Il cardiofrequenzimetro è un dispositivo in grado di rilevare in modo pressoché istantaneo la frequenza cardiaca ovvero il numero di battiti del cuore al minuto (bpm). Moltissimi dei cardiofrequenzimetri in commercio rilevano la frequenza cardiaca grazie a un sensore che si trova internamente a una fascia toracica; esistono anche dei cardiofrequenzimetri da polso (cardiofrequenzimetri senza fascia). I primi cardiofrequenzimetri erano degli apparecchi piuttosto ingombranti e anche piuttosto costosi; adesso invece si trovano strumenti simili a normali cronometri od orologi da polso alla portata di tutte le tasche. Alcuni cardiofrequenzimetri si limitano a rilevare la frequenza cardiaca o poco più, altri, più sofisticati, sono dotati di moltissime funzioni più o meno interessanti (funzioni cronometriche, registrazione tempi parziali, contapassi, consumo calorico, % dei grassi bruciati, altimetro ecc.); alcuni modelli possono essere collegati (generalmente tramite cavo USB) al notebook o al PC per scaricare i dati relativi alle proprie sedute di allenamento.
Nota – Il cardiofrequenzimentro è talvolta detto cardiofrequenziometro o, più spesso, semplicemente cardio.
Cardiofrequenzimetro e running
Il cardiofrequenzimetro è uno strumento conosciuto a molti runner, che però spesso lo utilizzano in modo poco efficace. A differenza dell’elettrostimolazione, il cui ruolo nell’allenamento è stato giustamente ridimensionato, il cardiofrequenzimetro può essere impiegato con qualche successo. Occorre però rilevare che la scelta se usarlo o no deve essere prettamente individuale. Lo scopo di questo articolo è proprio quello di chiarire l’uso corretto dello strumento (vedasi anche più avanti il paragrafo Cardiofrequenzimetro e lunghe distanze). Lo faremo con lo spirito indipendente (da interessi teorici o commerciali) che caratterizza tutti i pezzi presenti nel sito.
I limiti del cardiofrequenzimetro
Francamente non sono mai stato favorevole a tarare gli allenamenti in base alla frequenza cardiaca. Ricordiamo che di norma si danno questi suggerimenti:
- 50-60% della FCmax – Attività molto moderata (corsa lentissima)
- 60-70% della FCmax – Attività fisica finalizzata al dimagrimento
- 70-80% della FCmax – Attività fisica intensa
- 89-90% della FCmax – Attività fisica a livello agonistico.
I campioni però non utilizzano queste semplificazioni e si servono dei tempi. Esistono infatti alcuni problemi irresolubili.
La frequenza cardiaca massima – La FCmax è un dato veramente impreciso. La vecchia formula di Karvonen (220-età) è imprecisa, quella più moderna di Tanaka [208 –( 0,7 x età)] va sicuramente meglio, ma è pur sempre una media sulla popolazione. Sbagliare di un 5% (10 battiti circa) può essere normale, ma è un errore piuttosto grave che produce risultati grossolani.
La rilevazione – Alcuni pensano di rilevare la FCmax sperimentalmente, sul campo. In realtà la frequenza cardiaca massima non è facilmente rilevabile. Ci sono errori strumentali, spesso i cardiofrequenzimetri rilevano valori leggermente dubbi e la determinazione della frequenza non è semplice. Molti runner rilevano la massima frequenza che hanno durante lo sprint alla morte di una gara di mezzofondo prolungato. Questa non è la frequenza cardiaca massima perché comunque non si arriva alle massime concentrazioni di lattato possibili. Occorrerebbe tirare al massimo un 800 o un 1000 m, cosa non semplice perché si può verificare solo in gare dove il soggetto è motivatissimo (il concetto di “massimo” non deve trarre inganno, nessuno correndo un 1000 m da solo riesce a dare veramente il massimo).
Ecco un semplice modo di sostituire il cardiofrequenzimetro.
Il cardiofrequenzimetro: a cosa serve
Il cardiofrequenzimetro deve essere usato per allenarsi, in alternativa o contemporaneamente al cronometro. I due strumenti non sono “nemici”, ma “amici” che dovrebbero cooperare. Prima di vedere gli aspetti tecnici è utile analizzare quelli “psicologici” e “personali”. Chi dovrebbe necessariamente usare il cardiofrequenzimetro?
- chi non ha una mentalità sufficientemente matematica da gestire in tempo reale i dati provenienti dal cronometro. Chi fa confusione con tempi al chilometro, tempi al giro di pista, proiezioni ecc. troverà nel cardiofrequenzimetro un semplice alleato che gli consentirà di conoscere subito la sua reale prestazione.
- Chi non ha una sufficiente capacità di ascoltarsi e tende a sopravvalutarsi (e quindi a partire troppo forte) o a sottovalutarsi (e quindi a partire troppo piano, ma ciò accade più raramente).
- Chi non usa percorsi misurati con precisione.
