Corsa e ciclismo: qual è il “migliore” fra questi due sport? La domanda incuriosisce e appassiona molti sportivi. L’impressione che si ha visitando superficialmente il nostro sito è che il ciclismo sia ritenuto uno sport meno valido della corsa. In realtà non è così, tant’è che se si consulta la tabella salutistica degli sport si scopre che corsa, ciclismo, sci di fondo e nuoto di resistenza sono considerati gli sport più salutistici (fra l’altro, nella sezione Sport troverete molti articoli dedicati a chi vuole iniziare a praticare il bellissimo sport delle due ruote). Teoricamente, quindi, ciclismo e corsa sono sport equivalenti per la salute. Praticamente, invece, ci sono dei distinguo che possono essere importanti. Il ciclismo infatti si avvale di un mezzo e di tecniche che possono alleggerire di molto l’impegno dell’atleta amatore, vanificando in parte il beneficio salutistico intrinseco alla pratica di questo sport.
Differenze fra ciclismo e corsa di resistenza
In questo paragrafo analizzeremo le principali differenze fra ciclismo e corsa di resistenza.
Allenamento alla pratica sportiva – Praticare ciclismo arrivando a un buon livello di allenamento è sicuramente più difficile. Realisticamente un’ora di corsa equivale a 2-3 ore di ciclismo (dipende dal percorso), quindi per essere ciclisti allenati ci vuole un tempo doppio o triplo rispetto a quello che occorre per essere runner allenati. Non è pensabile di essere soggetti allenati solo uscendo durante il week-end perché si va contro le leggi basilari dell’allenamento aerobico (almeno 3 allenamenti a settimana con frequenza regolare), a prescindere da quanti km si facciano in bici il sabato e la domenica. Inoltre, in bici, le difficoltà climatiche si avvertono maggiormente; se il ciclista sospende o rallenta gli allenamenti a causa del clima (inverno) o della mancanza di luce (ora legale) è ovvio che sarà sempre un soggetto sottoallenato. Praticamente i ciclisti allenati sono solo quelli che si preparano seriamente (almeno 8-9 ore a settimana con tre sedute) per le gare amatoriali. Da questo primo punto si deduce facilmente che per la stragrande maggioranza della popolazione (che ha tempo limitato) la pratica del ciclismo dovrebbe essere abbinata anche a un altro sport (per esempio, ciclismo nel week-end e corsa durante la settimana), se si vuole avere il massimo salutistico dalla propria pratica sportiva.
Lotta al sovrappeso – Sicuramente il ciclismo aiuta di meno per due ragioni:
- se vuole, l’atleta, usando il mezzo, la scia e il percorso può consumare veramente poco. Confrontiamo un ciclista da strada, su percorso perfettamente piano che resti in scia a 30 km/h con un mezzo di altissima tecnologia e uno che, sempre a 30 km/h si cimenti da solo (senza scia) su un percorso campestre con un mezzo (MTB) di mediocre tecnologia: il consumo nel secondo caso può essere triplo che nel primo. Invece nella corsa, per due atleti dello stesso peso che percorrono 10 km, la differenza fra calorie bruciate è praticamente nulla o, comunque, veramente modesta.
- La lunga durata delle sedute ciclistiche induce molti amatori a mangiare più del dovuto. Mi è capitato di accompagnare ciclisti dilettanti che, su un percorso piano e a velocità modeste, ogni 20 km si mangiavano una barretta per “darsi energia”!
Fiato – La terminologia corretta è meccanismo anaerobico. Nella bici, a meno che non si faccia salita impegnativa, il meccanismo anaerobico è veramente poco sfruttato. Tant’è che dopo sei mesi di bici (60 km al giorno in MTB su strada piana) avevo perso tutto il mio “fiato”.
Muscoli – Qui il discorso è a tutto vantaggio della bici. In una prova impegnativa si arriva al 60% della forza muscolare massima, mentre in una gara di fondo di corsa (maratona) si arriva solo al 20%. Soprattutto la parte alta della gamba (quadricipiti) è stimolata decisamente meglio dal ciclismo che non dalla corsa di resistenza, dove, fra l’altro, avere una muscolatura possente è controproducente.
Fatica – A mio avviso, a livello amatoriale i due sport sono equivalenti se praticati al massimo dalla stessa persona (nella gestione della fatica conta molto la psicologia del soggetto). Molti praticanti di uno dei due sport se passano all’altro avvertono due situazioni che possono confonderli: una netta dolorabilità il giorno successivo e un’incapacità a raggiungere il massimo del loro livello di fatica tollerabile (per esempio le pulsazioni non salgono). Il primo punto è facilmente spiegato dai traumatismi che sono insiti nei due sport (traumatismo per il contatto con il terreno nella corsa e traumatismo derivante dalla posizione sul mezzo nella bici), dall’uso di distretti muscolari diversi e dal diverso uso dei distretti muscolari che sono impiegati contemporaneamente nelle due discipline. Il secondo punto è meno intuitivo e si spiega con il fatto che la prestazione del soggetto ha diversi limitatori (efficienza del cuore, dei muscoli, del trasporto dell’ossigeno ecc.) e che viene bloccata quando va in crisi il primo limitatore. Se l’atleta proviene da un altro sport è molto difficile che raggiunga il suo abituale livello massimo di fatica perché ora, nel nuovo sport, un certo limitatore (importante per il nuovo sport, ma non sufficientemente allenato dal vecchio) lo blocca.
