Nell’allenamento mentale è molto importante definire cosa si intende per atleta equilibrato. In questa sede voglio proporre una valutazione, più che psicologica, semplicemente “pratica”. Nella definizione di equilibrio si rischia di cadere in due estremi poco produttivi: atleta soft – Si confonde l’equilibrio con la condanna di ogni eccesso nell’allenamento, ritenendo equilibrato colui che non tenta mai di oltrepassare certi limiti; atleta nevrotico – Si confonde l’equilibrio con la capacità di dare il massimo mentale in ogni circostanza, sempre e comunque. Per esempio, una frase come “l’importante è buttare il cuore oltre il traguardo” (che è corretta!) verrà interpretata come nevrotica dall’atleta soft (che il cuore oltre il traguardo non lo butta mai, risparmiandosi sempre un po’) e verrà impiegata troppo spesso dall’atleta nevrotico. Proprio il fraintendimento di questa frase mi ha dato lo spunto per questo articolo e per la successiva regoletta pratica perché mi sono accorto che troppi atleti nevrotici la usano a sproposito.
Qualità e quantità
La pratica sportiva è contraddistinta da questi due fattori. La quantità indica la mole di attività svolta, a prescindere dalla prestazione, la qualità indica invece il valore dell’attività svolta, a prescindere dalla quantità. Esempi estremi sono, per esempio, camminare per otto ore (quantità) o correre 100 m in meno di 11″ (qualità). Da notare che la qualità prevale sulla quantità: correre una maratona a ritmo di record è un’attività qualitativa, anche se poi si è corso per tre ore!
Rileggiamo lentamente la frase “l’importante è buttare il cuore oltre il traguardo”. La parola da sottolineare è “traguardo” che richiama senza dubbio il concetto di gara. La frase vale per l’aspetto qualitativo dell’attività sportiva.
se la prova è qualitativa, l’atleta equilibrato dà il massimo.
Come detto, in genere, l’atleta soft il cuore oltre il traguardo non lo butta mai; l’atleta nevrotico sì, quindi, se ci limitassimo alle gare o alle prove di qualità è difficile distinguere l’atleta nevrotico da quello equilibrato.

Se la prova è qualitativa, l’atleta equilibrato dà il massimo
Efficienza mentale
Per distinguerli, è necessario introdurre un altro concetto che riguarda l’aspetto quantitativo della nostra attività sportiva.
Nessuno lavorerebbe 10 ore al giorno per uno stipendio di 100 euro al mese. L’efficienza economica del nostro lavoro è un parametro da tutti compreso; analogamente, se gestiamo dipendenti, sappiamo che quanto più sono efficienti tanto meglio è per la nostra azienda. Cambiando ancora settore, nella scuola, uno studente bravo, ma poco efficiente, che prende buoni voti studiando però 12 ore al giorno viene definito “secchione”, un termine non proprio positivo.
Dopo questi esempi possiamo dire che
l’atleta nevrotico non è efficiente rispetto alla sua attività sportiva.
In altri termini, usa una quantità decisamente spropositata per gli obiettivi che raggiunge (per vari motivi che derivano sempre da una personalità non equilibrata).
Un atleta di 40 anni che corre la mezza in 1h31′ e decide di impiegare il bigiornaliero per tentare di scendere sotto l’ora e mezzo non è un atleta equilibrato; diverso è il caso di un atleta da 1h10′ che vuole ulteriormente migliorare.
Ovviamente si può sostenere che “per l’atleta da 1h31′ è importante scendere sotto l’ora e mezzo”. Il punto è proprio questo: esagerare l’importanza di una prestazione tutto sommato normale indica uno squilibrio della personalità. Un po’ come chi si suicida perché è stato lasciato dal partner.
Il carico quantitativo deve essere paragonato ai risultati che noi otteniamo rispetto agli obbiettivi che ci prefissiamo.
Se, per esempio, facciamo sport per la salute, è sufficiente fare 3-4 ore di sport a media intensità alla settimana.
Se lo facciamo per socializzare, è sufficiente fare sport quando lo fa il gruppo (senza estenuanti allenamenti in solitaria solo per battere Tizio che nel gruppo ci sta antipatico: questo è il classico comportamento nevrotico).
Se lo facciamo per gareggiare, limiteremo gli allenamenti e useremo tante gare corse qualitativamente come allenamenti.
Se lo facciamo per la prestazione, questa deve essere vista come uno stipendio, come pagamento per i nostri sforzi. Se per migliorare di 5″/km devo fare questo sforzo, ne vale la pena in termini oggettivi? “In termini oggettivi” significa: “quanti sarebbero disposti a farlo?”.
L’atleta nevrotico, invece, ragiona in termini soggettivi: “io sono grande perché solo io so reggere questo sforzo”, sforzo che produce poi risultati modestissimi.
Spero che sia ormai chiaro che
l’atleta equilibrato è un atleta efficiente!