Il corto veloce è una tipologia d’allenamento che personalmente ritengo non abbia una valenza autonoma. Anzi, chi parla di corto veloce è rimasto a metodiche di allenamento tipiche di vent’anni fa: oggi è più logico parlare di test, di gara sottoritmo, di medio. Supponiamo infatti di considerare un runner con soglia a 15 km/h che corra i 5000 in circa 19′. Tale runner corre il fondo lento a 4’48″/km, il medio a 4’18″/km e il corto veloce? Secondo le varie definizioni dovrebbe correrlo dalla velocità di soglia a un 5% più lento, cioè da 4’/km a 4’12″/km. L’esperienza dimostra che se si sceglie la strada più veloce si arriva spesso a una vera e propria gara (pochi runner hanno la sensibilità di capire esattamente a che ritmo stanno andando, soprattutto nella parte iniziale dell’allenamento), mentre se si sceglie la strada più lenta non c’è una grossa differenza fisiologica con il medio e anche in questo caso l’atleta deve avere una supersensibilità ai ritmi. Inoltre, fissato il ritmo, non è così facile fissare la distanza. Se per il lento fare dieci o dodici chilometri non cambia granché, per il corto veloce l’impegno di passare da cinque a sei chilometri può variare moltissimo. Il corto veloce può essere sostituito degnamente da una gara su strada corsa non al massimo e di chilometraggio simile a quello della gara che si sta preparando; la cosa risulta molto utile anche dal punto di vista psicologico perché abitua a padroneggiare perfettamente la distanza in condizioni di fatica.

Il corto veloce è un tipo di allenamento che può essere sostituito da una gara su strada corsa non al massimo e di chilometraggio simile a quello della gara che si sta preparando