L’attivazione è quel meccanismo con cui ci si prepara fisiologicamente e mentalmente alla prova di resistenza. Per esempio, il riscaldamento è fondamentale per l’attivazione fisica. Nessuno può ragionevolmente pensare che un atleta possa ottenere la sua prestazione migliore subito dopo essere stato bruscamente svegliato; anche ammettendo che gli venga dato il tempo di essere completamente vigile e attento e di eseguire un buon riscaldamento, andrà molto lontano dalla sua best performance. Non occorre essere scienziati per capire che il motivo fondamentale è innanzitutto il fatto che il soggetto non era assolutamente motivato al record, non era concentrato, non era preparato mentalmente ecc. Passano in secondo luogo altre considerazioni come il fatto che debba passare un certo lasso di tempo dal risveglio perché il corpo possa dare effettivamente il meglio di sé.
Nell’elenco delle cause che giustificano una prestazione scadente si usano, nel gergo comune, diverse espressioni, non propriamente corrette: calo di concentrazione, mancanza di motivazione, mancanza di preparazione (mentale) ecc. In realtà nessuno di questi è quello giusto dal punto di vista fisiologico, anche se tutti vogliono dire la stessa cosa: il soggetto non è sufficientemente carico per dare il meglio di sé.
Questo concetto di carica lo troviamo anche nell’atteggiamento dell’atleta che prende un caffè prima della prova o in quello di certi giocatori che si incitano a vicenda prima della partita. Si comprende quindi che la carica è fondamentale per ottimizzare le proprie prestazioni.
Non abbiamo messo in evidenza questa frase perché quella scientificamente corretta è:
il giusto livello di attivazione è fondamentale per ottimizzare le proprie prestazioni.
Scientificamente si parla di attivazione, un concetto che comprende quello “volgare” di carica, ma non solo. Come dice il nome, l’attivazione non è che il grado di attività del sistema nervoso.
Un soggetto “in letargo” ha un’attivazione molto bassa, un soggetto ipereccitato una molto alta. Semplice no?
Dalla definizione si comprende subito che non sempre l’attivazione è positiva: se il soggetto è così eccitato da essere in preda a una sorta di paralisi (da paura), la sua prestazione sarà penosissima. Il detto comune “gli tremano le gambe” è molto significativo.
Alcuni ricercatori hanno cercato di studiare la relazione fra prestazione e attivazione. Il contributo più noto è forse la legge di Yerkes e Dodson che esprime banalmente che se l’atleta è poco attivato la prestazione sarà scadente, come pure lo sarà se è troppo attivato. La prestazione sarà massima se il livello di attivazione sarà a un giusto livello. I due ricercatori hanno espresso questi (ovvi) concetti in una bellissima curva, una parabola rovesciata in un diagramma dove sull’asse delle ascisse c’è il livello di attivazione e in quello delle ordinate il livello della prestazione.
Bellissimo, peccato che l’utilità sia nulla perché ognuno riesce con il solo buon senso ad arrivare alla stessa legge.
Cosa significa mantenere l’attivazione a un giusto livello (moderato, secondo Yerkes e Dodson)? La risposta a mio avviso dipende dallo sport considerato. Per ogni sport dovrebbe esistere un’attivazione ottimale, descritta dai sintomi che le reazioni ormonali scatenate dall’attivazione producono. Per gli sport di resistenza possiamo stilare i seguenti elenchi di sintomi che dovrebbero essere valutati all’inizio del riscaldamento prima della prova.

L’attivazione è quel meccanismo con cui ci si prepara fisiologicamente e mentalmente alla prova di resistenza
Sintomi positivi
Sono sintomi positivi:
- accelerazione del battito cardiaco senza palpitazioni, extrasistole e comunque di modesta entità
- accrescimento del tono muscolare
- assenza di appetito.
Sintomi negativi
Sono invece sintomi negativi:
- accelerazione del battito cardiaco con palpitazioni, extrasistole o comunque di entità tale da essere avvertita dal soggetto (il cosiddetto “cuore in gola”)
- ventilazione polmonare decisamente accelerata
- pallore
- sudore alle mani
- mal di testa
- tic facciali
- nausea o dolori gastrici
- diarrea o stimolo frequente a urinare
- irritabilità
- panico o tremori alle gambe
- secchezza delle fauci e difficoltà a deglutire
- insonnia pregara (l’attivazione è in questo caso decisamente prematura).
Come si può notare i sintomi negativi prevalgono nettamente. A un esame più attento dei due elenchi si scopre che i sintomi negativi non sono che l’evoluzione del processo iniziato con gli stimoli positivi. È come se il soggetto aprisse i rubinetti ormonali, ma fuoriuscissero troppi ormoni che producono più danni che vantaggi.
Se mancano i sintomi positivi – Ovviamente l’atleta è scarico. Se prima di una gara l’atleta ha addirittura fame o se sente i muscoli vuoti e fiacchi, si è soliti dire che “non sente la gara”. È una situazione che capita raramente e può essere verificata con il semplice riscontro del battito cardiaco. Altri segnali non sono così significativi: spesso, per esempio, uno sbadiglio (in risposta a una moderata necessità di iperventilare) rivela non un basso, ma un ottimale livello di attivazione.
In questi casi è necessario verificare la motivazione reale che ha portato l’atleta in quella gara.
Se ci sono i sintomi negativi – Raramente ci sono tanti sintomi negativi contemporaneamente. In questi casi, probabilmente, il soggetto non ha una personalità equilibrata. È abbastanza inutile suggerire tecniche per dominare questa attivazione negativa, è molto più opportuno iniziare un serio discorso extrasportivo di cambio della personalità. Se invece il soggetto è una persona equilibrata che scopre l’ansia solo in occasione dello sport significa che lo sport è il suo tallone d’Achille: interpreta bene molti aspetti del mondo che lo circonda, ma interpreta molto male la passione sportiva.
Personalmente ritengo che la distinzione che ho appena fatto non abbia ragione pratica di esistere: un ansioso nello sport è un ansioso anche nella vita e prima o poi la cosa diverrà evidente (il soggetto nella vita di tutti i giorni può essersi costruito delle ottime difese contro l’ansia senza eliminarla: un lavoro facile, contatti sociali superficiali e non impegnativi ecc.).
È per questo motivo che il consiglio migliore per non avere sintomi negativi è imparare a gestire l’ansia.