- Chi non usa percorsi scorrevoli. Dire di andare a 4’30″/km su un percorso campestre non ha nessun significato dal punto di vista del giudizio allenante.
- Chi usa percorsi collinari. Anche la pendenza rende nullo ogni discorso cronometrico.
Chi potrebbe non usarlo? In modo complementare all’elenco precedente, chi ha una mentalità in grado di gestire facilmente i tempi e si trova nelle seguenti condizioni di allenamento:
- ha un’ottima capacità di ascoltare il proprio corpo. Ciò è particolarmente vero per gli atleti di élite: se si considerano i primi 50 di una maratona internazionale si scoprirà che pochissimi usano il cardiofrequenzimetro.
- Si allena su percorsi molto scorrevoli e misurati con precisione (pista o asfalto piano).
Cardio o cronometro?
La domanda fondamentale è: si può usare il solo cardiofrequenzimetro e avere un allenamento ottimale? La risposta è: NO. Poiché:
- la massima concentrazione si ha solo con la consapevolezza del ritmo;
- la massima concentrazione garantisce la miglior prestazione minimizzando il senso di fatica;
- l’uso del solo cardiofrequenzimetro non consente di affinare la consapevolezza del ritmo;
allenarsi con il solo cardiofrequenzimetro vuol dire rinunciare a ottenere il massimo.
Cardiofrequenzimetro e fisiologia
Il tipo di cardiofrequenzimetro – Nell’articolo sulla frequenza cardiaca, si spiega chiaramente che la prestazione non dipende solo dalla frequenza cardiaca massima: è pertanto assurdo proporre allenamenti che si basano solo su percentuali della frequenza cardiaca massima. Il cardiofrequenzimetro deve essere in grado di registrare come il cuore dell’atleta reagisce all’incremento di sforzo del soggetto; il cardiofrequenzimetro deve cioè “capire l’atleta”. È pertanto utile orientarsi su modelli per lo meno di medie prestazioni che hanno queste personalizzazioni.
I meccanismi aerobici – Sono il regno del cardiofrequenzimetro; ciclismo e maratona sono le discipline dove il suo impiego è più importante perché molto preciso. Ricordiamo solo che non considera gli aspetti energetici. Nell’analogia classica il cardiofrequenzimetro può dare il numero di giri del motore, ma non la benzina che resta nel serbatoio. Ricordiamoci del classico crollo nella maratona. Si sa che se finiscono i carboidrati il corpo non è in grado di bruciare i grassi; arrivati in riserva al trentacinquesimo chilometro c’è il crollo. Se si verifica la frequenza cardiaca, questa non schizza a 200, anzi resta sotto soglia, ma l’atleta riesce a malapena a trascinarsi. Nell’allenamento per la maratona è cioè importante che l’atleta si alleni per arrivare alla corretta potenza lipidica a prescindere dai dati di frequenza cardiaca.
Spesso, però, l’impressione più evidente è che l’impiego del cardio non sia tanto orientato a ottimizzare la prestazione, quanto ad avere un “amico” che possa prevenire le paurose crisi tipiche delle maratone (come, per esempio, il classico “muro della maratona“).
La tabella sottoriportata ha proprio lo scopo di dimostrare che una tale speranza è piuttosto ottimistica. I dati che seguono sono quelli di un runner poco allenato alla distanza (gara di 32,3 km circa). Per semplicità sono stati riportati ogni 5 km, ma l’analisi km per chilometro arriva agli stessi risultati.
Frazione | Tempo frazione | FC_Max |
1 | 4.47.03 | 163 |
5 | 4.30.05 | 171 |
10 | 4.30.03 | 172 |
15 | 4.56.02 | 173 |
20 | 4.44.04 | 174 |
25 | 4.52.06 | 173 |
28 | 5.32.01 | 172 |
30 | 6.02.02 | 168 |
31 | 5.34.04 | 168 |
32 | 5.27.09 | 169 |
33 | 1.36.06 | 173 |
Come si vede la crisi inizia al ventottesimo km. Si nota subito che la frequenza cardiaca diminuisce di qualche battito, ma il ritmo al km peggiora di circa 40″/km. Ciò significa che in quel momento il collo di bottiglia non è il cuore o il sistema cardiocircolatorio, bensì il sistema energetico: è finita la “benzina” e il runner va KO.
Mai come in questo esempio si deve considerare il cardiofrequenzimetro come un semplice contagiri che non dà nessun altra indicazione, né sulla marcia usata né sulla benzina rimasta.
