La capacità anaerobica indica la capacità di lavorare con alte concentrazioni di lattato nel sangue. A differenza della capacità aerobica, quella anaerobica non ha ancora una definizione precisa; consideriamo un atleta con SAN di 15 km/h che corra gli 800 m a ritmo della SAN: al termine della prova (3’12”) la concentrazione ematica sarà di 4 mmol/l (in realtà è un po’ superiore visto che prima di avere un assestamento su tale valore c’è una gobba a un valore leggermente più alto). L’atleta riesce a correre gli 800 m a velocità maggiore perché possiede una capacità anaerobica che lo porta a sopportare una concentrazione di lattato superiore alle 4 mmol/l. Diciamo che riesce a correre gli 800 m in 2’34”. In seguito ad allenamento specifico, dopo un po’ riuscirà a correre gli 800 m in 2’26”. Cos’è successo? Il suo fisico si è abituato a lavorare con concentrazioni più alte di lattato nel sangue. Gli studi di Lacour e di Arcelli indicano che quanto più l’atleta è forte, tanto più i valori di lattato al termine di una prova di mezzofondo veloce sono elevati.
Secondo Arcelli è poi chiaro che due atleti di identico valore possono avere un valore diverso di lattato a fine prova a seconda dell’efficienza del meccanismo anaerobico, ma tali differenze sono comunque minime se si pensa che chi corre gli 800 m in 1’42” ha una concentrazione media di lattato di circa 26 mmol/l, chi corre in 1’58” di 16 e chi corre in 2’18” di 7,6. Da tutto ciò sembra logico dedurre che:
la capacità anaerobica (CAN) di un soggetto è espressa dal picco della concentrazione di lattato nel sangue dopo una gara di 800 m.
Indice

La capacità anaerobica può essere valutata misurando alcuni parametri specifici dei meccanismi energetici che stanno alla base del lavoro muscolare compiuto in assenza di ossigeno
È importante notare che la definizione data, pur essendo in relazione con la forza dell’atleta (un po’ come la SAN o la percentuale di utilizzo del VO2max per la parte aerobica), non è indicativa al 100% del tempo ottenuto, dato che quest’ultimo è influenzato anche da altre caratteristiche.
È importante misurare la capacità anaerobica del soggetto con quella media riportata in letteratura per verificare se indirizzare gli allenamenti verso il miglioramento di questa caratteristica (vedasi paragrafi successivi). Se si appura che la capacità anaerobica di un atleta che corre gli 800 m in 2’06” è di 10 mmol/l, si scopre, consultando la tabella di Arcelli, che è una capacità bassa visto che quella media è di 12,5. Ciò vuol dire che il tempo ottenuto è ottenuto aerobicamente. Se l’atleta prepara i 5000 m, anziché migliorare ulteriormente la sua SAN dovrà migliorare la sua capacità anaerobica.
Se invece la sua capacità è di 13,2 mmol/l probabilmente ci troviamo di fronte a un mezzofondista veloce che ha già un’ottima capacità anaerobica. Nel preparare i 5000 m dovrà soprattutto migliorare la sua SAN che probabilmente ora è più bassa di quella di atleti di egual valore sui 5000 m: il nostro atleta attualmente corre i 5000 in modo anaerobico.
Miglioramento della capacità anaerobica
Come valutare il miglioramento della capacità anaerobica? Prima di rispondere alla domanda è opportuna una breve premessa.
I due principali meccanismi anaerobici, il primo, che produce energia a partire dai fosfati, senza produzione di acido lattico, e il secondo, quello glicolitico lattacido, possono essere valutati mediante particolari test replicabili in laboratorio: per esempio, è possibile valutare la potenza anaerobica del soggetto facendolo correre alla massima velocità su una scala, oppure facendogli fare salti verticali o balzi (per il primo meccanismo basato sul sistema ATP-CP) oppure facendolo correre al massimo per un periodo di breve durata (fino a una durata complessiva di tre minuti).
Con test di laboratorio è possibile quindi stimare la potenza anaerobica, che risulta notevolmente diversa da individuo a individuo, con differenze legate al sesso, all’età e all’allenamento.
