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Consumo calorico della corsa

Sono molti coloro che si chiedono quali sia esattamente il consumo calorico della corsa. Del resto, conoscere il consumo della corsa è di fondamentale importanza poiché il fabbisogno calorico quotidiano dipende anche da quante sono le calorie bruciate con la corsa, una delle attività fiische più praticate per dimagrire; infatti, la corsa è sicuramente una delle attività migliori per il dimagrimento proprio perché la sua resa in termini di calorie bruciate/tempo a disposizione è altissima. Contrariamente a quanto molti pensano, i consumi calorici della corsa non dipendono dalla velocità alla quale si corre. Questa errata convinzione è motivata dallo scambiare la potenza del gesto atletico (il lavoro nell’unità di tempo) con il lavoro svolto. Un atleta che percorre 20 km in un’ora impiega la metà del tempo rispetto a un atleta che va a 10 km/h (cioè il primo atleta è più potente), ma, se i due atleti in questione hanno il medesimo peso, il lavoro svolto e le calorie bruciate sono gli stessi.

Come calcolare il consumo calorico della corsa?

Per quanto riguarda la determinazione del consumo della corsa, esistono ormai risultati consolidati che non è il caso di mettere in discussione per poche e non significative differenze.

Le tabelle classiche più evolute (come quella di McArdle) tengono conto del peso del soggetto, tutto ciò in accordo con i calcoli teorici che danno un’ottimizzazione nella corsa di grandi campioni a 0,9 kcal per kg di peso al km. Si può utilizzare l’approssimazione di Margaria di 1 kcal per ogni kg di peso e per ogni km percorso, cioè

il consumo calorico della corsa può essere calcolato facilmente a partire dal peso e dalla distanza percorsa.

Se C è il consumo in calorie, P il peso in chilogrammi e d la distanza in chilometri:

C=k*P*d.

Dove k è una costante che varia da individuo a individuo e indica l’efficienza della sua corsa. Varia fra 0,8 e 1,2 (più è alta la costante e meno la corsa è efficiente), ma per un gran numero di soggetti è vicina all’unità, tant’è che si può appunto utilizzare la sopracitata approssimazione di Margaria (k=1) che dà:

C=P*d.

Occorre notare che il k è tanto maggiore quanto minore è il grado di allenamento del soggetto; un principiante ha spesso un k di 1,2.

Il “carburante” – Ben più interessante è la considerazione sul carburante utilizzato dall’atleta; classicamente si ritiene che l’atleta usi normalmente i carboidrati e che solo a velocità basse intervenga l’uso dei grassi (per esempio nella maratona si stima un 20% circa di impiego dei grassi). In realtà (ed è sorprendente che la visione classica non ne tenga conto), è stato ormai dimostrato da tempo che anche le proteine sono utilizzate a fini energetici, quando le scorte di glicogeno sono basse. Il carburante impiegato dipende infatti da:

  1. velocità cui si corre
  2. grado di allenamento
  3. capacità di correre in condizioni di deplezione di glicogeno.

I primi due punti sono perfettamente d’accordo con la teoria classica; il terzo invece ci dice che quanto più l’atleta è abituato a correre con scarse scorte di carboidrati tanto più aumenta la sua capacità di bruciare grassi e proteine. Questo avviene in chi si allena tutti i giorni (atleta A) e spesso deve farlo senza aver recuperato completamente l’allenamento precedente. Chi si allena tre volte alla settimana (atleta B) eseguirà l’allenamento avendo pienamente recuperato e il suo fisico continuerà a utilizzare i carboidrati. Nel caso di un fondo lento di 20 km si può ipotizzare che per l’atleta A la miscela sia 60% carboidrati, 30% grassi e 10% proteine mentre per l’atleta B 80% carboidrati, 15% grassi e al massimo un 5% di proteine. A parte le percentuali, si deve rilevare che la nuova visione spiega come mai atleti di tipo B abbiano di solito scarse capacità di recupero: se le loro scorte di glicogeno non sono al massimo il loro rendimento cala vistosamente, mentre per atleti di tipo A il calo è meno sensibile.

 

Consumo calorico della corsa

Contrariamente a quanto molti pensano, il consumo calorico della corsa non dipende dalla velocità alla quale si corre

Il consumo calorico del cammino

Ben più complesso esprimere il consumo calorico del cammino. Sicuramente minore rispetto a quelli della corsa (manca la fase di volo), non si può non tenere conto che quando si tende a incrementare la velocità forzandosi a camminare, anziché correre, l’innaturalezza del gesto, renda molto dispendioso il movimento.