Infortuni: Sicuramente è meglio la bici. Nella corsa, se il runner non è cauto e previdente, è abbastanza facile infortunarsi. Per contro, nel ciclismo è sempre in agguato la caduta con esiti disastrosi e per questo è sconsigliabile ai soggetti over 50 senza ambizioni agonistiche.

Corsa e ciclismo: qual è il “migliore” fra questi due sport? La domanda incuriosisce e appassiona molti sportivi.
Le regole salutistiche
Dal paragrafo precedente, risulta evidente che chi pratica ciclismo a livello salutistico deve pianificare la sua attività in modo intelligente. Vediamo alcune semplici regole.
- Se durante la settimana non può uscire deve inserire almeno un’uscita di corsa (arrivando all’ora).
- Conoscere il proprio fattore di conversione; ricordiamo che il minimo carico salutistico sono 3 ore di corsa settimanali.
- Se è in sovrappeso, deve abituarsi a non mangiare per percorsi inferiori ai 100 km o alle tre ore.
Un’ora di ciclismo a quanti minuti di corsa corrisponde?
Dare una risposta a questa domanda è molto difficile perché occorre tenere in conto diversi fattori, come il mezzo, il percorso ecc. Un modo approssimato, ma riassuntivo dei vari fattori, è la frequenza cardiaca di lavoro. Infatti, se si “bara”, tale frequenza è molto bassa: mezzo molto veloce, pianura, scia e pedalata facile; così si può andare avanti per ore anche con un allenamento “normale” mentre pochi runner con un allenamento normale riescono a correre per due ore!
Dal punto di vista dell’impegno organico (che non deve essere confuso con il dispendio di calorie) e quindi del potere allenante e/o salutistico della bici probabilmente la relazione non è lineare, nel senso che si va dall’unità (90% della FCMax) e si scende, ma non linearmente, fino ad arrivare a un fattore di conversione 3 (60% della FCMax).
Personalmente ritengo che la forma di ciclismo più utile per il runner sia l’MTB (Mountain Bike), soprattutto se si evitano gli aspetti più pericolosi (percorsi difficili) che gli specialisti dell’MTB non possono ovviamente evitare per allenarsi compiutamente nel loro sport preferito.
Lo scopo di questo paragrafo non è analizzare quel bellissimo sport che è l’MTB, ma studiarne la relazione con la corsa. In genere chi corre usa l’MTB per quattro motivi:
- mantenere un tono muscolare e un allenamento decenti in seguito a infortunio che impedisce di correre;
- alternare bicicletta e corsa in giorni diversi;
- alternare bici e corsa nello stesso giorno (una specie di bigiornaliero);
- usare l’MTB come potenziamento.
Riguardo al punto a) occorre ribadire che troppo spesso chi è infortunato o reduce da un infortunio da runner è portato a esagerare pensando che lo sforzo con la bici non possa interessare la patologia. In realtà, spesso non è così perché uno sforzo massimale in bici sollecita comunque tendini e articolazioni; la posizione più saggia non è quella di usare il ciclismo come mezzo per tornare velocemente a correre (mantenere decentemente il livello prestativo nella corsa è praticamente impossibile quanto più l’atleta era allenato, vedasi punto 5 del primo paragrafo: Fatica), ma come semplice mezzo riabilitativo, magari meno noioso della palestra. Una volta che l’atleta è completamente guarito dovrà comunque riprendere l’allenamento alla corsa se non da principiante, comunque con molta cautela.
Riguardo al punto b) proprio perché i due sport si sovrappongono solo in parte (direi non oltre il 50%) nei meccanismi muscolari ed energetici, chi sacrifica un’uscita alla corsa per una di MTB, svolge un allenamento senza dubbio meno efficace. Un’eccezione a quest’ultima affermazione è rappresentata dai runner decisamente sovrappeso: chi ha un IMC che supera 25 può alternare la bici alla corsa per evitare un sovraccarico al suo apparato locomotore, nell’attesa dello sperabile calo ponderale.
I punti c) e d) sono invece più interessanti. Chi vuole effettuare il bigiornaliero, magari occasionalmente (per esempio nella preparazione di una maratona), si trova a dover affrontare gli stessi problemi di chi è sovrappeso: il chilometraggio eccessivo può creare problemi di sovraccarico e generare infortuni. Inoltre affrontare l’allenamento di corsa dopo un’uscita in MTB può aiutare a correre in stato di deplezione di glicogeno (l’uscita al mattino in bici non viene reintegrata totalmente con un normale pasto a mezzogiorno), una condizione che aiuta a bruciare i grassi e può essere utile per i maratoneti.
