Quella sui fabbisogni energetici della maratona è una questione estremamente interessante e, come tale, merita un’ampia riflessione. La maratona, come molti già sapranno, è una gara che richiede una preparazione qualitativamente diversa da quella di altre gare di fondo. Il motivo è molto semplice: mentre per passare dai 5000 m ai 10000 m o anche dai 10000 m alla mezza maratona non cambia notevolmente il substrato energetico (soprattutto per chi va forte, mentre la cosa è un po’ diversa per chi corre la mezza maratona in circa due ore), nella maratona si suole affermare che “è necessario che l’organismo impari a bruciare i grassi” poiché la miscela energetica necessaria alla gara è rappresentata da un 80% di carboidrati e da un 20% di grassi. Poiché i grassi (e questo è già meno noto) non possono essere bruciati qualora manchino i carboidrati, se l’atleta non inizia a bruciarli da subito, quando finiranno i carboidrati, dell’enorme quantitativo calorico immagazzinato sotto forma di lipidi non se ne farà nulla.
Fabbisogni energetici della maratona: facciamo i conti
Proviamo, a mo’ di esempio, a fare un po’ di conti su un atleta standard di 70 kg. Il suo contenuto di glicogeno è di circa 500 g; considerando il glucosio circolante con i carboidrati a disposizione arriverà fino al 30 km circa.
Il conto è questo: ogni grammo di glicogeno fornisce 4 kcal e la spesa energetica è data (con corsa ottimale da (0,9*70*km), cioè 1.890 kcal per 30 km. Senza essere maniaci dei conti (se la corsa non è ottimizzata anziché 0,9 si dovrebbe usare 1), diciamo che un atleta abituato a bruciare solo carboidrati arriverà al 30 km e poi ci sarà il crollo (il famigerato muro della maratona).
Questi sono i dati che girano ormai da anni nell’ambiente della maratona. Purtroppo le cose sembrano molto più complicate.
Primo risultato
In letteratura si trova che il contenuto massimo di glicogeno che un individuo può stoccare è di 15 g per kg di peso. Per il nostro atleta di 70 kg si tratta di 1.150 g pari a 4.600 kcal sufficienti a fargli correre una maratona anche se la sua corsa non è economica (diciamo 3.000-3.200 kcal). Per arrivare a stoccare tanto glicogeno occorre introdurre quantità notevoli di carboidrati, gran parte dei quali finisce in grasso corporeo (il corpo ragiona così: un po’ di energia la immagazzino come grassi e un po’ come glicogeno, per tutte le evenienze): nessun atleta ad alto livello riuscirebbe nell’impresa salvo aumentare di 10 kg e andare pianissimo.
La cosa però è possibile per atleti sovrappeso che vogliono terminare semplicemente la maratona: con una scorta di glicogeno sufficiente (e con un bel po’ di chili di troppo) possono terminare senza problemi (il tempo non conta) anche se non hanno effettuato lunghissimi oltre i 25 km.
In effetti per molti runner di questa categoria la situazione si è verificata.
Secondo risultato
Chi è molto allenato per i 10000 m (anche qui stessa situazione: massimo lunghi di 25 km) se corre sotto ritmo brucia meno carboidrati, anche se non è allenato a bruciare grassi. Rifacendo i conti si scopre che il nostro atleta standard (70 kg) brucerebbe meno di 2.100 kcal, proprio la sua scorta di glicogeno: potrebbe correre (e anche in questo caso la cosa si è verificata, per esempio con atleti del valore teorico di 2h50′ che corrono la maratona in scioltezza in 3h20′) la maratona con lunghissimi di soli 25 km, anche perché comunque uno specialista dei 10000 m (come pure l’atleta sovrappeso del primo risultato) con lunghi da 25 km un po’ di grassi impara a bruciarli.

In maratona il recupero idrico è essenziale, mentre l’integrazione di sali e/o di carboidrati è meno importante.
Terzo risultato
I primi due risultati hanno dimostrato che si può correre una maratona anche senza lunghissimi oltre i 25 km: ovviamente con netto scadimento della prestazione, ma nessun muro.
Quindi aboliamo i lunghissimi? No, perché chi corre con la strategia 1 e 2 finisce la maratona, ma non ottimizza il suo tempo.
Sono strategie cioè di coloro che hanno come unico obiettivo il finire la maratona. La strategia tre è però la più complessa.
Il ragionamento è il seguente:
- sono un atleta ben allenato sui 10000 m. Dal tempo sui 10000 m (diciamo 37′) ho un tempo teorico sulla maratona di 2h57′.
- Effettuo dei lunghissimi di 28 km (due terzi della maratona).
- Integro con carboidrati. Se partissi a 4’15″/km (sotto le tre ore) probabilmente avrei comunque un crollo attorno al 35-37mo chilometro.
Dalla teoria so che al massimo si possono assumere 300-350 kcal di carboidrati, cioè sposto il muro di circa 5 km (se peso 60-70 kg). Tale quantità arriva a 400-450 kcal se corro la maratona in 4 ore per cui avrei un’ulteriore (rispetto al mio allenamento) autonomia di circa 7 km e arriverei sicuramente al traguardo.
Diciamo che per stare sul sicuro parto 5-10″/km più lento del mio valore teorico.
È ovvio che il grosso vantaggio di questa strategia è che ci si potrebbe allenare tranquillamente per i 10000 m, piazzarci solo qualche lunghissimo-corto ogni tanto e togliersi la soddisfazione di correre la maratona in un tempo decente (diciamo a 5-10′ minuti dal tempo ottenibile con un allenamento finalizzato).
È una strategia che per un professionista non ha senso, ma per un runner dilettante, anche se evoluto, è invece ragionevole, perché consentirebbe di mantenere una discreta velocità (l’allenamento sui 10000 m) e di non sottoporre il proprio fisico a chilometraggi eccessivi.
Non so però se questa prova è stata eseguita (in effetti è difficile trovare un atleta evoluto che sia disposto a tentare per puri scopi scientifici).