Sostanzialmente vale la stessa formula della corsa, ma il k è molto più variabile, sempre inferiore a 1. Può andare da 0,4 a 0,8 a seconda della fatica del gesto; il k minore si ha per la massima velocità cui si riesce a camminare naturalmente. Si deve rilevare che questo dato spiega l’inefficacia del consiglio che i media sono soliti propinare alla popolazione, consiglio secondo il quale basterebbe camminare per 20′ al giorno per stare in forma. Un soggetto sovrappeso di 80 kg che passeggi per 1,5 km (20′), godendosi il paesaggio, consuma circa 60 kcal, cioè 15 g di crostata! Se quello è il suo unico esercizio fisico della giornata, come può sperare di dimagrire?

Consumo calorico della corsa: i fattori da considerare

Ovviamente i dati sopraesposti valgono per condizioni normali; si possono elencare diversi fattori che peggiorano o migliorano il consumo. Non sempre è possibile essere precisi nell’indicare il consumo perché può dipendere da come il soggetto gestisce il fattore considerato. In letteratura si trovano dati non sempre concordanti e di non facile determinazione.

  • La corsa in salita aumenta i consumi.
  • La corsa in discesa li diminuisce, ma al crescere della pendenza tale vantaggio è minore perché l’azione frenante per mantenere l’assetto di corsa è comunque da tenere in considerazione.
  • L’elasticità della scarpa diminuisce i consumi fino al 2,5% rispetto a una scarpa completamente scarica.
  • Il peso della scarpa; 100 g di peso in più nelle scarpe equivalgono a circa 500 g di peso in più in vita; anche questo dato è da prendere cum grano salis perché non c’è linearità: oltre un certo peso della scarpa la penalizzazione è evidente. Nell’opera di McArdle (Fisiologia applicata allo sport) si trovano persino indicazioni relative alle solette: “Scarpe con solette diverse influenzano grandemente l’economia di corsa. Una suola morbida riduce il costo energetico del 2,4% rispetto a scarpe con soletta rigida, anche se il peso delle prime è 31 g superiore“.
  • Il tipo di terreno; per esempio, correre sulla sabbia (che non è il massimo…) costa il doppio rispetto a correre sull’asfalto.
  • Il vento (resistenza dell’aria); un vento che soffia a 60 km/h incrementa i consumi di circa il 40%, mentre una leggera brezza (15 km/h) incrementa i consumi di solo il 5%. Anche in questo caso non c’è linearità né con la velocità del vento né con il peso del runner. Come per la corsa in discesa/salita, un vento favorevole non riequilibra la situazione, per cui in un 10000 m in pista con forte vento si andrà più piano rispetto a correrlo in assenza di vento, a prescindere dal fatto che si corrano frazioni uguali contro o a favore di vento.
  • L’abbigliamento; ovviamente non influenza solo per il peso del corpo (cappelli, accessori come orologi o gioielli ecc.), ma anche per la difficoltà di gestirlo in maniera sincrona con il movimento. Correre con una tuta da camera o da passeggio aumenta nettamente i consumi.
  • La scia; anche in condizioni di assenza di vento, correre in scia diminuisce la resistenza dell’aria. A 2’50″/km si ha un risparmio del 7%; il risparmio che si ha a 4′/km (15 km/h) è ancora sensibile.
  • La fatica; correre affaticati peggiora l’efficienza della corsa, aumentando il k. Va da sé che comunque il k può aumentare al massimo di un 10%.

Corsa: i consumi calorici sul tapis roulant

I consumi energetici della corsa su tapis roulant sono gli stessi della corsa su asfalto all’aria aperta? La risposta è: no. Innanzitutto la corsa su tapis roulant è decisamente più facile; a causa dell’elasticità di ritorno la velocità sul nastro è sicuramente maggiore di quella sul terreno anche per l’assenza del fenomeno dell’aumento della resistenza dell’aria con la velocità di corsa.

Ne consegue che a pari velocità si consuma di meno, tant’è che alcuni consigliano di inclinare la pedana del 2-3% per cercare di avere gli stessi consumi; si deve però tenere conto che così facendo si modifica lo stile di corsa.

Essenzialmente, la differenza fra la corsa sul tapis roulant e la corsa all’aria aperta è la mancanza di una buona parte della spinta in avanti: l’atleta non deve far altro che opporsi alla direzione del nastro. Va precisato comunque che, se l’impegno cardiorespiratorio è senz’altro minore, dal momento che manca la spinta in avanti, si lavora di più di quadricipiti e, per evitare il contatto con il nastro, si ha la tendenza a un maggiore sollevamento del piede con conseguente maggior lavoro del tibiale anteriore. Si ha perciò un maggiore senso di affaticamento, nonostante i consumi energetici siano inferiori. Per approfondire si consulti l’articolo Tapis roulant.

Approfondimenti tecnici: Consumi energetici della corsa in salita.

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