Correre naturale è il titolo del testo di Daniele Vecchioni, un personaggio emergente nel panorama del running italiano, autore dell’omonimo metodo Correre Naturale®. La presunzione che ci sia un solo modo di correre è praticamente comune a tutti i runner e questo non sarebbe grave se comunque si legasse la corsa a una determinata motivazione. Per vincere la medaglia d’oro alle olimpiadi non ci si può allenare e correre che come professionisti; per socializzare non c’è altro modo che correre partecipando ai classici eventi domenicali, iscrivendosi a un gruppo sperabilmente numeroso ecc. La motivazione è quella che crea e diversifica le tante correnti del running. Nel mio caso, apprezzo e peroro due correnti: 1) l’agonista (recordman) attento alla prestazione; 2) il wellrunner che corre per la salute. A uno e all’altro non faccio sconti perché l’agonista deve allenarsi scientificamente e il wellrunner deve inserire la corsa in un percorso di buon stile di vita. Qual è la motivazione che spingerebbe a correre naturale? Mah… Francamente penso che l’autore si sia innamorato troppo di sé stesso e della sua missione e che abbia perso di vista il corretto approccio di dedicarsi a un settore specifico del running, avendo la presunzione di descrivere la Corsa, nell’unico modo che, secondo lui, oltre che il migliore, è anche l’unico per capire veramente il running.
Già in prima di copertina si fanno promesse impossibili: conquistare la migliore forma fisica, potenziare la performance ed evitare gli infortuni.
Se veramente il correre naturale permettesse di avere la migliore forma fisica e di potenziare la performance, tutti i professionisti seguirebbero il metodo, cosa che non è vera!
Inoltre, la locuzione “evitare gli infortuni” sa di magico perché tutti sanno che un certo metodo di correre può diminuire la probabilità di infortunarsi, ma non può dare la certezza che non ci siano infortuni nella propria carriera.
Apro il libro e il retro della prima di copertina parte con un “siamo nati per correre”. Che noi non siamo nati per correre è banalmente dimostrato dal fatto che nessun mammifero (e tantomeno gli uomini) corre per un’ora di seguito. Se si vuol far correre un cavallo per un’ora occorre comunque spronarlo, spesso in modi anche non molto delicati. In sostanza, i Mammiferi e l’uomo sono nati per alternare corsa e cammino e la fase di corsa è spesso su brevi distanze, non certo su maratone o ultramaratone. La corsa che è tipica dell’uomo è quella classica del velocista o del mezzofondista breve. Per capire perché gli uomini non sono animali nati per correre (che è anche il titolo di un libro di Adharanand Finn) si legga l’articolo Ricerche leggere – L’uomo è un animale nato per correre? Del resto, una percentuale veramente bassa di uomini sa correre per 30 km di fila, se non dopo un allenamento specifico, quindi dov’è la “naturalezza”?
Correre Naturale® e il softrunning
Non c’è nulla di male nella corsa proposta dal metodo Correre Naturale® descritto nell’omonimo libro; ma non è certo il mio modo di correre perché è basato su quella concezione soft/slow della vita che è meglio che niente, ma che non assicura certo il massimo di ciò che si può ottenere, nella corsa e nella vita.
Nel primo capitolo Vecchioni chiede:
- quante volte vi siete infortunati fino a oggi?
- Al termine della corsa vi sentite sfiniti e fiacchi o meglio di quando siete partiti?
Se un runner non si è mai infortunato e/o al termine della sua corsa si sente meglio di quando è partito, è sicuramente un softrunner, portato a non fare fatica. Anche la fatica va allenata e chi non è abituato a fare fatica ottiene sempre il 50% di quello che può ottenere. Non solo, ma difficilmente riesce a essere forte di fronte ad agenti stressanti (magari imprevisti) che spesso sceglie consapevolmente di evitare riducendo ulteriormente il suo potenziale.
Per capirci, se esco e corro per 10 km, per sentirmi meglio, per nulla fiacco e senza rischiare di infortunarmi devo andare a circa 1’/km sopra il mio best time sulla distanza. Non c’è problema, ma se utilizzo questo metodo nella vita, a ogni difficoltà, quando devo tirar fuori il massimo, mi limiterò a vivacchiare, a sopravvivere. Probabilmente il softrunning può andar bene a tante persone perché nella popolazione la personalità del sopravvivente è decisamente diffusa.
Quindi se volete essere soft, ben venga il Correre Naturale®!
Stile di vita
Sembra che Vecchioni non abbia dato un’occhiata al mondo intorno a sé e che non abbia visto che fra quelli che iniziano a correre la maggior parte non hanno un buon stile di vita. Purtroppo, nel libro c’è ben poco relativamente allo stile di vita, per esempio, riguardo all’alimentazione e al sovrappeso.
Personalmente ritengo che sia impossibile cambiare la vita a una persona se non le insegna anche una corretta alimentazione e come avere una personalità equilibrata (la cosa più importante); la corsa può aiutare, ma considerarla condizione sufficiente è molto ottimistico.

Correre naturale è il titolo del testo di Daniele Vecchioni, un personaggio emergente nel panorama del running italiano, autore dell’omonimo metodo
Gli infortuni
Gran parte del metodo è centrato sul fatto che minimizza gli infortuni. La cosa è la banale conseguenza del fatto che il runner corre in modo molto più tranquillo; ho gareggiato da “amatore professionista” per 10 anni, dai 43 ai 53 anni, praticamente avevo un fisioterapista personale che mi seguiva nei 2/3 infortuni annui. Mi interessava capire dove potevo arrivare, anche per capire la corsa. Diciamo che quel modo di correre mi faceva guadagnare circa 20″/km rispetto al correre di ora che è molto più rilassato, anche se sempre “professionale” (dagli 80-90 km di allora ai 50 di oggi). Nessun infortunio, anche perché non supero mai la mia distanza critica.
