È incredibile come molti maratoneti si preoccupino dell’alimentazione nelle immediate vicinanze della maratona (la settimana e la mattina della gara) mentre pochi nutrono la stessa preoccupazione per un lunghissimo di pochi chilometri più corto della prova che affronteranno. Alla base di questa esigenza di chiarire la tattica alimentare non deve esserci l’ansia della gara, una sorta di superstizione di far quadrare tutto per dare il meglio o altri fattori poco scientifici, ma dovrebbe esserci la volontà di capire perfettamente come funziona il nostro corpo. Se è giusto cercare la situazione alimentare ottimale, occorre sempre avere presente un concetto molto importante: non ha senso abbuffarsi di carboidrati nella speranza di avere energie da vendere. I carboidrati assunti con l’alimentazione (per esempio il pane, la pasta, la marmellata ecc.) che vengono immagazzinati come riserva energetica possono seguire due strade ben precise:
- essere trasformati in glicogeno (la riserva di carboidrati del nostro organismo, utilizzata a fini energetici);
- essere trasformati in grasso.
Nel variare la propria alimentazione in vista della maratona, l’atleta deve sapere se il surplus di calorie introdotto sarà trasformato in glicogeno o in grasso (soprattutto prima di partecipare al pasta party!).
La prima via è prioritaria quando le riserve di glicogeno sono basse (per esempio dopo attività fisica), mentre la seconda è preferita quando le riserve di glicogeno sono al loro livello normale: è come se il fisico, intelligentemente, scegliesse una via a più lunga scadenza (il grasso, pensiamo agli animali che vanno in letargo) perché si sente sicuro a breve termine avendo alte scorte di glicogeno. Esistono alcune sostanze (come l’acido lipoico) che possono veicolare i carboidrati verso i muscoli, ma tale azione è limitata.
Come si può dunque sapere se i carboidrati assunti vanno a finire in grasso? La cosa è possibile se si conosce il proprio fabbisogno calorico a riposo, dato che ogni persona attenta all’alimentazione dovrebbe conoscere. Il dato non deve provenire da calcoli teorici, ma deve essere desunto con precisione dall’esperienza, verificando nei giorni senza attività fisica quante calorie occorrono per mantenere invariato il peso.
Mediando statisticamente i dati (di solito bastano una decina di osservazioni, se il regime alimentare è sempre lo stesso e si calcola veramente tutto, bevande comprese), si ottiene un dato molto preciso.
Il test delle 1.000 calorie
Premettiamo che questo test è indipendente dal peso dell’individuo (ovviamente deve essere eseguito in assenza di fenomeni anomali che possono influenzare il nostro peso). Si supponga per esempio che il fabbisogno calorico a riposo sia di 2.000 kcal. Se si assumono 3.000 kcal, di cui 2.000 con l’alimentazione normale e 1.000 di soli carboidrati, sicuramente il giorno successivo si aumenterà di peso (che indicheremo, espresso in grammi, con A, mentre indicheremo con X l’aumento corporeo dovuto al glicogeno e Y quello dovuto ai grassi).
Se i carboidrati assunti in più provengono da alimenti concentrati (come le barrette energetiche) non ci sono residui che devono essere smaltiti (come le fibre della frutta che darebbero un aumento di peso fittizio) e l’aumento di peso può essere imputato totalmente all’assimilazione dei carboidrati.

Durante uno sforzo muscolare (per esempio una corsa) i muscoli utilizzano la loro riserva di glicogeno.
La finalità del test
Il test è importante perché consente di determinare se dopo una settimana di scarico (simulando quella che precede la maratona) l’atleta ha ancora margini di immagazzinamento del glicogeno. Infatti, in soggetti sedentari sono stoccati 1,5 g di glicogeno per 100 g di muscolo, ma in individui allenati tale valore arriva (già con l’alimentazione normale) a 2,5 g. Non è detto che con una dieta iperglicidica tutti i carboidrati finiscano in glicogeno. Se non vi interessano i passaggi intermedi andate direttamente ai risultati, rappresentati qualche riga più sotto dai valori trovati di X (l’aumento di glicogeno) e di Y (l’aumento di grasso corporeo) a partire dall’aumento di peso A che avete rilevato.
Il primo calcolo
Le 1.000 kcal produrranno quindi un aumento A in grammi. I carboidrati immagazzinati come glicogeno legano per ogni grammo 2,7 g di acqua e poiché un grammo di carboidrati equivale a 4 kcal, 4 kcal di glicogeno equivalgono a 3,7 g, cioè un grammo di glicogeno (considerando l’acqua legata) equivale a 1,1 kcal. Un grammo di grasso (proveniente nel nostro caso dai carboidrati) equivale a 9 kcal, ma lega soltanto un grammo d’acqua per cui un grammo di tessuto adiposo (grasso con l’acqua legata) apporta 4,5 kcal.
Il primo risultato
Se vi siete persi nei calcoli sopraesposti, ricordate solo i risultati: un grammo di glicogeno corrisponde a 1,1 kcal e un grammo di tessuto adiposo a 4,5 kcal.
Il secondo calcolo
Dando per scontato che prima si riempiano le riserve di glicogeno e poi il surplus di carboidrati viene trasformato in grasso, si possono comporre le seguenti equazioni:
1,1*X + 4,5*Y=1.000
X+Y=A
Il risultato finale
Risolvendo il sistema di equazioni si ottiene:
X=(4,5*A-1.000)/3,4;
Y=(1.000-1,1*A)/3,4.
Per esempio, se A=400 g (cioè se c’è un aumento di 400 g), X (l’aumento finito in glicogeno) è 235 g, mentre Y (l’aumento finito in grasso) è 165 g. Se A=222 g si trova che X=0, cioè tutto l’aumento di peso è dovuto al grasso: non c’è stato accumulo di glicogeno.
Se A=909 g si trova che Y=0, cioè tutto l’aumento di peso è dovuto al glicogeno: non c’è stato aumento di grasso. Questi due ultimi risultati sono molto importanti: più è basso l’aumento di peso e più c’è accumulo di grasso.
L’importanza pratica
Per un maratoneta che vuole seguire una dieta iperglicidica nella settimana precedente la gara è importante capire che non è detto che i carboidrati assunti vadano a finire in glicogeno (e non è detto che poi che quantità eccezionali di glicogeno servano veramente perché comportano un aumento di peso). È di fondamentale importanza sapere pertanto quando le scorte sono vicine al massimo ed è perfettamente inutile assumere carboidrati.
Con il test delle 1.000 calorie è possibile sapere con certezza se (con lo scarico con cui si arriverebbe alla gara) è necessario assumere carboidrati oppure no. Si simula cioè la settimana di scarico, si effettua il test e si vede cosa accade. Se la quantità di glicogeno è minima, non ha molto senso optare per una dieta iperglicidica (che avrebbe come unico effetto di aumentare le scorte di grasso), se invece è significativa, occorre valutare la quantità corretta con il modello dei 25 km.