Il potenziamento – Richiamando il punto 4 del primo paragrafo (Muscoli), risulta del tutto giustificato ritenere l’MTB un metodo di potenziamento naturale molto efficace perché:
- la seduta non ha lo stesso impegno cardiovascolare delle ripetute in salita (e può essere recuperata più velocemente);
- si allena veramente la forza resistente e non la potenza come parzialmente accade in palestra anche quando si adottano programmi per l’incremento della resistenza;
- si allenano armonicamente i vari distretti muscolari (cosa non facile per esempio con l’elettrostimolazione).
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La mia grande passione è il ciclismo, in particolare la MTB, ma concordo pienamente con la definizione che la corsa è la madre di tutti gli sport. Inoltre il lungo fermo invernale, un lavoro che mi lascia un’ora e mezza di tempo per allenarmi o solo il buio serale condizionano la mia preparazione e addirittura durante l’inverno è frustrante aspettare 15 giorni per un’uscita rovinata dal mal tempo. Pertanto vorrei cominciare a correre per seguire un vero percorso di allenamento finalizzato (sogno nel cassetto) a una maratona.
La mia domanda è: ma la bici come e quando e quanto potrò prenderla?
La preparazione specifica o la pratica della corsa esclude assolutamente l’uso della bicicletta?
Sicuramente bici e corsa sono compatibili, tanto che esiste la specialità del duathlon.
Ovviamente chi fa duathlon non riesce a ottimizzare né la corsa né la bicicletta, diciamo che arriva al 95% del suo massimo fisiologico. Ma, come hai notato, in inverno la bici è di difficile gestione e quindi l’abbinamento ha senso.
Di solito conviene fissare il numero di uscite settimanali, per esempio 4, suddividendole fra corsa e bici a seconda della stagione.
Va da sé che per la maratona è necessario fare almeno 3 sedute di corsa e non saltare i lunghissimi. Per distanze inferiori è possibile anche limitarsi a due sedute settimanali di corsa.
Poiché chi viene dalla bici di solito sottovaluta gli infortuni, leggi la sezione della medicina sportiva dedicata a essi.
Quadricipiti ipersviluppati: di chi è la “colpa”?
Scrivo per cercare di risolvere un dubbio una volta per tutte: che differenza c’è fra lo sviluppo muscolare che consegue a un allenamento podistico e quello che consegue a un allenamento ciclistico? Ogni volta che vado a correre mi ritrovo con i quadricipiti pieni di acido lattico, anche per percorsi di soli dieci chilometri, cosa che non succede in bici (mantenendo le dovute proporzioni, si intende). Ho letto il suo articolo in merito, ma non ho trovato la risposta. Il mio problema è che facendo danza classica devo mantenere il più inattivi possibili i quadricipiti, a favore dei muscoli gravitari. Pena un’antiestetica e inutile ipertrofia della parte alta della gamba e una limitata capacità di rotazione della testa del femore all’interno dell’anca. Cosa mi suggerisce lei? Può darsi che la misura dell’impiego dei quadricipiti nella corsa dipenda dallo stile di quest’ultima? XB.
È importante capire alcuni punti.
1) Percorrendo 10 km è impossibile avere i quadricipiti “pieni” di acido lattico. Infatti la maggior concentrazione di acido lattico si ha sicuramente nelle gare di 800-1000 m tirate al massimo. Poi necessariamente (per poter procedere si abbassa la velocità e si usano meccanismi aerobici che richiedono ossigeno e che sono meno efficienti) intervengono meccanismi aerobici e la produzione di acido lattico non è così copiosa. Alla fine di una gara di 10 km la concentrazione nel sangue è circa un terzo di quella presente alla fine di un 800 m.
2) La sensazione di gambe affaticate o gonfie dopo una corsa dipende dai microtraumi generati dalla stessa, microtraumi che non hanno nessuna relazione con l’incremento muscolare.
3) In bicicletta lo sforzo è più muscolare (mediamente si arriva al 60% della forza massima contro un 20% della corsa di un maratoneta) e meno anaerobico. Si produce meno acido lattico. Inoltre, non essendoci i microtraumi dell’impatto sul terreno, si ha minore dolorabilità.
4) Non esiste nessuna relazione fra sviluppo di acido lattico e sviluppo muscolare.
5) In base soprattutto al punto 3 lo sviluppo dei quadricipiti è sicuramente maggiore praticando ciclismo che praticando corsa. Prova ne è che non esistono ciclisti con quadricipiti scarsi, mentre basta guardare le gambette dei corridori keniani per capire che per correre forte e a lungo non servono (né si creano) grandi masse muscolari (applica il Ma se... -> Ma se la corsa sviluppasse molto i quadricipiti perché i grandi maratoneti che percorrono 200 km a settimana hanno gambe filiformi?). Molti amatori, anche buoni runner, hanno quadricipiti sviluppati perché provengono da (o hanno praticato in gioventù) sport come calcio, ciclismo, basket ecc.