In breve, chi corre naturale è un jogger che non ha intenzione di diventare runner e quindi di ottimizzare la prestazione. Positivo, se fa sport, ma non certo l’unico modo di fare sport.
Positivo perché ridimensiona e fa riflettere certi fissati della corsa, ma negativo quando vuol essere il modo di correre per tutti.
Ma dov’è la corsa?
Nel libro ho trovato ben poco di corsa: un centinaio di pagine su tecnica ed esercizi propedeutici alla corsa, ma che non sono la corsa. Qual è la loro utilità? Mah… forse quella di non demotivare chi avrebbe difficoltà a correre sul serio, convincendolo che certi esercizi da camera possano assicurare una forma fisica perfetta.
A me sembrano tanto gli esercizi di certe discipline orientali o di certe palestre dove la gente va per eseguire esercizi finalizzati più a far passare il tempo che a rafforzare veramente il proprio corpo (e il proprio spirito). Che questi esercizi possano servire è indubbio, ma è come pensare di far correre in Formula 1 limitandosi a spiegare al novello pilota solo come si impugna correttamente il volante.
Definirei decisamente innaturale il capitolo sulla respirazione che, di fatto, è un inno alla corsa aerobica e alla demonizzazione della corsa anaerobica (quella con il fiatone e l’uso della bocca per respirare). Forse l’ennesimo tentativo di spiegare al lettore che “non si deve fare troppa fatica”.
Finalmente nel capitolo 14, poco più di 20 pagine per spiegare i cinque modi di correre che non sono altro che modi già noti ai runner, corsa rigenerante, corsa lenta, fartlek, corsa-camminata, tempo run.
Correre Naturale® e la corsa come medicina
Uno dei primi paragrafi è intitolato La corsa per uscire dalla depressione.
Già nel famoso testo Guarire di Servan-Schreiber si cita l’esempio di una ragazza curata con la corsa (Adidas meglio di Prozac); l’autore però lo cita come caso clinico non come ricetta contro tutte le depressioni. Vecchioni parla di una testimonianza personale (c’è stato un momento della mia vita in cui ho conosciuto la depressione). Purtroppo, la depressione è una patologia molto grave e la corsa può aiutare solo i casi più lievi, quelli in cui la malattia è solo una conseguenza di eventi negativi o di scelte esistenziali sbagliate. Chi vende la corsa come panacea contro la depressione non ha una posizione scientifica.
Importante però sottolineare un altro punto: quando si usa una medicina non si è guariti. Avere una personalità equilibrata vuol dire non dipendere da farmaci o da sostituti di essi. Assumere una pillola come antiansia o antidepressivo o correre per 20 km con lo stesso scopo può avere di diverso solo i mancati effetti collaterali della pillola, ma anche la corsa sempre farmaco è.
Un vero oggetto d’amore non crea dipendenza. Infatti, i runner si dividono in due categorie: quelli che cadono in crisi se la corsa viene a mancare (per un infortunio, non necessariamente sportivo – si pensi a un incidente di macchina -, ma anche per casi della vita come impegni di lavoro, familiari ecc.) e quelli che hanno una personalità equilibrata e si orientano versi altri oggetti d’amore.
Se volete capire cosa sia la corsa come medicina, un grande campione di 100 km mi raccontò una volta che lui aveva iniziato a correre per non tornare a casa e scoprire la moglie con l’amante. Correva così tanto che divenne un campione!
Non a caso, uno dei testimonial del libro (Le storie di successo di Correre Naturale®) descrive il metodo con un foglietto illustrativo che ricorda quello dei farmaci. Lo definisce antidolorifico, analgesico (discutibile il consiglio di usarlo per anziani e bambini “anche contro il parere del medico”) e fra gli effetti indesiderati cita “causa dipendenza”!
Il successo di Correre Naturale®
È quello di tutte le mode: un sedentario, un principiante, decide di correre e incontra il metodo. Ovviamente, partendo da zero, qualche risultato lo ottiene, spesso anche risultati interessanti. Il vero problema è che, a poco a poco, scopre cosa sia veramente la corsa e, se ha spirito critico, l’abbandona o passa ad altri metodi ben più performanti. Se non ha spirito critico può convincersi di essere il miglior runner del mondo come quelli che fanno nordic walking senza sollevare i bastoni da terra e s’illudono di essere sportivi.
Come detto, correre naturale è meglio che non correre affatto, ma c’è il rischio che gran parte del successo sia dovuto a due fattori “temporanei:
- la grande mole di risorse allocate da Vecchioni per diffondere il metodo. Appare abbastanza chiaro che per lui la corsa è anche una professione e il libro si affianca alla grande offerta di seminari, corsi on line, eventi che l’autore cerca di promuovere a prezzi non marginali, con l’aiuto anche della promessa di cambiare la vita (nel capitolo 4 si parla di “metodo infallibile”).
- L’effetto novità. Dei 25 testimonial delle storie di successo citate nel libro, solo due hanno più di 50 anni. La relativamente giovane età di chi segue il metodo amplifica l’entusiasmo che la corsa, fatta magari senza stress e senza fare fatica, possa rendere “giovani per sempre”. Non appena il procedere del tempo salda il conto, ci si rende conto che la corsa è solo una delle componenti della massima qualità della vita e la sua importanza decresce nel tempo. Questo non succede solo con Correre Naturale®, ma anche con altre strategie di corsa, solo che quanto più è alto l’entusiasmo iniziale tanto più si rischia di rimanere delusi e tornare fra le fila di chi ha uno stile di vita appena sufficiente.