche in questo caso la risposta ormai è scontata.
La durata dell’allenamento deve essere tale da consentire di rispettare i vincoli sulle velocità.
Se l’atleta non riesce a rispettarli deve sospendere la prova. In genere si inizia con 25′-30′ e si sale fino a una durata ragionevole (massimo 40′-50′, dipende ovviamente dal tempo dell’atleta sui 5000 m, dal suo grado di allenamento, dalla lunghezza del tratto ecc.).
Gli errori comuni
Si possono riassumere semplicemente dicendo che non rispettare i parametri sopraindicati si traduce in un cattivo allenamento. In genere si hanno due tendenze opposte. Chi esaspera la velocità nel tratto veloce e la deprime nel tratto lento allena troppo le caratteristiche anaerobiche del soggetto, mentre chi fa il contrario uniformando le due velocità (facendo avvicinare il fartlek a un medio!) esaspera troppo quelle aerobiche. Non si ottengono cioè gli scopi dell’allenamento parallelo.