Valutazione della capacità anaerobica
La capacità anaerobica può essere valutata misurando alcuni parametri specifici dei meccanismi energetici che stanno alla base del lavoro muscolare compiuto in assenza di ossigeno. I due parametri principali sono il livello di lattato nel sangue (inteso come concentrazione) e la deplezione di glicogeno.
Il livello di lattato nel sangue si mantiene basso fino a che il consumo di ossigeno rimane al di sotto del 55% del massimo consumo di ossigeno del soggetto, quindi prende ad aumentare bruscamente.
Se si fa pedalare il soggetto alla massima potenza possibile fino a un massimo di tre minuti, il lattato nel sangue (misurato in ng mL -1) sale linearmente con la durata dell’esercizio.
Analogamente avviene per la quantità di acido lattico nel muscolo (misurata in nM kg -1). La concentrazione di glicogeno muscolare invece diminuisce, in quanto il glicogeno viene utilizzato per la produzione di energia. Misurando quindi la deplezione di glicogeno, al variare dell’intensità dell’esercizio, è possibile stimare in modo quantitativo la capacità anaerobica del soggetto.
Ma cosa influenza questo parametro? Le differenze individuali della capacità anaerobica possono essere notevoli, riconducibili a vari parametri.
Il sesso – Nelle donne vi è mediamente una differenza del 20% nella massima potenza anaerobica.
La motivazione e la carica psicologica – Soggetti particolarmente motivati e disposti a sopportare la fatica sembrano distinguersi meglio negli sforzi fisici di tipo anaerobico. Dal momento che motivazione e tollerabilità alla fatica sono comunque parametri soggettivi difficilmente misurabili, tali considerazioni sono abbastanza opinabili e difficilmente dimostrabili quantitativamente.
L’allenamento – È stata misurata una notevole differenza tra soggetti allenati e no. Questo risultato è ben noto da tempo [1] e può essere sintetizzato in questo concetto:
dopo un lavoro massimale di breve durata, la concentrazione di lattato ematico risulta sempre maggiore nei soggetti allenati rispetto ai quelli non allenati.

La capacità anaerobica indica la capacità di lavorare con alte concentrazioni di lattato nel sangue.
In particolare, effettuando un allenamento anaerobico di potenza, i soggetti sviluppano una potenza maggiore in riferimento al meccanismo energetico anaerobico lattacido, ovvero quello che sfrutta la via glicolitica. Nonostante il risultato sia sperimentalmente documentato da tempo, gli studiosi non concordano e non sanno spiegare precisamente le ragioni dell’effetto dell’allenamento sulla capacità anaerobica.
Esiste una teoria interessante anche se non condivisa da tutti gli studiosi: l’allenamento potrebbe migliorare il meccanismo di tamponamento chimico che il corpo mette in atto per proteggere i muscoli dalle variazioni del pH in seguito all’accumulo di acido lattico. Tale accumulo costituisce il fenomeno di acidosi muscolare, che ostacola notevolmente, fino ad inibirla, la capacità di contrazione del muscolo.
L’effetto dell’allenamento sembrerebbe aumentare le riserve plasmatiche alcaline, ovvero la concentrazione di bicarbonati. L’allenamento quindi migliorerebbe la risposta del fisico in grado di fronteggiare l’acidosi aumentando le riserve di tamponi chimici necessari a trasformare l’acido lattico in un acido debole (per esempio acido carbonico) con minore capacità a dissociarsi.
Tuttavia questa teoria è poco confortata dalle misure sperimentali che forniscono una stima di una differenza trascurabile tra la concentrazione di bicarbonato in soggetti allenati e soggetti non allenati. Attualmente quindi si può concludere che
al momento non esistono prove sperimentali che confermano come l’allenamento anaerobico sia in grado di migliorare la capacità di tamponamento dell’acido lattico.
[1] D. Cunningham, J. A. Faulkner: The effect of training on aerobic and anaerobic metabolism during a short exhaustive run, Med. Sci. Sports, 1-65, 1969.