I meccanismi anaerobici – È ovvio che due atleti che hanno la stessa frequenza di soglia possono essere (e quasi sempre lo sono) completamente diversi per le caratteristiche anaerobiche e in tutte le attività fino almeno ai 10-12 km in cui il meccanismo anaerobico gioca un ruolo importante: due atleti che ottengono lo stesso risultato sull’ora non è detto che sui 3000 vadano alla stessa velocità. Quando l’allenamento è tipicamente anaerobico (in genere quando la lunghezza totale delle prove è inferiore ai 5-6 km) i dati del cardiofrequenzimetro possono non essere significativi e possono essere valutati, non tanto per modulare l’allenamento, quanto per studiarlo a posteriori. Già con lunghezze dell’ordine di 10-12 km (per esempio 10×1000 m o 4×3000 m) il cardiofrequenzimetro può aiutare moltissimo a evitare partenze troppo azzardate.
I meccanismi di potenza – Ovviamente l’allenamento con il cardiofrequenzimetro non può essere proposto a velocisti o a ottocentisti o per ripetute brevi (200-300 m) svolte da mezzofondisti. Anche in questo caso il suo uso può essere comunque di utilità statistica.

Il cardiofrequenzimetro deve essere usato per allenarsi, in alternativa o contemporaneamente al cronometro
Per cosa NON si deve usare il cardio
Il cardiofrequenzimetro non si deve usare per:
- proteggere il proprio cuore;
- dimagrire.
La protezione cardiovascolare – Molti usano il cardiofrequenzimetro (e in effetti è stato questo il motivo della sua diffusione, favorita anche dall’introduzione del cardiofrequenzimetro in strumentazione da palestra) perché sono convinti che possa proteggere da eventuali eccessi che potrebbero danneggiare il cuore. Nulla di più assurdo (si consulti l’articolo La morte da sport): chi ha un cuore sano ha meccanismi di difesa naturali contro gli eccessi che sono molto più attendibili di uno strumento; chi ce l’ha malato non si salva certo correndo sottosoglia in quanto i problemi cardiovascolari si verificano anche a frequenze cardiache molto distanti dalla massima frequenza. È sicuramente più protettivo tenere sotto controllo i trigliceridi e il colesterolo LDL che usare il cardiofrequenzimetro e poi seguire un’alimentazione sbagliata; se un elettrocardiogramma rileva anomalie cardiache gravi è abbastanza illogico correre: non esistono patologie cardiache (ogni medico dovrebbe sapere ormai che un’extrasistole o un soffio al cuore non sono di per sé patologici) che prevedono di poter correre, ma poco e piano. Il medico che dice al paziente: “Lei ha un soffio al cuore, se vuole corra, ma faccia poco e piano”, scientificamente è nullo. O il soffio cardiaco non è patologico e allora il cuore è sano e si può correre tranquillamente o è patologico e allora è meglio non correre!
Il dimagramento – Il fatto che si possa usare il cardiofrequenzimetro e dimagrire non significa che le due cose siano correlate da causa ed effetto.
In particolare scientificamente non è vero che esista una frequenza cardiaca alla quale si dimagrisce di più (perché per esempio si bruciano più calorie). Ciò che conta sono le calorie spese durante lo sforzo (e non quanti grassi si bruciano) come spiegato nell’articolo Come fare sport per dimagrire. Quindi, se l’unico scopo è dimagrire, la strategia migliore è quella che fa perdere più calorie. Per la corsa significa fare più chilometri possibili e quindi (soprattutto se non si è allenati e si ha molto tempo a disposizione) correre piano. Ovvio che se si corre a una frequenza cardiaca bassa, sicuramente si correrà piano e a lungo perché è un ritmo facile. Ma si può usare tranquillamente qualunque altro “indicatore di ritmo facile” per esempio:
- la massima velocità alla quale si riesce a conversare;
- un dato al km che esprima tale ritmo facile (per esempio 5′/km);
- la velocità alla quale si corrono senza problemi 12 km;
- ecc.
I dati complementari calorie bruciate e la % dei grassi bruciati hanno scarsa importanza dal punto di vista scientifico. Per il primo dato occorre rilevare che le calorie consumate dipendono dalla percentuale di massa grassa dell’individuo, dal metabolismo, dall’allenamento e dallo stile di corsa. Un atleta che ha l’8% di massa grassa ha sicuramente un metabolismo molto più efficiente di un atleta che ha il 15% che tra l’altro probabilmente è poco allenato. Una stima (grossolana, di solito in eccesso) delle calorie bruciate è data dal numero dei km per il peso espresso in kg: non c’è quindi bisogno del cardiofrequenzimetro, basta una piccola calcolatrice o una mente ben allenata ai calcoli. Sulla % dei grassi bruciati incidono talmente tanti fattori (alimentazione, allenamento, massa grassa, riserve di glicogeno ecc.) che non è possibile avere un dato preciso analizzando solo i dati cardiaci. L’indicazione della VO2max è altrettanto approssimata. Infatti dipende dalla gittata cardiaca (che non è la frequenza!), dalla capillarizzazione, dalla capacità ossidativa dei muscoli (l’attività dei mitocondri). Se volete sapere la vostra VO2max esistono semplici test da eseguirsi in pista. Poiché la VO2max non cambia quotidianamente, è abbastanza inutile monitorarla a ogni allenamento.